AUGUSTA PESENTI |
Basta con la pesantezza
del cemento, arriva la finanza. I Pesenti cambiano ancora una volta
pelle. Per i più piccini, la famiglia di imprenditori bergamaschi è
stata per anni considerata parte del cosiddetto “salotto buono”,
quello che ruotava intorno a Mediobanca, camera di compensazione
delle grandi famiglie prevalentemente settentrionali.
Oggi i Pesenti, noti per
essere i boss del cemento italiano, hanno venduto tutto, e hanno
deciso di investire prevalentemente nella finanza tramite l’acquisto
della maggioranza di Clessidra, un grande fondo di investimento che
investe soprattutto in marchi italiani da rilanciare. Un’altra
dinastia sceglie insomma di abbandonare qualcosa di molto solido e
tradizionale, core business degli antenati, e di puntare su
qualcosa di immateriale, da grandi imprenditori si diventa grandi
azionisti. Può sembrare il destino di molte famiglie italiane,
Agnelli naturalmente in primis, e con la dinastia torinese qui si
condividono alcune sliding doors.
E però per chi conosce
la famiglia bergamasca non è che l’ennesimo passaggio di stato: i
Pesenti nascono infatti cartai, facevano la carta come nelle
Illusioni Perdute di Balzac, il capostipite Carlo Antonio
produce carta tirata a mano sulle rive del Serio; l’idea di passare
al cemento verrà al figlio Carlo, che nel 1927 fonda la Italcementi,
che per quasi un secolo sarà un colosso nazionale, quinto produttore
al mondo con 6 miliardi di euro di fatturato, cavalcando il boom
delle grandi opere, dall’autostrada del sole alla villetta abusiva
per seconde case, tutti hanno bisogno di cemento. Terza generazione,
Antonio, quarta generazione Carlo II, genio e sregolatezza dei
Pesenti, che dal dopoguerra fino al 1984 trasforma la società di
famiglia e la traghetta appunto nei salotti buoni, diversificando:
compra una banca, l’Ibi, Istituto Bancario Italiano, e poi la Ras
assicurazioni, e quotidiani come “La Notte” e il “Tempo”. Lo
chiamano “Carletto pigliatutto”; Michele Sindona tenta un’opa
ostile poi fallita; Carletto si compra – sliding door con
casa Agnelli – la Lancia, il marchio più fico italiano, ormai
decotto, da Gianni Lancia, ma poi la deve regalare agli amici
torinesi perché fare macchine non è proprio un business che si
improvvisa.
Con gli Agnelli,
vicinanze e incontri: Augusta Pesenti, una Peggy Guggenheim di
Bergamo Alta, consorte di un capofamiglia, fece costruire negli anni
Trenta una sua villa a Forte dei Marmi accanto a quella Agnelli di
Vestivamo alla marinara: la fece fare all’architetto
Borsani, di uno strepitoso stile modernista-balneare, una specie di
Lloyd-Wright marinaro, e qui viveva in una comune artistica,
testimoniato anche oggi da un suo ritratto di Cesarino Monti, il
Boldini viareggino, che la dipinge come una marchesa Casati
acquatica. Di ville i Pesenti ne ebbero 7, al Forte, contro quella
singola degli Agnelli (mentre oggi tutto fa parte del leggendario e
splendido Hotel Augustus. La Pesenti, una villa, la regalò a una sua
parrucchiera, forse per saldare un conto cospicuo o forse per
eccentricità estrema).
Gli uomini di casa sono
meno bizzarri: nel 1984 a Carlo succede Giampiero, “il giovane
Pesenti”, nonostante i 53 anni, cambia nuovamente faccia
all’impero, vendendo le partecipate e risanando le casse dalle
diversificazioni fantasiose effettuate dal padre, entra nel consiglio
di Mediobanca e in quella che sarà la un po’ effimera
cristallizzazione dei salotti, la Gemina, al posto di Cesare Romiti.
Entra nel “Corriere”,
è amico di Nanni Bazoli, e insomma fa tutto il cursus honorum
del wasp all’italiana. Agnelli in sedicesimo, ancora una volta: i
Pesenti, ha scritto Marco Ferrante, hanno un ruolo di stabilizzatori
nell’economia italiana, «hanno buoni rapporti con tutti e vengono
considerati un fattore di equilibrio». Lontani come si dice, dai
riflettori, continuano a vivere a Bergamo, naturalmente alta, dove
fanno vita ritirata. Mutamenti e ingrandimenti: Giampiero nel 1992 si
compra Ciments Français, generando un colosso. Ma le aziende
italiane che comprano all’estero raramente hanno un destino felice:
ecco che solo qualche mese fa i Pesenti vendono tutto.
L’estate scorsa hanno
ceduto la maggioranza ai tedeschi di HeidelbergCement, per quasi due
miliardi di euro, una mossa obbligata visto che il settore si sta
consolidando al massimo.
«Un imprenditore sa che
l’importante è garantire lo sviluppo futuro dell’attività più
che arroccarsi nella continuità del controllo dell’azienda», è
stato il commento di Giampiero Pesenti. Nel frattempo, altri segni di
aggiornamento dinastico alle ultime mode: sono usciti dal “Corriere”,
ancora due anni fa, e non hanno nessuna intenzione di rientrarci,
come qualcuno vorrebbe ora, magari in funzione del nuovo che avanza,
cioè Urbano Cairo.
«Siamo usciti e
assolutamente non rientreremo», ha detto Carlo III, ultima
generazione, prolifico come tutti i Pesenti (sei figli), praticante
di sport autopunitivi per ricchi – fa la maratona delle Dolomiti,
138 chilometri in bici, ogni anno, insieme a un altro rampollo,
Rodolfo De Benedetti. Come quest’ultimo ama la finanza, ecco dunque
spiegata l’ultima trasformazione della dinastia: investire – ma
sono spiccioli, una ventina di milioni, rispetto al potenziale in
cassa – in Clessidra, glorioso fondo di investimento italiano.
Clessidra, nato nel 2003 dietro impulso del manager Claudio Sposito,
ha sempre investito esclusivamente nel mercato italiano. Tra le sue
partecipazioni ci sono la moda con Roberto Cavalli, i gioielli con
Buccellati, il gioco con Sisal. Ma sono spiccioli, appunto. Il grosso
non si sa se prenderà le strade immateriali dell’alta finanza o se
si trasformerà in qualche nuova avventura imprenditoriale.
Pagina 99, 7 maggio 2016
Nessun commento:
Posta un commento