È la regione più
fertile del Vietnam, la «scodella di riso» dell’intero paese. Ma
ormai anche i coltivatori nel fertile delta del Mekong sono in
difficoltà: devono fare i conti con l’innalzamento del livello dei
mari e con l’intrusione di acqua salmastra nelle falde idriche, che
ha cominciato a danneggiare i raccolti - e quindi l’economia
nazionale, dato che il Vietnam è il secondo esportatore di riso al
mondo. Insomma: il delta del Mekong, sopravvissuto alla devastazione
ecologica dei bombardamenti al napalm durante la guerra americana
negli anni ’70, potrebbe non sopravvivere, in tempo di pace,
all’effetto combinato del cambiamento del clima e dell’uso
intensivo delle sua terra.
Secondo le proiezioni
formulate dal governo vietnamita, il paese indocinese dovrà far
fronte a stagioni di piogge più abbondanti e all’aumento di
cicloni e inondazioni, e insieme a un drastico calo delle piogge nei
mesi asciutti dell’anno, con un accentuato rischio di siccità
soprattutto nella regione del delta del Mekong. Qui i periodi di
siccità sempre più lunghi e il livello delmare in aumento ha
cominciato a provocare la salinizzazione delle terre. Un fenomeno che
avanza lento e inesorabile, come un avvelenamento progressivo: più a
lungo dura la siccità, più si attinge acqua delle falde idriche
sotterranee; più cala il livello dell’acqua e le falde vengono
invase da quella salmastra del mare. Durante la siccità del 2010
l’acqua salata del mar cinese meridionale aveva contaminato pozzi
nell’entroterra fino a 60 chilometri, contro una trentina di
chilometri l’anno prima. Intanto il livello dei mari sale: un
innalzamento di un metro entro fine secolo (le previsioni degli
scienziati del clima oscillano tra uno e due metri), in Vietnam
significa circa 1,7milioni di ettari inondati, di cui oltre l’80%
nel delta del Mekong, con conseguente catastrofe per l’agricoltura
e milioni di persone che saranno costrette a sfollare. Più a breve
termine, da qui al 2030, l’innalzamento del mare e la
salinizzazione potrebbe provocare un calo della produttività delle
risaie del 9%, stima il Programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp).
Il fatto è che nella
regione del delta del Mekong non c’è metro quadro che non sia
utilizzato: dalle risaie agli allevamenti intensivi di gamberi, ai
tradizionali allevamenti di pesce nei canali. Il riso è la prima
coltura, ma poi ci sono altre coltivazioni «per il mercato», cash
crops, come gli ortaggi e i cocomeri (che richiedono parecchia
acqua). Sulla costa molte risaie sono state trasformate in
allevamenti di gamberi - tagliando le poche residue foreste di
mangrovie, cosa che ha esposto le coste all’erosione dell’oceano.
E il trend è massiccio: da 641mila ettari utilizzati per
acquacoltura nel 2000 a oltre un milione di ettari nel 2010, con
l’allevamento di gamberi che fa oltre la metà del totale (645mila
ettari).
Una terra così
intensamente sfruttata, in una regione di delta fluviale, è
particolarmente esposta all’impatto del cambiamento del clima - le
piogge imprevedibili, i cicloni, la siccità, la salinizzazione. Un
noto centro di ricerca ne ha approfittato per proporre la ricerca di
varietà agricole adattabili alle nuove condizioni: il International
Rice research Institute (Irri) ha lanciato nel marzo scorso un
progetto, sostenuto dal Australian Centre for International
Agricultural Research, per introdurre nelle varietà di riso
vietnamita il gene chiamato Sub1, tollerante alle inondazioni, e
quello denominato Salto l, che renderebbe la pianta più resistente
alla salinità. Il programma di ricerca durerà quattro anni - tre
per trasferire l’informazione genetica nel seme, uno per
sperimentare le nuove piante.
Certo, questo aiuterà
forse a continuare a produrre riso - ma riequilibrare l’ecologia
del delta sarà impresa ben più difficile.
“il manifesto”, 29
dicembre 2011
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