“Ancora una
volta, però, tutto nasce dal credere che con la Costituzione si
possa giocare a piacimento di una parte e secondo le convenienze del
momento: è questo l’errore di fondo che è stato commesso...”
Sta prendendo campo
l’ipotesi dello “spacchettamento” dei quesiti e del rinvio del
referendum confermativo delle deformazioni costituzionali.
Si voterebbe su cinque
quesiti riguardanti bicameralismo, elezione e composizione del
Senato, elezione giudici Corte Costituzionale. Titolo V e rapporti
stato – regioni, istituto referendario (numero firme occorrenti e
quorum).
In più si sta trattando
per una modifica dell’Italicum nel senso dell’assegnazione del
premio di maggioranza alla coalizione e non a un partito.
Così si eviterebbe, come
scrive Dino Martirano sul “Corriere della Sera”, l’ordalia
referendaria, il giudizio di Dio sulla riforma costituzionale Renzi –
Boschi che rischia, secondo l’autore, di trascinare il paese in uno
scontro frontale dagli esiti incerti.
Tanto per andare per
ordine si tratta, prima di tutto, di stabilire che l’ordalia è
stata voluta dallo stesso Presidente del Consiglio e dal suo “giglio
magico”: è questo un punto irrinunciabile da tener fermo assieme
all’espressione della necessità che chi ha combinato questo
solenne pasticcio (per usare un eufemismo) paghi un concreto prezzo
politico.
Si tratta di
un’operazione molto delicata perché l’operazione spacchettamento
potrebbe fornire un esito referendario “a macchia di leopardo” e
potrebbe richiedere, alla fine, nel bilanciamento tra punti di
eventuale prevalenza del “no” e altri di eventuale prevalenza dei
“si” una complessiva riscrittura coerente con un quadro
riformatore di riferimento.
Tra l’altro
l’operazione spacchettamento avverrebbe in una forma del tutto
interna alle logiche di palazzo, attraverso la sottoscrizione e la
presentazione dei nuovi quesiti da parte di deputati e senatori,
essendo molto problematica la raccolta, da parte di tutti i soggetti
interessati, delle 500.000 firme necessarie entro il 14 Luglio.
In ogni caso se entro la
sera del 14 Luglio un comitato popolare o un gruppo di parlamentari
(1/5 di deputati o 1/5 di senatori, ma secondo la Costituzione
potrebbero muoversi anche 5 consigli regionali) chiederà lo
spacchettamento l’ufficio centrale della Cassazione ha 30 giorni di
tempo per accettare o respingere la richiesta.
Nel primo caso i tempi di
celebrazione del referendum, seppure depotenziato dall’effetto
spacchettamento, rimangono quelli previsti tra ottobre e dicembre
2016.
Se invece lo
spacchettamento sarà giudicato inammissibile la faccenda si complica
e compare uno scenario inedito che potrebbe prevedere, a giudizio di
Giuliano Amato oggi giudice costituzionale, il sollevamento di un
conflitto di attribuzione con la Corte di Cassazione e quindi il
rinvio del tutto presso l’Alta Corte, con tempi tutti da
determinare.
Ancora una volta, però,
tutto nasce dal credere che con la Costituzione si possa giocare a
piacimento di una parte e secondo le convenienze del momento: è
questo l’errore di fondo che è stato commesso in quest’occasione
(errore reiterato, in verità, dal tempo della Bicamerale D’Alema
e, poi, dalla riforma Berlusconi bocciata con il referendum del
2006).
Questa volta però c’è
di più: le orgogliose truppe renziane del decisionismo, della
“vocazione maggioritaria”, della “rottamazione”, delle
“elezioni che la sera della domenica si sa chi vince e che governa
per 5 anni” stanno risalendo in rotta disordinata le valli della
loro sconfitta , della loro arroganza, del loro pressappochismo,
della loro sfrenata voglia di potere.
La politica dovrebbe
essere una cosa seria e per un certo periodo in Italia lo è anche
stata, poi questo senso di serietà si è smarrito travolto dal
personalismo, dalla voglia dell’apparire, dal coprire tutto con un
rinnovato ottimismo da nazionalismo arditesco – futurista; un
ottimismo contrario alla ragione.
Oggi questo maldestro
tentativo sembra in forte difficoltà.
Propongo al Comitato per
il No della Democrazia Costituzionale di tenere ferma la propria
opposizione complessiva, di non cadere nella trappola delle
concessioni parziali, del timore del “dopo” apparentemente
incerto.
Anzi sarà dal prevalere
di un NO democratico, legato davvero ai valori della Costituzione
(non certo il NO della destra e del M5S tanto per distinguere
opportunamente) che potrà nascere un nucleo di vero rinnovamento
nella crisi verticale della democrazia, in Italia e fuori d’Italia.
Dal sito “Il pane e le
rose”, del centro di documentazione di Pistoia, postato10 Luglio
2016)
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