12.7.16

Storia della scienza. Poleni, il professore dimenticato (Giovanni Maria Pace)

PADOVA - Il Canova lo ritrasse nel marmo, in veste di antico romano, e papa Benedetto XV si rivolse a lui per salvare la cupola di San Pietro. Ma di Giovanni Poleni, matematico e ingegnere del Settecento, alcune enciclopedie non riportano neppure il nome. Per riparare all' ingiustizia, l'Università di Padova, che ebbe in lui uno dei suoi più illustri professori, intitola ora al nome di Poleni l' istituto di idraulica. In occasione della dedica, si tiene oggi una giornata di studi celebrativi e una mostra di ciò che rimane del poleniano Teatro di Filosofia Sperimentale (Padova, Aula Magna della Facoltà di Ingegneria, Palazzo della Ragione).
Chi era dunque, Giovanni Poleni? Veneziano di buona famiglia, entra nell'Università di Padova a venticinque anni, nel 1708, per occuparvi la cattedra di Astronomia e Meteore: incarico che lascerà nel 1715 per passare a Filosofia Ordinaria e nel 1738 a Filosofia Sperimentale (la nuova cattedra appena istituita dal Consiglio dei Dieci). Per oltre cinquant'anni, quindi, Poleni esercita la sua attività di docente nell'Università padovana, dove la sua influenza fu profonda.
Influenza di che tipo? L'aspetto più tangibile dell'annoso sodalizio è la costituzione, nel 1740, del già ricordato Teatro di Filosofia Sperimentale, che in termini moderni potremmo definire un Gabinetto per l'insegnamento e la sperimentazione in fisica. La parola "teatro" ricorda le raccolte naturalistiche di moda in quegli anni. Ma il Gabinetto di Poleni è qualcosa di più: comprende 400 strumenti, reperti, macchine che servono alla didattica e può quindi considerarsi il primo laboratorio universitario italiano. Col Teatro, Poleni riesce nell'impresa di ottenere dal potere politico investimenti a favore dell' università; un'impresa che un secolo prima Galileo aveva fallito. Da questo punto di vista egli merita, a buon diritto, l'attributo di "pioniere". Ma lo sperimentalismo che col Teatro e con tutta la sua attività Poleni inietta - non unico, ma importante protagonista - nell'università è insieme il suo merito e il suo limite.
"Poleni", dice lo storico della scienza Carlo Maccagni, che presenta una relazione alla Giornata di Padova, "è uno degli artefici della riforma in senso moderno degli studi; ma è anche la cartina di tornasole della cultura italiana dell' epoca, una cultura ipotecata dall'eccessiva vicinanza del potere religioso". Giovanni Poleni vive nel Settecento, ma non è copernicano. Studia Newton, ma all'eliocentrismo che ha messo nei guai Galileo preferisce un'ipotesi cosmologica più accomodante come l'eliogeocentrismo ticoniano, che mette d'accordo Copernico con Tolomeo. Partecipa al suo secolo, è architetto e idraulico di ampie vedute ma, come gli accademici del Cimento, la sua attenzione è concentrata sull' esperimento, sulla necessità della prova e riprova: che è premessa della vera scienza, ma non è tutta la scienza. "Dietro la figura di Poleni", osserva ancora Maccagni, "aleggia la domanda di fondo: che cos' è stata, che cosa è potuta essere la scienza italiana dopo Galileo?". E la risposta, per chi non abbia intenti agiografici, non può essere che la seguente: è stata una scienza rinunciataria, attiva in tutte le discipline "neutrali" ed elusiva in quelle che coinvolgevano grandi temi.
È un periodo, quello post-galileiano, in cui progrediscono materie come l'elettricità, l'idraulica (Poleni), l'anatomia (Giovambattista Morgagni, amico e collega di Poleni), l'astronomia delle misurazioni (padre Riccioli), mentre langue, per esempio, la matematica. Grandi matematici stranieri passano per Padova, ma non lasciano più tracce di una meteora (Bernoulli) o al massimo intrattengono corrispondenza coi professori dell'ateneo (Leibniz): la grande discussione sui princìpi si svolge altrove. "Poleni", dice Maccagni, "è in fondo una espressione di questa mancanza di coraggio". Da studioso "à la page", costruisce una macchina da calcolo, come Pascal e Leibniz. Ma sarebbe eccessivo vedervi, come vuole qualcuno, l' annuncio dell' "Analitical engine" di Babbage. "Quello di Poleni è piuttosto un pallottoliere meccanizzato, costruito in odio al calcolo manuale, un odio che accomuna tutti gli intellettuali dell' epoca". Più che la macchina da calcolo, di Poleni resta la "macchina divulsoria" con la quale lo studioso saggia la resistenza del metallo per gli anelli destinati a consolidare la cupola di San Pietro, che neppure il pontificio architetto Vanvitelli sa più come tenere insieme. Per questa sua impresa romana, per il salvataggio di altre due cupole importanti nelle basiliche di San Marco a Venezia e del Santo a Padova, per il riordino della rete fluviale del Veneto, per l'opera di riformatore universitario, più che per la statura di scienziato, Poleni merita un posto nella storia. Morì improvvisamente verso l'alba del 15 novembre 1761, all'età di ottanta anni. Padova, in particolare, gli deve molto e lo sta dimostrando con le attuali celebrazioni.


“la Repubblica”15 marzo 1986  

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