9.3.13

Karl Marx e famiglia (di Massimo L. Salvadori)

Karl Marx (a destra) con la moglie, le due figlie e Friedrich Engels 
Poche cose come la vita dei grandi uomini suscitano in taluni l'istinto proprio di certe bestie di scavare, scavare per trovare ciò che dà scandalo e poi gettarvisi sopra ghiottamente e portarlo in giro trionfalmente. Tutt'altro è lo stile con cui Yvonne Kapp ha scavato nella vita di Karl Marx in un libro che non si può non definire eccellente (Eleanor Marx, «1. Vita famigliare 1855-1883», Einaudi 1977). Marx ha avuto numerosi biografi, a partire dal primo e maggiore di tutti, il socialdemocratico tedesco Franz Mehring. Ora la Kapp, che non è interessata alla storia intellettuale e politica di Marx (seppure non manchino esatti riferimenti), punta a un'ampia minuziosa ricostruzione della « vita famigliare » del fondatore del marxismo passando per lo sviluppo e le vicende della sua figlia prediletta: Eleanor, detta « Tussy ». Non è il caso di tentare di riassumere il libro, che per essere apprezzato ha bisogno di una lettura diretta, così da cogliere un'atmosfera, un mondo umano, un ambiente sociale, un intreccio di affetti con le sue spine e le sue rose. Certo non ci si lasci ingannare dal titolo: il vero personaggio è il grande «Moro», come inevitabile. Ma è stata una brillante intuizione dell'autrice di capire che per mettere a nudo una precisa dimensione, quella appunto familiare, il meglio poteva essere far centro su un membro della famiglia come Tussy.

Un decoro piccolo borghese
Il libro non contiene « rivelazioni» clamorose. Eppure, fondato com'è su ricerche ampie di archivio e su una conoscenza approfondita della letteratura, ci dà uno strumento senza precedenti per conoscere Marx uomo nella vita di tutti i giorni, Marx padre, Marx marito. Si tratta di una lettura che trascina «come un romanzo», un romanzo di vita reale costruito non con la fantasia ma con i mattoni di una sicura filologia e analisi storica.
Chi vorrà leggere questo libro con lo spirito dell'amatore di pettegolezzi, sia pure « storici », avrà motivo di vero sollazzo. Troverà che il più grande combattente per l'emancipazione umana della storia contemporanea, mentre lottava fra mille miserie materiali al fine di sopravvivere e continuare la propria opera intellettuale, nutriva al tempo stesso la preoccupazione di salvare in ogni modo certi aspetti di «decoro» piccolo-borghese; desiderava per le figlie matrimoni fondati su una ragionevole sicurezza economica; non mancava di esercitare un controllo autoritario sulla vita di queste, a costo di gettarle nell'infelicità (fu il caso di Tussy, la quale trovò nel padre un ostacolo invalicabile al proprio amore per il comunardo Lissagaray). Troverà poi per la prima volta ampiamente ricostruito il fatto più « piccante » (che quando divenne noto gettò nella costernazione i sovietici, colpiti al cuore nel loro moralismo di Stato): Marx ebbe dalla sua domestica, Helene Demuth, un figlio illegittimo, il quale non venne riconosciuto dal padre e andò incontro ad un umile destino trovando ad un certo punto nella sorellastra Eleanor, venuta a conoscenza della storia dopo la morte del padre e rimasta amaramente colpita e delusa, una amica amorosa e solidale. E la lista dei peccati di Marx potrebbe continuare.
Nelle mani di una studiosa meno seria e intelligente della Kapp questo «materiale» avrebbe potuto diventare la base per un libro maligno e scandalistico. Ella invece dimostra le qualità della studiosa di razza, che sa collocare, in modo anche moralmente sicuro, il suo personaggio e gli altri che lo circondano nella storia e nella società del tempo, senza fare né del moralismo né del giustificazionismo per ciò che giustificato non può essere (in particolare la vicenda del figlio illegittimo di Marx fu, come giudicò Eleanor, il prodotto anzitutto di una profonda ingiustizia umana, che quello compì probabilmente cedendo sia a pregiudizi sociali sia al timore di uno scandalo utilizzabile dai suoi avversari politici).
Mi pare opportuno richiamare alcune righe essenziali della Kapp, che ne mettono in luce quello stile di cui parlavo all'inizio: «Bisogna considerare che l'abisso tra la rispettabilità della classe dei professionisti, cui i Marx appartenevano, e il suo contrario — cioè un modo di vivere proletario — era, a quel tempo, notevolissimo e incolmabile. (...) Era piuttosto un problema della realtà storica e sociale che opprimeva Marx non meno dei suoi contemporanei. La cosa interessante non è che egli abbia subito tali oppressioni, ma che sia stato lui a sviluppare una concezione completamente nuova della storia e della società». Osservazione questa che, lo dicevo, non porta l'autrice all'«indulgenza». A proposito dell'atteggiamento paternalistico e autoritario di Marx verso le faccende sentimentali delle figlie, Yvonne Kapp nota che siffatto atteggiamento spesso « mostrava il padre vittoriano, nel suo aspetto deteriore ».

Il figlio illegittimo
Insomma, un libro utile, profondamente umano. Lo si può leggere con l'atteggiamento della studiosa che lo ha scritto; e lo si può leggere col sogghigno giudicante di coloro cui non par vero di avere la « prova » che anche Marx predicava bene e razzolava male, predicava l'emancipazione degli uomini e praticava in casa propria il mestiere del padrone. Senonché — e la Kapp mette in piena luce anche questa dimensione — quello stesso Marx paternalista in famiglia, padre di un figlio illegittimo disconosciuto, quasi mantenuto da un amico, riusciva ad essere anche un padre senza pari, una persona che per proseguire un lavoro intellettuale di cui sapeva tutta l'importanza pagò tutti i prezzi che umanamente si possono pagare, un amico rispetto al quale un uomo di genio come Engels si sentì per sempre onorato di essere stato il «secondo violino».
Il libro di Yvonne Kapp mostra ancora una volta che, nelle miserie come nelle grandezze, nessuno sfugge al proprio tempo, neppure il signor Karl Marx.

Postilla
Il ritaglio da “la Repubblica”, onde ho tratto l’articolo-recensione è senza data, ma l’anno dovrebbe essere il 1977, quello di edizione del libro di cui si tratta, o, al massimo, il 1978. (S.L.L.)

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