La strada s'inerpica, poi si scende. Nel grande spiazzo pulito, strumenti da lavoro, un tavolo, e più in là un altro spazio con annessi servizi. Siamo nella sede del collettivo La Piedrita, che ci ha ricevuti prima del grande raduno di ieri, organizzato per dare l'ultimo saluto al presidente Chávez. Intorno al tavolo, i rappresentanti di 32 collettivi discutono l'organizzazione del 15, che per buona parte toccherà alle strutture territoriali: logistica, sicurezza, assistenza medica. Uno schema destinato a durare, se la gente continuerà a visitare i resti del leader socialista.
Poco distante, c'è la collina del quartiere 23 Enero su cui si erge una caserma militare trasformata in museo. L'ultima dimora di Hugo Chávez, morto a 58 anni per un tumore il 5 marzo, dopo aver governato il paese per 14 anni. Fu costruita durante il governo di Cipriano Castro, ed è stata inaugurata nel 1910. Negli anni '40 divenne sede del ministero della Difesa e, nel 1981, museo di storia militare. Da oggi, sarà il Museo della rivoluzione. Sul tetto spiccano un numero e una lettera, riprodotte a caratteri cubitali anche davanti all'edificio, sopra un manto di fiori rossi: 4F, ovvero 4 febbraio '92. Quel giorno, l'allora tenente colonnello Hugo Chávez guidò la ribellione dei militari progressisti del Movimento bolivariano Mbr200 contro il governo di Carlos Andrés Pérez, le cui misure economico di segno neoliberista avevano colpito principalmente il popolo. La ribellione civico-militare fallì e così fu anche per una nuova rivolta - con una maggior partecipazione popolare - il novembre successivo.
«Da lì il comandante ha diretto le operazioni, innescando questo singolare e complesso esperimento politico, che dura ancora oggi», dice lo scrittore Andres Aguilar. Ex guerrigliero arrestato e torturato nella IV Repubblica, Aguilar è stato militante del Partito comunista. Oggi è iscritto al Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) e ama raccontare la storia attraverso la letteratura. Quando Chávez vinse le elezioni, nel '98, il luogo divenne uno dei simboli principali del proceso, giocati in funzione politica dal governo bolivariano: il Cuartel de la Montana. Un quartiere storico, questo. Qui, il 23 gennaio 1958 prese forma una precedente rivolta civico-militare, quella che detronizzò il dittatore Marco Pérez Jimenez, e lo costrinse a fuggire nella Republica Dominicana a bordo dell'aereo presidenziale «Vaca Sagrada». «Allora vi furono molti morti - dice Diego che ha l'età per ricordarselo - ma la combattività di questo luogo non è mai venuta meno».
I 32 collettivi rappresentati compongono il Frente rivoluzionario Sergio Rodriguez. «Sergio era uno studente dell'Università centrale del Venezuela, ucciso vent'anni fa dalla polizia», spiega Luis, detto El Chaca. A un militante ammazzato dai golpisti che tentarono di rovesciare il governo Chavez nel 2002, si richiama un altro collettivo, Alexis vive, che non partecipa alla discussione. Salendo, abbiamo visto il territorio su cui interviene, quello della "Comuna Panal 2021". Il quartiere ospita altre tre comuni, La Sierra, Juan 23, La Fe Socialista, basate su 74 consigli comunali. Questa, invece, è l'area della "Comuna Simon Bolivar". Luoghi così costituiscono un embrione del futuro stato comunale. Grandi spazi autogestiti, che coprono tutto il quartiere.
«Però nessuno ha il controllo del 23 Enero - dice Valentin, il leader -. Ci sono varie strutture, alcune coordinate fra loro, altre autonome, che gestiscono diverse zone». Valentin ha fondato il collettivo La Pedrita nell'85, alimentando quel filone di resistenza popolare che ha costruito la candidatura vincente di Chávez nel '98. In tuta mimetica e berretto bolivariano, il leader preferisce evitare i giornalisti: soprattutto quelli di opposizione, che gli hanno giocato qualche brutto tiro, demonizzando la sua figura. Del 23 Enero si parla anche per fatti di cronaca, che rilanciano il problema della sicurezza. «Certi media vedono solo questo - interviene El Chaco - combattiamo gli spacciatori occupando gli spazi con le attività culturali. Ci dicono che armiamo i bambini, ma noi siamo armati dei nostri valori. Abbiamo capito che è un gioco politico di quelli che non amano l'organizzazione dei collettivi».
Qualche tempo fa, una foto di bambini della Pedrita con tanto di fucile ha fatto il giro del mondo: «ma si trattava di una recita - afferma El Chaca - una festa di omaggio agli ex guerriglieri degli anni '60 e '70. Le armi erano giocattolo e i bambini porgevano la costituzione con l'altra mano. Qui - precisa - ogni collettivo tiene il suo settore, perché il 23 Enero è molto grande, ci sono 88.000 abitanti, 9 settori e 56 sottosettori. Un quartiere popolare, con un livello di coscienza molto alto, tutti studiano per capire come vanno le cose. Le riunioni durano anche 5-6 ore. Anche chi diventa ingegnere o segue la carriera politica, continua a impegnarsi in questo quartiere».
Uno di questi è Aguilar, è uno scrittore conosciuto, abita da un'altra parte, ma la sua militanza è qui. «Anche i partiti di sinistra, divisi e atomizzati, furono spiazzati dalla rivolta popolare del 27 febbraio '89 - ricorda ora - non si resero conto che il popolo aveva rotto per conto suo i meccanismi dell'alternanza fra Ad e Copei. La figura di Chávez ha poi prodotto una cesura definitiva con quel passato costruendo una rivoluzione atipica basata sul consenso elettorale, sull'autorganizzazione di posti come questo, sui militari progressisti. E su un partito, il Psuv, che è stato costruito dall’alto…».
In un omaggio al presidente scomparso, le Nazioni unite hanno riconosciuto come il Venezuela sia il paese dell'America latina che più ha ridotto la povertà. E anche per il ruolo di solidarietà da lui svolto a livello internazionale - Alba, Unasur, Celac - lo hanno definito «il leader della giustizia nel mondo».
Tutt'intorno, scritte e murales raccontano le tappe dell'autogestione. Un altoparlante diffonde alcuni discorsi di Chávez. Anche da qui sono partiti gruppi di bambini diretti alla camera ardente che hanno tenuto alti i propri computer portatili, che il governo ha destinato alle elementari. E ora la disposizione verrà estesa anche ai licei. Da qui partiranno i militanti per organizzare la campagna di Nicolas Maduro, candidato Psuv alle presidenziali del 14 aprile contro l'avversario di destra, Henrique Capriles. «In tanti vorrebbero vivere in questo spazio - afferma Duglas, portavoce della radio La Pedrita -, c'è molto rispetto, non c'è violenza. Noi controlliamo un territorio su cui vivono 1400 persone. Regoliamo i conflitti, organizziamo la vita politica. Siamo tutti volontari. Il governo ci facilita l'accesso alle risorse. Non vogliamo un bene di appartenenza, ma un bene per la comunità».
il manifesto, 16 marzo 2013
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