10.7.16

Perugia 1416. Tutti zitti, arriva Braccio (Stefano De Cenzo)

Alla fine, complice il nubifragio, la rievocazione storica della presa di Perugia da parte di Braccio da Montone si è conclusa sabato 18, in concomitanza con le iniziative già programmate per il XX giugno. Insomma benché il Sindaco Romizi abbia voluto ribadire l'importanza della resistenza dei perugini nel 1859 e della Liberazione nel 1944 (nel comunicato ufficiale pubblicato sul sito del Comune e riportato dai media non c'è tuttavia nessun accenno diretto né alla violenza delle truppe pontificie né al nazifascimo, ma si parla genericamente di “tributo di sangue” e “ingiustizie”), l'amministrazione comunale di centrodestra è riuscita nell'intento di oscurare una doppia ricorrenza, evidentemente, non gradita.
Nei mesi scorsi, man mano che montava la polemica, attraverso gli interventi di Attilio Bartoli Langeli e Giancarlo Baronti, abbiamo assunto una posizione chiara e netta nei confronti di Perugia 1416, manifestando la nostra assoluta contrarietà. Adesso che la “mascherata” si è conclusa vale forse la pena di aggiungere direttamente qualche altra considerazione.
La prima riguarda il modo con cui tutta l'operazione è stata condotta. Una scelta imposta dall'alto, anche a quelle associazioni rionali che poi, giocoforza, hanno finito per aderire. Alla pomposità delle dichiarazioni d'intento (“rafforzare la propria identità di appartenenza”, “riconquistare una unità cittadina”, addirittura “promuovere l'economia locale”, etc.) ha corrisposto una realizzazione di certo non esaltante, che ha raggiunto punte di assoluta comicità (ovviamente involontaria) con il ritocco alla foto pubblicata sul sito del Comune per aumentare il numero degli spettatori alla giornata dell'11. Già perché i perugini, a parte la prevedibile curiosità che ha portato in centro sicuramente molte più persone in più di un normale sabato pomeriggio di sole (ma come testimoniano le foto e i video, visibili in rete, il tanto atteso e sbandierato bagno di folla non c'è stato), hanno continuato la loro vita di sempre, indifferenti alle gesta del novello Braccio, interpretato, come è noto, da un giovane ed aitante ex tronista di Maria De Filippi, apparso assai convinto del suo ruolo. Così come lo sono apparsi tutti i circa 600 figuranti (in buona parte provenienti da altre rievocazioni storiche) che hanno dato vita al corteo finale. Scene di giubilo, poi, alla proclamazione del rione vincente (per la cronaca Porta Santa Susanna) e foto di rito lungo le scale di Palazzo dei Priori con l'assessora Severini in prima fila, naturalmente in abito d'epoca, che annuncia radiosa la prossima edizione del Palio. Più che una promessa, una minaccia.
Si è sentito ripetere che la manifestazione ha bisogno di tempo per rodarsi e dare i suoi frutti, intanto per metterla in piedi c'è voluto il contributo di mezza Italia centrale (dai vestiti, alle tende da campo, ai tamburi). Insomma chiunque abbia visitato negli anni una delle tante accurate - per quanto anche esse discutibili - rievocazioni storiche presenti nei centri umbri non potrà non avere notato la macroscopica differenza.
E veniamo alla questione centrale, quella che sembrerebbe stare più a cuore alla amministrazione comunale ovvero quella dell'identità. Pensare che una città complessa e articolata come Perugia possa riconoscersi in una rievocazione medieval-rinascimentale nata dal nulla è fuori da ogni logica, il che rende sempre più forte il dubbio che si sia trattato di una forzatura tutta ideologica, fatta volontariamente a ridosso del XX giugno, con l'obiettivo di spazzare via in un solo colpo quel poco che è rimasto della tradizione anticlericale e antifascista. Ancora una volta la destra porta a compimento quello che il centrosinistra ha colpevolmente cominciato. Ma anche mettendo da parte questo aspetto e ragionando solo nei termini dell'offerta culturale, di nuovo gli amministratori del capoluogo regionale commettono l'errore di pensare che la ricomposizione di una città che conta oltre 166mila abitanti e la sua riqualificazione possano passare esclusivamente attraverso una serie infinita di grandi, o presunti tali, eventi.
Nella accesa polemica che ha preceduto Perugia1416, molti esponenti e sostenitori delle precedenti giunte di centrosinistra hanno voluto marcare la loro distanza sottolineando il diverso valore di manifestazioni come Umbria Jazz o il Festival del giornalismo, di ben altro spessore rispetto alla rievocazione di Braccio. Un confronto fin troppo facile che però sposta ancora una volta il problema. Il recente passato dimostra che non è certo con i soli grandi eventi che si rinsalda la comunità cittadina. La presenza ininterrotta di una manifestazione di rilievo internazionale come Umbria Jazz (al di là dei suoi alti e bassi) non è certo stata sufficiente ad evitare il declino culturale della città - ben rappresentato dalla fuga degli studenti dalle due università - né a rinsaldarne l'identità. Una identità che non si misura con il pienone in centro storico, che ci siano gli emuli di Braccio o DJ Ralf, ma con la qualità della vità quotidiana, dall'acropoli ai quartieri periferici, che trae alimento da una adeguata rete di servizi. In che condizioni versa la rete delle biblioteche cittadine da tempo sottoposte a drastici tagli di risorse? L'assessore Severini lo sa? È interessata?
E invece si continua a sacrificare tutto in nome dell'evento. Il palco in Piazza IV novembre non va montato il 10 agosto perché offende la Cattedrale di San Lorenzo, ma per il compleanno di Radio Subasio si blinda il centro storico e si monta un palco mai visto.
Siamo ormai stanchi di ripetere che non si rilancia la città storica se non restituendole residenti e funzioni, non si ricuce il tessuto urbano se non valorizzandolo con interventi strutturali e destinati a durare nel tempo, ma siccome questo è troppo costoso e complicato si pensa che sia sufficiente una mascherata o un concerto.
E insieme a tutto questo prosegue - senza soluzione di continuità tra giunte di colore diverso - la privatizzazione degli spazi pubblici come dimostra la ormai quasi ininterrotta, e ogni anno in aumento, distesa di tavolini lungo corso Vannucci o la periodica occupazione dell'unico polmone verde della città, l'area di Pian di Massiano, per eventi smaccatamente commerciali. Da ultima, per ora, la vicenda delle Logge del Duomo di cui ci siamo occupati nel numero precedente.
La cosa più irritante, però, è che tutto questo viene spacciato come qualcosa che mira alla partecipazione dei cittadini, al loro coinvolgimento. Ma in che modo? Come figuranti, spettatori, di certo consumatori. La proposta è impossibile, il dissenso è bandito. Altrimenti arriva Braccio.  

"micropolis", Giugno 2016

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