Il 9 novembre 1992,
all’indomani dell’elezione dopo la lunga era reaganiana di un
presidente democratico, il «Wall Street Journal», influente
portavoce degli ambienti economici non solo statunitensi, pubblicava
la seguente diagnosi, che appariva anche come un memento: «Sebbene non eletti, anonimi, e spesso non americani, i grandi
artefici di investimenti finanziari, dovunque nel mondo detengono
ormai un potere senza precedenti, forse anche un diritto di veto,
sulla politica economica degli Stati Uniti». Il nuovo presidente
veniva, così, esortato a non illudersi di attuare liberamente la sua
politica economica, argomentata e valorizzata durante la campagna
elettorale.
Da Manifesto della
libertà, Sellerio, 1994
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