Vittorio Alfieri |
L’«intimità» dei
grandi scrittori è stata a lungo materia riservata a un settore
particolare e marginale degli studi storico-letterari, considerata
più volentieri oggetto di indiscrezione o pretesto di dissacrazione
che non parte integrante della conoscenza delle personalità più
celebrate e del loro rapporto col proprio tempo. Se da un lato alla
diffidenza della critica hanno contribuito anche alcuni confidenti di
queste stesse personalità, autori di non serene memorie (per
limitarci ai casi più noti, basti ricordare gli sferzanti giudizi
del Pecchio sugli amori del Foscolo, l'insistenza del Ranieri sulle
debolezze del Leopardi, la sottile ambiguità del ritratto manzoniano
del Tommaseo), dall’altro è alla cultura idealistica che si deve
il disinteresse se non il disprezzo per tutto ciò che della vita di
un artista non sia « sublimato » nella sua opera. Certo è che la
pubblicazione di numerosi carteggi di scrittori dai '700 in poi ha
contribuito sensibilmente — al di là dell’individuazione del
genere — all’ampliamento degli studi, e non tanto nella direzione
del biografismo di stampo positivistico o dello psicologismo (la
stessa psicoanalisi non ha ancora prodotto che risultati
circoscritti, per molti aspetti sperimentali), quanto proprio sul
terreno della conoscenza della cultura, della poetica,
dell’ideologia, delle passioni dei vari autori, fino a diventare in
molti casi le lettere strumento indispensabile alla comprensione
delle opere originali, quando addirittura non è possibile
riconoscere in esse i risultati anche letterariamente più validi di
singoli scrittori.
Si tratta senza dubbio di
scritture singolari, sollevate come sono da ogni vincolo con la
tradizione (anche se ovviamente essa è sempre presente) e da ogni
problema di rapporto con un pubblico determinato che non sia il
diretto destinatario, l'interlocutore immediato che con la sua
presenza ideale sollecita la confidenza: a differenza degli
epistolari classici (a cominciare da quello del Petrarca) composti e
ordinati avendo l’occhio alla posterità, questi scritti
esclusivamente privati, per il loro carattere di spontaneità e
autenticità, costituiscono altrettanti documenti insostituibili
della vita intima e sociale dell’autore. Si pensi al grado di
verità avvertibile nelle lettere dell’Alfieri (di cui ha da poco
concluso l’edizione pregevole Lanfranco Caretti), che affiancate ai
«Giornali» e ad altre prose d'introspezione rivelano (come da anni
ha dimostrato Walter Binni) una personalità più complessa e
tormentata di quanto non faccia sospettare la stessa Vita; ma
si pensi anche al bellissimo epistolario del Foscolo, che soprattutto
negli anni giovanili denota un intreccio continuo fra letteratura e
vita, che, se per molti aspetti fa pensare a un continuo autoritratto
costruito sulla trama dell’Ortis, per altri lascia scoprire
quanta esperienza di vita concreta alimentasse le pagine del romanzo
e degli scritti politici e critici; per non parlare degli esempi più
noti del Leopardi e del Manzoni, che in questa forma immediata di
comunicazione riflettono, fra le molte altre cose, la tensione di una
costante ricerca della verità.
Ma questi caratteri
moderni della lettera familiare nascono nel nostro Settecento, e in
particolare nel Settecento antiaccademico, aperto alla grande cultura
europea, fiducioso nella possibilità di costruire con la volontà e
la ragione la pubblica e la privata felicità, i cui presupposti si
fondano innanzi tutto sulla conoscenza di se stessi. Il materiale che
ancora resta da esaminare (e da salvaguardare) in questo campo è
immenso. Anche se da ogni autore, si può dire, si ricavano elementi
di rilievo, da Metastasio a Goldoni, da Gozzi a Baretti, e via
dicendo, io ritengo non vi sia forse nulla di più significativo
dell’esperienza dei fratelli Verri. In particolare di Pietro, che
non solo riversò tutto se stesso nelle lettere ad Alessandro, ma
arrivò a scegliere la lettera-memoria come la forma a lui più
congeniale per esercitare la riflessione sugli eventi più rilevatiti
della propria vita privata, così come della vita militare, politica,
economica. A ben guardare, la sua produzione consiste in gran parte
in lettere e memorie, conservate gelosamente (come il carteggio con
Alessandro fatto trascrivere dalla prima all'ultima parola), non con
l’intento di giungere a una impensabile pubblicazione, ma soltanto
per conservare materialmente la testimonianza di una faticosa
ricerca, di uno scavo continuo dentro di sé che assume spesso i
caratteri dell'autoanalisi, e che si fonda sulla certezza di arrivare
proprio attraverso la scrittura al dominio razionale della realtà,
anche della più sfuggente e dolorosa, e di poter essere utile agli
altri {individuati soprattutto nei figli e nei discendenti)
attraverso gli insegnamenti deducibili dalla sua esperienza. Non è
un caso che in questo clima culturale e ideale si sia formato il
Manzoni.
Oggi, dopo un imponente
sviluppo di studi specifici che hanno notevolmente ampliato i confini
della storia letteraria e dotato la critica di nuovi raffinati
strumenti di analisi, avvertiamo il bisogno di nuove intese
complessive e di nuove monografie. Ma dalla valorizzazione di tutto
il materiale a nostra disposizione (e in gran parte ancora inedito)
viene anche lo stimolo ad una ripresa del genere della biografia, non
più intesa come somma di piccoli particolari fini a stessi, ma come
strumento per penetrare a fondo nella conoscenza della struttura
umana e intellettuale degli autori, attraverso un coinvolgimento
diretto del lettore, conquistato dalla freschezza dei documenti
esaltata da una tecnica narrativa che sa evitare gli scogli opposti
dell'erudizione arida e della biografia romanzata. E sono gli autori
stessi che ci hanno indirizzato su questa strada. Almeno fino al
momento in cui, con l'avvento di altri mezzi di comunicazione, il
genere epistolare si è rapidamente estinto ed ha lasciato il posto
ad altre forme di documentazione (l'intervista, il monologo
registrato, l'autobiografia già pensata per un vasto pubblico,
ecc.), che richiederanno altri strumenti di analisi e di
decantazione.
Rinascita, 27 maggio 1983
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