È un piatto della
tradizione spezzina, una zuppa di legumi, che viene fatta risalire al
XVIII secolo. Per essere preparata richiedeva soltanto la pazienza
necessaria alla raccolta dei suoi ingredienti, consigliata ed imposta
anche dalla miseria del tempo. Così la racconta Enrica Moscatelli
nel sito dei “taccuini storici” di “gastrosofia”:
“La Spezia, allora
era poco più di un borgo abitato da contadini, pescatori,
naviaganti, artigiani e commercianti, che ancora alla metà del XIX
sec. arrivava a contare non più di 10.000 abitanti. Come è facile
immaginare l’isolamento, determinato dall’orografia del
territorio e dalle difficili vie di comunicazione, era rotto
solamente dagli scambi marittimi che, non solo avvenivano lungo le
coste del mare Tirreno, ma in tutto il Mediterraneo. La mancanza di
moli d’attracco ed i bassi fondali non consentivano l’avvicinamento
di velieri, brigantini o golette; l’approdo alla spiaggia della
marina poteva avvenire solo con i “Leudi“ a vela latina,
classiche barche da trasporto liguri con equipaggio di 6 persone che,
secondo gli usi cui erano destinate, avevano una lunghezza variabile
da m. 9 a m. 15 e potevano trasportare merci tra 25 e 30 tonnellate.
In considerazione
delle tipologie di colture in essere nel territorio è facile
comprendere che legumi e granaglie rappresentassero buona parte delle
merci che giungevano a La Spezia via mare.
I camalli,
cioè gli uomini di fatica che provvedevano al carico ed allo scarico
dei battelli, avevano constatato che, a causa di qualche sacco rotto
o forato, sul fondo della stiva restavano residui a volte consistenti
di ceci, fagioli secchi, grano, ecc. che recuperati potevano
diventare un'occasione per arrotondare il magro salario. Le quantità
recuperate di ogni singolo legume o cereale non era però sufficienti
a realizzare delle zuppe monoingrediente per famiglie spesso
numerose. Nasceva così un cibo di recupero, che assumeva il nome di
mescolanza, in dialetto mesc-ciùa”.
Di
questa zuppa ho trovato più di una ricetta. Alcuni si limitano a
mescolare fagioli cannellini, ceci e grano, altri inseriscono altre
varietà di fagioli e di cereali (il farro e il grano saraceno
soprattutto). I segreti della preparazione sono – in verità –
segreti di Pulcinella. Occorre innanzitutto una lunga e differenziata
permanenza di cereali e granaglie in acqua: indicativamente basta una
notte per i fagioli cannellini, è meglio una intera giornata per le
granaglie e 48 ore per i ceci. Gli ingredienti vanno cotti
separatamente, ma contemporaneamente: un'ora all'incirca i legumi, un
po' meno i cereali. Io l'ho provata con il farro (grosso modo 150
grammi di ceci e altrettanti di cannellini e un etto di farro):
ottima.
Si sala durante gli ultimi minuti di cottura. A fuoco spento si aggiunge l'olio, il migliore possibile. Ci vuole anche il pepe che abbellisce, profuma e dà gusto, ma io purtroppo devo farne a meno. Si può aggiungere basilico o prezzemolo tritato. Conviene non mangiarla caldissima, lasciarla intiepidire un po' per favorire l'amalgama. A qualcuno piace anche fredda (a me, per esempio).
Si sala durante gli ultimi minuti di cottura. A fuoco spento si aggiunge l'olio, il migliore possibile. Ci vuole anche il pepe che abbellisce, profuma e dà gusto, ma io purtroppo devo farne a meno. Si può aggiungere basilico o prezzemolo tritato. Conviene non mangiarla caldissima, lasciarla intiepidire un po' per favorire l'amalgama. A qualcuno piace anche fredda (a me, per esempio).
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