Il 25
gennaio 1887 Ras Alula attaccò il distaccamento italiano comandato
dal maggiore Boretti che si era trincerato a Saati (a 28 chilometri
da Massaua, in Eritrea) in un fortino in rovina. L’attacco fu
respinto ma il comandante, rimasto senza viveri e munizioni, chiese
rinforzi. A tale scopo dal porto di Moncullo partirono cinquecento
uomini al comando del tenente colonnello De Cristoforis. La colonna,
attaccata a Dogali dagli abissini, fu distrutta. Nell’apprendere
l’accaduto il Governo Depretis, su sollecitazione del ministro
della guerra Ricotti, decise di inviare rinforzi sul Mar Rosso. A
tale scopo presentò un disegno di legge che autorizzava la spesa di
cinque milioni. Durante il dibattito, presieduto dall’onorevole
Biancheri, che si svolse sugli avvenimenti, Spaventa e Di Rudinì
chiesero di bloccare la discussione e l'ostruzionismo, motivandolo
con la necessità di una rapida conclusione. Si oppose il deputato
romagnolo Andrea Costa, socialista rivoluzionario, che peraltro aveva
presentato un suo ordine del giorno su cui chiedeva la votazione.
Il
testo dell'o.d.g., come il breve intervento di Costa a sostegno e le
sue risposte alle interruzioni (anche da sinistra, da parte del
radicale Cavallotti) rappresentano un documento importante
dell'antimilitarismo protosocialista. Io l'ho ripreso dal sito del
Partito Comunista Internazionalista.
Il radicale Cavallotti, che in quella occasione parlò dell'onore dell'Italia, in coerenza con queste concezioni di militarismo cavalleresco, morì alcuni anni dopo, in un duello. (S.L.L.)
Il radicale Cavallotti, che in quella occasione parlò dell'onore dell'Italia, in coerenza con queste concezioni di militarismo cavalleresco, morì alcuni anni dopo, in un duello. (S.L.L.)
Camera dei Deputati, 3
febbraio 1887
Intervento di
Andrea Costa
COSTA - Mi pare che dopo
che due o tre soli oratori hanno preso a parlare in una questione
così grave come questa, non si possa decentemente proporre la
chiusura. (Rumori - Agitazione vivissima).
PRESIDENTE - Facciano
silenzio!
COSTA - Mi oppongo alla
chiusura per ragioni di convenienza, di decenza... (Esclamazioni -
Rumori - Agitazione - L’onorevole Costa pronunzia altre parole che
non si sentono) ...In una questione così grave come questa, che
concerne le vite di tanti figli d’Italia, fratelli nostri caduti in
Africa, il chiedere la chiusura è vergognoso... (Rumori).
PRESIDENTE - Ma,
onorevole Costa...
COSTA - Sono dolente che
si domandi la chiusura, ma, alla fin dei conti...
PRESIDENTE - Onorevole
Costa, ella ha sempre il diritto di svolgere il suo ordine del
giorno.
COSTA - ... non è per me
che parlo, onorevole Presidente; perché avendo presentato un ordine
del giorno, il diritto di parlare mi è riserbato. Ma parlo per tanti
altri colleghi che hanno diritto quanto me di esporre la loro
opinione. È questione di decenza, ripeto; e me ne appello a quel
patriottismo che tanto si invoca da quelle parti là... (Rumori).
Approvata la chiusura della discussione, Andrea Costa svolse il suo ordine del giorno per il ritiro delle truppe dall’Africa:
PRESIDENTE - Viene ora l’ordine del giorno dell’onorevole Costa, così concepito: «La Camera, convinta che la politica coloniale del Governo, incostituzionale nei suoi primordi, è divenuta oggidì disastrosa e per le vite che ha costato e per l’erario; che non si saprebbe concepire per quali ragioni si debba perseverare in un’impresa i cui obbiettivi sino ad ora sono ignoti, e che non fruttò che danni e dolori; e ciò in momenti in cui l’Italia ha bisogno di convergere tutte le sue forze al suo sviluppo economico e morale ed al miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici di città e di campagna; che il prestigio militare e l’onore della bandiera sono i soliti pretesti con cui tutti i governi cercano di far passare le loro imprese avventurose; deplorando i poveri e forti figli d’Italia, caduti lontani dalla famiglia e dalla patria per una causa che non è la loro, come non è quella della vera civiltà; invita il Governo a richiamare dall’Africa nel più breve tempo e nel miglior modo possibile le truppe italiane colà rimaste».
PRESIDENTE - Domando se
quest’ordine del giorno dell’onorevole Costa sia appoggiato. (È
appoggiato).
PRESIDENTE - Essendo
appoggiato, l’onorevole Costa ha facoltà di svolgerlo.
COSTA - Signori! Poche e
franche parole, non perché manchino gli argomenti, ma perché tengo
anch’io conto delle condizioni della Camera. e capisco che in
questi momenti ognuno di noi deve sforzarsi più che possa di esser
breve.
Fin da quando nel maggio
del 1885 si discusse la politica coloniale del Governo (dico del
Governo, perché fu incominciata e continuata all’insaputa del
Parlamento, ed il Parlamento non fu chiamato se non a mettere la
sabbia su ciò che si era fatto), fin d’allora, io ed alcuni amici,
riconoscendo che l’Italia, l’Italia vera, l’Italia che lavora e
che produce, lungi dal desiderare una politica coloniale, voleva
invece rivolte tutte le sue attività al suo miglioramento agricolo
ed industriale, al suo progresso morale e politico; fin da allora,
dico, noi presentammo un ordine del giorno in cui, opponendoci a
tutte le velleità di spedizioni africane, che ci hanno dato i bei
frutti che ora vediamo, proponevamo il richiamo delle truppe nostre
dall’Africa.
Ora, di fronte
all’avvenimento doloroso di cui diede un pallido cenno due giorni
fa l’onorevole Presidente del Consiglio, e per cui il cuor nostro
sanguina come il vostro, di fronte a questo doloroso avvenimento, il
nostro grido è lo stesso di due anni fa. Noi vi diciamo oggi, come
allora: cessate da queste imprese pazze o criminose; richiamate le
nostre truppe dall’Africa. E non ci lasciamo impressionare dalle
frasi altisonanti di onore della bandiera, di prestigio militare, o
che so io: tutta questa roba qui (Oh! Oh!) è di quella che si
adopera sempre per far passare la merce molte volte avariata. (Rumori
a destra – Sì, sì all’estrema sinistra).
Io non ho bisogno infatti
di insegnarvi la storia; voi la sapete quanto me e più di me e
sapete quante volte questi argomenti siano stati adoperati per fini
più o meno ignobili.
La patria? Ma dove la
vediamo noi nelle imprese africane? E la bandiera? La bandiera della
patria la vedo sui campi di battaglia per la libertà e per
l’indipendenza, la vedo nelle imprese civili che fanno risalire
sempre più la nazione verso le altezze dell’ideale; non la vedo,
non la posso vedere nell’impresa africana.
E l’onore della
bandiera? Non è da questa parte che si deve render conto dell’onore
della bandiera e del prestigio militare, ma dalla parte di coloro che
siedono al Governo o che il Governo sostennero e sostengono; e
davvero mal si invoca l’onore della bandiera quando, incominciando
da Lissa e Custoza, questo onore è stato trascinato nel fango sino a
Saati. (Vive proteste a sinistra, al centro e a destra).
PRESIDENTE - (Con
forza). Onorevole Costa, io non posso tollerare simile
affermazione; se la nostra bandiera è stata qualche volta sfortunata
è stata però sempre onorata. (Vivi applausi da tutte le parti
della Camera). Ascolti la voce del patriottismo, onorevole Costa!
(Bene!).
COSTA - È appunto per
patriottismo ben inteso che io parlo, giacché non credo che sia
patriottico il perseverare nell’impresa d’Africa. (Vive
proteste a destra).
PRESIDENTE - Onorevole
Costa, ella può esprimere la sua opinione, ma non offendere i
sentimenti degli altri.
COSTA - Credo che quei
signori non abbiano il diritto di pretendere che io abbia sentimenti
diversi da quelli che ho. (Rumori a destra). Noi siamo
altrettanto patrioti quanto loro... (Voci a destra: No! No!
- Voci a sinistra. Sì! Sì!).
COSTA - ... e patrioti
nel vero senso della parola. Giacché è appunto perché amiamo il
nostro paese (Denegazioni a destra) che non lo vogliamo vedere
impegnato in imprese pazze o criminose (Vive proteste a destra ed
al centro) dove, a quel che dite voi stessi, si può perdere
anche l’onore...
PRESIDENTE - Ella,
onorevole Costa, può dire imprese avventurose non mai criminose. Del
resto il patriottismo non è il monopolio di nessuno, ed io non
dubito che esso sia sentimento comune a tutta la Camera.
(Approvazioni).
COSTA - Onorevole
Presidente, se quei signori avessero verso di me la stessa tolleranza
che io ho verso di loro, creda bene che non si verificherebbe ciò
ch’ella deplora... (Rumori).
PRESIDENTE - Continui,
onorevole Costa, continui il suo discorso.
COSTA - Risponderò ad
un’altra obiezione che mi si fa, e che è la più grave inquantoché
non viene solamente da quei banchi ma viene altresì dai banchi
dell’opposizione e purtroppo, mi duole il notarlo, anche da alcuni
miei amici dell’estrema sinistra.
Si dice: infine in Africa
ci siamo e bisogna restarci. Noi non possiamo, dopo una sconfitta,
andarcene via con le pive nel sacco! Ora, signori miei, io capirei
questo ragionamento, quando uno qualunque di voi potesse venirmi a
dire che quando avremo accordato questi cinque milioni e mandato
nuovi soldati in Africa, saremo sicuri di vendicare l’onore
d’Italia e di ritornare gloriosi e trionfanti.
Ma io vi domando, o
signori che sedete al banco dei ministri, a voi onorevole Genala, che
sbagliate di un miliardo (Commenti), a voi onorevole Di
Robilant che confondete quattro predoni con un esercito agguerrito,
potete darci voi questa sicurezza che quando avremo votato i cinque
milioni, saprete rivendicate l’onore d’Italia? (Bene!
All’estrema sinistra). No, o signori, voi non mi potete dare
questa sicurezza: ed io alla mia volta, non vi darò un centesimo!
(Rumori e risa ironiche).
Si, lo capisco, siamo
pochi noi quassù; il nostro ordine del giorno è firmato da quattro
soli, lo capisco; ma siate certi, signori miei, che molto
probabilmente, per non dirvi sicuramente, il nostro ordine del giorno
avrà maggiore eco nel paese che le vostre pazzie africane, e tutte
le vostre frasi di patriottismo. (Oh! Oh! - Vivi rumori a destra).
PRESIDENTE - Onorevole
Costa, ella non deve chiamare frasi le manifestazioni di un
sentimento che è nell’animo di tutti i suoi colleghi. (Bene!).
COSTA - Ho finito. Il
nostro ordine del giorno è tanto chiaro, che non credo abbia bisogno
di ulteriore svolgimento. Noi siamo convinti che esso corrisponda ai
sentimenti della grande maggioranza del popolo italiano che lavora e
produce, e che vi dà, alla fine, e gli uomini e il denaro... (Voce
al centro. Lo rappresentiamo tutti!).
COSTA - E, conchiudendo,
mi riferirò ad una frase pronunciata ieri l’altro dall’onorevole
Baccarini, il quale in questo ordine d’idee è molto dissenziente
da me. Egli disse che l’impresa africana è una impresa non nobile;
or bene, noi francamente, per una impresa non nobile, non ci sentiamo
di dare né un uomo, né un soldo. Richiamate le milizie dall’Africa
(Rumori) e vi apriremo tutti i crediti che chiederete, ma per
continuare nelle pazzie africane, noi non vi daremo, ripeto, né un
uomo, né un soldo.
Nella
medesima seduta, prendendo la parola per fatto personale, il deputato
romagnolo, rispondendo all’onorevole Cavallotti che aveva espresso
il dubbio che Costa e i suoi compagni, chiedendo il ritiro delle
truppe italiane dall’Africa, avessero dimenticato l’onore
d’Italia, affermò che l’onore delle armi non era l’onore del
popolo.
COSTA - L’onorevole Cavallotti, perché io ed alcuni colleghi miei abbiamo proposto e sostenuto il richiamo delle truppe dall’Africa, ha detto, o almeno ha espresso il dubbio, che io ed i miei colleghi potessimo aver dimenticato l’onore d’Italia.
Non ho che una cosa da
rispondere all’onorevole Cavallotti, certo altresì d’interpretare
i sentimenti dei miei colleghi; ed è che io non posso considerare
responsabile il popolo italiano degli errori che il Governo può
avere ed ha commessi; e che se il così detto onore delle armi fu
compromesso da voi, l’onore delle armi non è l’onore di un
popolo. (Vivi rumori a destra ed al centro).
PRESIDENTE - Onorevole
Costa, l’onore delle armi è inseparabile dall’onore della
nazione; venga al suo fatto personale, onorevole Costa. (Vive
approvazioni).
COSTA - L’ho già
accennato. È stato espresso il dubbio che noi avessimo dimenticato
l’onore d’Italia, ed io ripeto ed affermo che l’onore delle
armi non è l’onore di un popolo... (Vivissimi rumori Voci.
Basta, basta!).
PRESIDENTE - Onorevole
Costa, io le tolgo la facoltà di parlare.
COSTA - Io la prego di
permettermi di fare la mia dichiarazione; sarò brevissimo.
PRESIDENTE - Continui, ma
non rientri nella discussione.
COSTA - Io credo che
l’onore di un popolo consista nelle sue industrie e nelle sue arti,
nelle lotte che sostiene per la libertà, per la giustizia e per
l’emancipazione sua; e non consista già in quei macelli stupidi ed
infami che sono le guerre. Ecco perché credo che non abbiamo
dimenticato l’onore del popolo italiano e perché domandiamo che si
richiamino i nostri soldati dall’Africa. (Vivissimi rumori a
destra e al centro - Qualche applauso all’estrema sinistra).
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