6.7.16

Renato Rascel


Un personaggio comico che non assomigliava a nessun altro.
Non che mancassero certi omaggi alla tradizione, a partire dalla valorizzazione delle proprie anomalie fisiche (prima di Alberto Sordi chiunque si proponesse di far ridere partiva dal proprio aspetto, che cercava di rendere il più buffo possibile); e l'omino paludato in vestiti troppo grandi per lui risale ovviamente a Charlot. Anche il gusto per un umorismo di tipo stralunato, surreale, è caratteristico dell'Italia dove la satira aveva la mordacchia.
Ma per il resto Rascel fu incomparabile, a partire dalla sua arma più appariscente, ossia la coesistenza di una verve indiavolata da batterista e ballerino di tiptap, con un supremo controllo dei propri mezzi, che gli consentiva di calamitare l'attenzione anche, anzi soprattutto, quando parlava quasi sottovoce, col suo caratteristico tono quasi lagnoso.
Non sempre l'omino Rascel resisteva alla tentazione di sfruttare la sua corporatura tanto ridotta per spremere anche un po' di commozione a tradimento; ma le sue virtù straordinarie figuravano al meglio quando egli metteva la sua precisione di dizione, la sua economia di gesti e la concentrazione pacata della sua recitazione al servizio di personaggi dichiaratamente grotteschi - Napoleone, il bandolero stanco, il corazziere. Dove, si badi, non fu assolutamente mai volgare, in questo non diversamente da Totò.
Fenomenale bestia di palcoscenico, star di riviste e in seguito anche di urbane commedie musicali di Garinei e Giovannini ben presto imperniate su di lui - da Marakatumba, ma non è una rumba a Attanasio cavallo vanesio, da Tobia la candida spia a Enrico 61; poi ci fu il passaggio alla prosa, sia pure sui generis, argutamente accoppiato con Walter Chiari nella Strana coppia e con Gigi Proietti in Alleluia, brava gente.

Rascel fu naturalmente sfruttato dal cinema, a partire dal 1951, quando piovve una prima gragnuola di suoi filmetti più o meno raffazzonati e talvolta ricalcati sulle riviste di successo. Oggi qualcuno potrà deplorarli, e rimpiangere che il piccoletto non abbia coltivato la vena drammatica valorizzata da Alberto Lattuada in una interessante versione del Cappotto di Gogol trasferito fra le nebbie di Pavia. Ma proprio a quei sottoprodotti dovremo la conservazione di qualcuno fra i momenti più irresistibili del grande intrattenitore, e io consiglio i giovani di andarseli a cercare nell'Eroe sono io, in cui Rascel è Righetto, gelataio che si spaccia per un divo dei fotoromanzi, in Rascel-Fifì di Guido Leoni (1957), parodia dei film di gangster nella quale fa la sua comparsa anche Dario Fo, oppure, ancora, nel (relativamente) ambizioso, più tardo Corazziere di Mastrocinque, dove è un povero cristo vessato da un gerarca voltagabbana.

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