Novembre 1834: dopo
l'abbandono del celebre matematico Augustin-Louis Cauchy, Amedeo
Avogadro torna a ricoprire la cattedra di Fisica Sublime, creata per
lui oltre 10 anni prima da Prospero Balbo, poi soppressa a causa dei
moti del 1821 e riattivata da Carlo Alberto. Il re conosceva
Avogadro, che chiamava il «famosissimo fisico». Fu proprio grazie
all'appoggio finanziario del monarca che Avogadro riuscì a
pubblicare, fra 1837 e 1841, la sua opera più impegnativa, la Fisica
de' corpi ponderabili, una sorta di compendio del sapere fisico
dell'epoca, rivolto in primo luogo agli studenti.
Avogadro ebbe sempre a
cuore gli aspetti didattici della propria professione, convinto che
la storia della scienza rappresentasse uno strumento indispensabile
per l'apprendimento e l'insegnamento.
Membro dell'Accademia
delle Scienze di Torino dal 1819, ricoprì un ruolo di primo piano in
molte istituzioni scientifiche e accademiche piemontesi. Le sue
ricerche erano anche ben conosciute all'estero, stimate da
personalità del calibro di Oersted e Faraday, e molte società lo
elessero a proprio membro. Non si deve tuttavia pensare che la sua
carriera sia stata un lungo e ininterrotto successo. Al contrario, fu
piena di ostacoli e difficoltà.
Nato a Torino il 9 agosto
1776, aveva una straordinaria capacità di lettura ed era aggiornato
su tutta la letteratura scientifica più avanzata. Ciò gli permise,
pur essendo privo di un luogo dove svolgere attività sperimentale,
di produrre in pochi anni una serie di straordinari contributi
teorici sulla natura degli isolanti, sul comportamento delle sostanze
acide e basiche e sulle proprietà ottiche delle sostanze.
Fra il 1803 e il 1810
presentò quattro saggi manoscritti all'Accademia delle Scienze, che
non furono accettati per la pubblicazione. Il giudizio fu sempre lo
stesso: troppo teorici. Nonostante questo, nel 1806 venne nominato
«ripetitore» (una sorta di assistente) in fisica presso il Collegio
delle Provincie. Iniziò anche a pubblicare sulla prestigiosa rivista
francese «Journal de Physique», diretta dal naturalista Jean-Claude
De-lamétherie. Poi, nel 1809, ricevette l'incarico di professore di
fisica presso il Liceo di Vercelli, dove insegnò fino al 1819.
Questo periodo avrebbe
rappresentato un momento fondamentale nella sua produzione
scientifica, perché fu allora che arrivò alla formulazione della
famosa ipotesi, alla quale deve fama universale. Il celebre «Essai
d'une manière de déterminer les masses relatives des molécules des
corps» apparve nel luglio del 1811 sul «Journal de Physique».
Da subito Avogadro si
rese conto di aver realizzato un contributo che poteva cambiare volto
alle teorie chimiche. Ma era anche consapevole che per convincere gli
scienziati di tutta Europa avrebbe avuto bisogno di qualcosa in più
di un contributo teorico. La priorità era quella di poter disporre
di un laboratorio in cui effettuare esperienze decisive sulle densità
delle sostanze gassose. E in questo senso andava il progetto, portato
avanti assieme a Prospero Balbo, di realizzazione di una nuova
cattedra, quella di Fisica sublime, che potesse usufruire di un
adeguato laboratorio. I due c'erano quasi riusciti, ma gli
avvenimenti politici fecero sfumare l'iniziativa.
Negli anni seguenti,
tornato in cattedra, Avogadro continuò a chiedere fondi per
l'istituzione del laboratorio, da affiancare a quello di Fisica
sperimentale, ormai inadeguato,
Il massimo che ottenne,
però, fu la pubblicazione di un libro. Per competere a livello
internazionale ci sarebbe voluto ben altro.
Morì a Torino il 9
luglio 1856. Quattro anni più tardi, a Karlsruhe, Stanislao
Cannizzaro ottenne dalla comunità dei chimici il riconoscimento del
valore di quella che non sarebbe più stata un'ipotesi, bensì la
«Legge di Avogadro». Da allora il nome «Avogadro» avrebbe
rappresentato uno dei principali simboli scientifici dell'Italia
unita e, unico italiano ad avere un tale onore, a lui verrà
intitolata la costante che definisce il numero di molecole in una
mole 6,022x1023, che rappresenta il numero di atomi o di molecole
necessario a formare una massa pari numericamente al peso atomico o
al peso molecolare in grammi di qualsiasi sostanza.
Tuttoscienze La Stampa, 29 ottobre 2011
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