Dal blog del Corsera,
“Officina masterpiece”, riprendo l'intervento
sull'autopubblicazione (self-publishing,
dicono gli anglofili) di uno scrittore che ha avuto un grande
successo. Hugh Howey, 38 anni, vive a Jupiter, in Florida. Ha
iniziato a scrivere il romanzo Wool nel 2011, mentre faceva il
commesso in una libreria, auto-pubblicandolo poi su Amazon. (s.l.l.)
Inizialmente, ho seguito
vie tradizionali. Ho inviato il primo manoscritto ad alcuni agenti ed
editori e un paio di piccole case editrici hanno manifestato
interesse. Il primo libro l’ho pubblicato con un editore
fantastico, la NorLights Press, ma ho presto capito che le vendite
dipendevano dai miei sforzi personali e che oggi gli strumenti per la
pubblicazione sono alla portata di chiunque voglia usarli. Così ho
deciso di pubblicare il secondo da solo e da allora ho sempre fatto
così. Ho lavorato per anni nelle librerie e sapevo quanto era
difficile non solo farsi pubblicare, ma anche avere successo se
riuscivi ad arrivare sui banchi dei librai.
Ma sono certo di una
cosa: oggi c’è molta gente che legge. I lettori sono diventati
sempre più avidi di nuovi romanzi. Alcune recenti statistiche
confermano che i possessori di e-readers leggono molti più libri di
quanti ne leggessero prima di acquistare il dispositivo.
È la sfida degli
scrittori: creare storie abbastanza appassionanti da conquistare
nuovi lettori. E lo scrittore deve cambiare. Deve lavorare su più
piani diversi. Per molto tempo io ho fatto l’editore, l’agente,
il direttore marketing e l’ufficio stampa di me stesso. Lavorando
con Random House e Simon & Schuster ho scoperto che molte di
queste responsabilità ricadono anche sugli scrittori pubblicati da
un editore.
Se pensi che tu devi
soltanto scrivere e a tutto il resto ci penseranno gli altri, ti
sbagli di grosso. Devi essere presente sul web, costruirti una
piattaforma, sfruttare i social networks e molto altro. Ogni autore,
comunque sia pubblicato, deve saper usare questi strumenti. I miei
editori tradizionali mi tengono più impegnato di quanto lo fossi
quando mi autopubblicavo. È l’unico modo per farti conoscere. Io
dedico alla scrittura da tre a quattro ore al giorno. Il resto lo
riservo all’editing e alla revisione. Oppure rispondo alle mail e
agli amici dei social network.
Ma attenzione: non ho mai
pensato di diventare ricco con i libri. È quasi impossibile
arricchirsi facendo lo scrittore, anche se firmi un contratto con una
grande case editrice. Molti autori prendono anticipi irrisori da 5000
a 50 mila dollari e devono condividerli con l’agente, oltre a
pagare le tasse. È difficile vivere con così poco e le entrate non
sono mai costanti. Non hai nessuna garanzia che qualcuno vorrà
pubblicare il tuo prossimo libro. È per questo che molti autori
fanno anche altri lavori. Dico sempre a tutti gli scrittori che
devono scrivere perché gli piace farlo e basta. Nessuno può
privarli di quel piacere e devono tenerselo stretto.
La libertà che ti consente l’autopubblicazione attira un numero crescente di scrittori. Molti pubblicano i loro libri in entrambi i modi, e per il pubblico può essere difficile prendere posizione nei confronti di questi autori ibridi. Ma siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo affrontare le stesse sfide.
La libertà che ti consente l’autopubblicazione attira un numero crescente di scrittori. Molti pubblicano i loro libri in entrambi i modi, e per il pubblico può essere difficile prendere posizione nei confronti di questi autori ibridi. Ma siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo affrontare le stesse sfide.
Corriere.it, 13 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento