Alla fine, complice il
nubifragio, la rievocazione storica della presa di Perugia da parte
di Braccio da Montone si è conclusa sabato 18, in concomitanza con
le iniziative già programmate per il XX giugno. Insomma benché
il Sindaco Romizi abbia voluto ribadire l'importanza della resistenza
dei perugini nel 1859 e della Liberazione nel 1944 (nel comunicato
ufficiale pubblicato sul sito del Comune e riportato dai media non
c'è tuttavia nessun accenno diretto né alla violenza delle truppe
pontificie né al nazifascimo, ma si
parla genericamente di “tributo di sangue” e “ingiustizie”),
l'amministrazione comunale di centrodestra è riuscita nell'intento
di oscurare una doppia ricorrenza, evidentemente, non gradita.
Nei mesi scorsi, man mano
che montava la polemica, attraverso gli interventi di Attilio Bartoli
Langeli e Giancarlo Baronti, abbiamo assunto una posizione chiara e
netta nei confronti di Perugia 1416, manifestando la nostra assoluta
contrarietà. Adesso che la “mascherata” si è conclusa vale
forse la pena di aggiungere direttamente qualche altra
considerazione.
La prima riguarda il modo
con cui tutta l'operazione è stata condotta. Una scelta imposta
dall'alto, anche a quelle associazioni rionali che poi, giocoforza,
hanno finito per aderire. Alla pomposità delle dichiarazioni
d'intento (“rafforzare la propria identità di appartenenza”,
“riconquistare una unità cittadina”, addirittura “promuovere
l'economia locale”, etc.) ha corrisposto una realizzazione di certo
non esaltante, che ha raggiunto punte di assoluta comicità
(ovviamente involontaria) con il ritocco alla foto pubblicata sul
sito del Comune per aumentare il numero degli spettatori alla
giornata dell'11. Già perché i perugini, a parte la prevedibile
curiosità che ha portato in centro sicuramente molte più persone in
più di un normale sabato pomeriggio di sole (ma come testimoniano le
foto e i video, visibili in rete, il tanto atteso e sbandierato bagno
di folla non c'è stato), hanno continuato la loro vita di sempre,
indifferenti alle gesta del novello Braccio, interpretato, come è
noto, da un giovane ed aitante ex tronista di Maria De Filippi,
apparso assai convinto del suo ruolo. Così come lo sono apparsi
tutti i circa 600 figuranti (in buona parte provenienti da altre
rievocazioni storiche) che hanno dato vita al corteo finale. Scene di
giubilo, poi, alla proclamazione del rione vincente (per la cronaca
Porta Santa Susanna) e foto di rito lungo le scale di Palazzo dei
Priori con l'assessora Severini in prima fila, naturalmente in abito
d'epoca, che annuncia radiosa la prossima edizione del Palio. Più
che una promessa, una minaccia.
Si è sentito ripetere
che la manifestazione ha bisogno di tempo per rodarsi e dare i suoi
frutti, intanto per metterla in piedi c'è voluto il contributo di
mezza Italia centrale (dai vestiti, alle tende da campo, ai tamburi).
Insomma chiunque abbia visitato negli anni una delle tante accurate -
per quanto anche esse discutibili - rievocazioni storiche presenti
nei centri umbri non potrà non avere notato la macroscopica
differenza.
E veniamo alla questione
centrale, quella che sembrerebbe stare più a cuore alla
amministrazione comunale ovvero quella dell'identità. Pensare che
una città complessa e articolata come Perugia possa riconoscersi in
una rievocazione medieval-rinascimentale nata dal nulla è fuori da
ogni logica, il che rende sempre più forte il dubbio che si sia
trattato di una forzatura tutta ideologica, fatta volontariamente a
ridosso del XX giugno, con l'obiettivo di spazzare via in un solo
colpo quel poco che è rimasto della tradizione anticlericale e
antifascista. Ancora una volta la destra porta a compimento quello
che il centrosinistra ha colpevolmente cominciato. Ma anche mettendo
da parte questo aspetto e ragionando solo nei termini dell'offerta
culturale, di nuovo gli amministratori del capoluogo regionale
commettono l'errore di pensare che la ricomposizione di una città
che conta oltre 166mila abitanti e la sua riqualificazione possano
passare esclusivamente attraverso una serie infinita di grandi, o
presunti tali, eventi.
Nella accesa polemica che
ha preceduto Perugia1416, molti esponenti e sostenitori delle
precedenti giunte di centrosinistra hanno voluto marcare la loro
distanza sottolineando il diverso valore di manifestazioni come
Umbria Jazz o il Festival del giornalismo, di ben altro spessore
rispetto alla rievocazione di Braccio. Un confronto fin troppo facile
che però sposta ancora una volta il problema. Il recente passato
dimostra che non è certo con i soli grandi eventi che si rinsalda la
comunità cittadina. La presenza ininterrotta di una manifestazione
di rilievo internazionale come Umbria Jazz (al di là dei suoi alti e
bassi) non è certo stata sufficiente ad evitare il declino culturale
della città - ben rappresentato dalla fuga degli studenti dalle due
università - né a rinsaldarne l'identità. Una identità che non si
misura con il pienone in centro storico, che ci siano gli emuli di
Braccio o DJ Ralf, ma con la qualità della vità quotidiana,
dall'acropoli ai quartieri periferici, che trae alimento da una
adeguata rete di servizi. In che condizioni versa la rete delle
biblioteche cittadine da tempo sottoposte a drastici tagli di
risorse? L'assessore Severini lo sa? È interessata?
E invece si continua a
sacrificare tutto in nome dell'evento. Il palco in Piazza IV novembre
non va montato il 10 agosto perché offende la Cattedrale di San
Lorenzo, ma per il compleanno di Radio Subasio si blinda il centro
storico e si monta un palco mai visto.
Siamo ormai stanchi di
ripetere che non si rilancia la città storica se non restituendole
residenti e funzioni, non si ricuce il tessuto urbano se non
valorizzandolo con interventi strutturali e destinati a durare nel
tempo, ma siccome questo è troppo costoso e complicato si pensa che
sia sufficiente una mascherata o un concerto.
E insieme a tutto questo
prosegue - senza soluzione di continuità tra giunte di colore
diverso - la privatizzazione degli spazi pubblici come dimostra la
ormai quasi ininterrotta, e ogni anno in aumento, distesa di tavolini
lungo corso Vannucci o la periodica occupazione dell'unico polmone
verde della città, l'area di Pian di Massiano, per eventi
smaccatamente commerciali. Da ultima, per ora, la vicenda delle Logge
del Duomo di cui ci siamo occupati nel numero precedente.
La cosa più irritante, però, è che tutto questo viene spacciato come qualcosa che mira alla partecipazione dei cittadini, al loro coinvolgimento. Ma in che modo? Come figuranti, spettatori, di certo consumatori. La proposta è impossibile, il dissenso è bandito. Altrimenti arriva Braccio.
La cosa più irritante, però, è che tutto questo viene spacciato come qualcosa che mira alla partecipazione dei cittadini, al loro coinvolgimento. Ma in che modo? Come figuranti, spettatori, di certo consumatori. La proposta è impossibile, il dissenso è bandito. Altrimenti arriva Braccio.
"micropolis", Giugno 2016
Nessun commento:
Posta un commento