10.3.13

Un talento per divertire. Le lettere di Noel Coward (Masolino D’Amico)

Nato nel 1899, morto nel 1973, Noel Coward conobbe il successo giovanissimo: nel solo anno 1925 a Londra c'erano in scena cinque suoi lavori, di uno dei quali aveva composto anche le musiche. Come attore aveva debuttato a undici anni, in seguito si sarebbe affermato anche come drammaturgo, compositore, cantante, paroliere, regista di teatro e di cinema, ballerino, produttore teatrale, intrattenitore di night, romanziere e star televisiva.
All'apice della carriera la sua fertilità fu leggendaria. Ricoverato nell'ospedale di Shanghai per un attacco di influenza durante uno dei suoi numerosi viaggi esotici, buttò giù in quattro giorni Vite private, ossia la pièce che molti considerano il suo capolavoro e della quale fu poi interprete egli stesso con la sua partner più congeniale, Gertrude Lawrence (più una coppia di malcapitati comprimari a uno dei quali, il debuttante Laurence Olivier, insegnò parecchie cose su come si sta sul palcoscenico). Per sé e per la prediletta Gertie avrebbe concepito pochi anni dopo (1935) anche un tour de force nella sua interezza mai più tentato da nessuno, intitolato Tonight at 8.30: ben nove atti unici su temi diversissimi, da recitarsi tre alla volta in altrettante serate.
Possedeva, disse, «un talento per divertire», e il suo nome sarebbe rimasto legato alla spensieratezza dei due decenni tra le guerre mondiali. Dopo, l'avvento del nuovo teatro impegnato sembrò emarginarlo. A un certo punto il suo collega autore Terence Rattigan gli scrisse, «a rispettare il pubblico ci siamo rimasti solo io e te». Ma non si mise mai a riposo, passando pagatissimo ai locali di Las Vegas (dove i vari Frank Sinatra lo salutarono come un maestro) e alla Tv prima di conoscere un ritorno di fiamma che partì da una trionfale riproposta di Hay Fever, sua frivolissima commedia del '25, nel National Theatre appena fondato e diretto dal vecchio amico Sir Laurence.
Spiritoso, garbato, grande conversatore, prosatore squisito, e pur nella sua obiettività (non scendeva mai a compromessi), desideroso di piacere, o se vogliamo, di non annoiare, Noel Coward non poteva non essere, in un'epoca in cui ancora tutti si scrivevano, un meraviglioso epistolografo. Si puo' dire tuttavia che le più di 770 fittissime pagine della raccolta curata dal suo esegeta Barry Day (The Letters of Noel Coward, 2007) superino anche le previsioni più ghiotte; e questo per varie ragioni. In primo luogo, Coward essendo diventato famoso tanto presto, tutti hanno sempre conservato le sue lettere, e la raccolta non soffre come altre analoghe di squilibri (troppo materiale in certi periodi, troppo poco in altri). In secondo luogo, molti suoi corrispondenti non sono meno interessanti di lui, e il curatore riporta anche le loro missive. In terzo luogo, Noel Coward sostituì la famiglia convenzionale che non si fece mai con un saldo gruppo di fedelissimi segretari e famuli ai quali si raccontava con brio e senza peli sulla lingua, talvolta addirittura in rima; senza contare che fino a cinquantadue anni mandò ogni settimana almeno una lettera vivacissima e dettagliatissima a sua madre, donna energica e sempre molto attenta a ogni sua attività. Con la madre si firmava «Snoop», ma anche con gli amici giocava a mettere in calce un nome sorprendente, magari Hitler, o Shelley.
Una volta dettò per telefono da New York un telegramma, e si firmò Fiorello La Guardia. Il centralinista gli domandò: «Lei e' davvero Fiorello La Guardia?» «No.» «Allora non può firmarsi Fiorello La Guardia. Come si chiama?» «Noel Coward.» «E' davvero Noel Coward?» «Sì.» «...Be', allora può firmarsi anche Fiorello La Guardia».
Un libro così si può leggere in più modi. Uno è come biografia commentata, e sotto questo aspetto risulta molto più valido di quelli edulcorati scritti dallo stesso Coward o da ammiratori, anche perché nel puntuale commento della lunga e densa carriera illumina il background di tanti spettacoli, coi capricci degli attori, le beghe coi finanziatori, e via dicendo. La zona più interessante della biografia è peraltro il periodo bellico, atipico, ambiguo e relativamente confuso, dal quale Coward emerge meglio di quanto gli si sia riconosciuto in passato.
Ansioso di servire la patria, si mise a disposizione delle autorità, le quali lo impiegarono in attività di semi-spionaggio, chiedendogli di continuare a mostrarsi gaudente e mondano e nel frattempo di frequentare - prima a Parigi, poi negli USA, in Sudamerica, in Australia - persone ricche e influenti, per riferire conversazioni e fare propaganda più o meno occulta a favore dell'Inghilterra. Coward obbedì, col risultato di vedersi attaccato dalla stampa per evidente mancanza di spirito patriottico. L'avvento di Churchill gli tolse l'incarico, e a quel punto gli fu chiesto di pensare invece a sollevare il morale degli inglesi. Scrisse così in quindici giorni Spirito allegro (1997 repliche), più molte canzoni umoristiche sulla guerra che diventarono enormemente popolari - fu invitato a cantarle anche davanti al presidente Roosevelt. Dopodiché su richiesta del suo amico Lord «Dickie» Mountbatten diresse Eroi del mare, subito acclamato come uno dei film di guerra più sobri e commoventi di ogni tempo.
Il secondo modo di leggere il libro è poi quello di cercare le persone con cui Coward fu in contatto, e con cui non ebbe mai rapporti banali. Tra le celebrità vi sono, oltre agli innumerevoli confrères attori e scrittori (tra questi ultimi spiccano G.B.Shaw, e i moderni Pinter, Wesker - il cui impegno politico Coward tenta paternamente di scoraggiare - e Osborne, che gli scrive per rimproverarlo di avere pronunciato dei giudizi affrettati e al quale Coward risponde scusandosi e invitandolo a pranzo), nomi meno prevedibili come quelli di Virginia Woolf, Greta Garbo, Lawrence d'Arabia. Con quest'ultimo Coward fece amicizia quando l'ex eroe del deserto si era arruolato come aviatore sotto pseudonimo, e nella sua smania di anonimato chiedeva di usare con lui il suo numero di matricola. Così Noel inizia una lettera: «Caro 338171, (posso chiamarti 338?)...» .
Un'altra grande amicizia fu con Marlene Dietrich, che gli si era presentata entusiasta negli anni Trenta. Vent'anni dopo, nel '56, la non più giovane diva gli confessa le sofferenze che le procura l'ex amante Yul Brynner. Marlene descrive dettagliatamente un viaggio in aereo (dei tempi in cui gli aerei avevano le cuccette), in cui Yul dopo avere bevuto troppo - «ma aveva al polso uno dei dieci orologi che gli ho regalato!» - fa a meno di visitarla nella notte come in altre occasioni, e la mattina dopo la ignora. Conclude Marlene: «Ho derivato tutta la mia 'saggezza' da libri e dai pensieri di grandi uomini sin dall'infanzia, essendo stata allevata con Kant e Nietzsche e Goethe e Heine. Conosco tutte le loro teorie e le loro esperienze personali e tutti loro volevano amore e nient'altro che quello». Noel paternamente risponde esponendo le proprie vedute, che sono, caratteristicamente, più sobrie: «...veramente, tesoro, bisogna che tu chiuda questa situazione insensata una volta per tutte. E' davvero al disotto della tua dignità, non della tua dignità di artista famosa e di fulgida star, ma della tua dignità di essere umano, solo troppo umano. Ricciolo è attraente, intrigante, tenero e affascinante, ma non è il solo uomo al mondo che si meriti questi deliziosi aggettivi... ti prego, cerca di farti un po' di filosofia personale e NON, ripeto NON essere così maledettamente vulnerabile. Al diavolo lo stramaledetto ''Amour''. Produce sempre molti piu' danni di quanto valga...».

“La Stampa”, 10 febbraio 2008

Nessun commento:

statistiche