6.4.16

Epistolari d'autore. Le Vite scritte da essi (Gennaro Barbarisi)

Vittorio Alfieri
L’«intimità» dei grandi scrittori è stata a lungo materia riservata a un settore particolare e marginale degli studi storico-letterari, considerata più volentieri oggetto di indiscrezione o pretesto di dissacrazione che non parte integrante della conoscenza delle personalità più celebrate e del loro rapporto col proprio tempo. Se da un lato alla diffidenza della critica hanno contribuito anche alcuni confidenti di queste stesse personalità, autori di non serene memorie (per limitarci ai casi più noti, basti ricordare gli sferzanti giudizi del Pecchio sugli amori del Foscolo, l'insistenza del Ranieri sulle debolezze del Leopardi, la sottile ambiguità del ritratto manzoniano del Tommaseo), dall’altro è alla cultura idealistica che si deve il disinteresse se non il disprezzo per tutto ciò che della vita di un artista non sia « sublimato » nella sua opera. Certo è che la pubblicazione di numerosi carteggi di scrittori dai '700 in poi ha contribuito sensibilmente — al di là dell’individuazione del genere — all’ampliamento degli studi, e non tanto nella direzione del biografismo di stampo positivistico o dello psicologismo (la stessa psicoanalisi non ha ancora prodotto che risultati circoscritti, per molti aspetti sperimentali), quanto proprio sul terreno della conoscenza della cultura, della poetica, dell’ideologia, delle passioni dei vari autori, fino a diventare in molti casi le lettere strumento indispensabile alla comprensione delle opere originali, quando addirittura non è possibile riconoscere in esse i risultati anche letterariamente più validi di singoli scrittori.
Si tratta senza dubbio di scritture singolari, sollevate come sono da ogni vincolo con la tradizione (anche se ovviamente essa è sempre presente) e da ogni problema di rapporto con un pubblico determinato che non sia il diretto destinatario, l'interlocutore immediato che con la sua presenza ideale sollecita la confidenza: a differenza degli epistolari classici (a cominciare da quello del Petrarca) composti e ordinati avendo l’occhio alla posterità, questi scritti esclusivamente privati, per il loro carattere di spontaneità e autenticità, costituiscono altrettanti documenti insostituibili della vita intima e sociale dell’autore. Si pensi al grado di verità avvertibile nelle lettere dell’Alfieri (di cui ha da poco concluso l’edizione pregevole Lanfranco Caretti), che affiancate ai «Giornali» e ad altre prose d'introspezione rivelano (come da anni ha dimostrato Walter Binni) una personalità più complessa e tormentata di quanto non faccia sospettare la stessa Vita; ma si pensi anche al bellissimo epistolario del Foscolo, che soprattutto negli anni giovanili denota un intreccio continuo fra letteratura e vita, che, se per molti aspetti fa pensare a un continuo autoritratto costruito sulla trama dell’Ortis, per altri lascia scoprire quanta esperienza di vita concreta alimentasse le pagine del romanzo e degli scritti politici e critici; per non parlare degli esempi più noti del Leopardi e del Manzoni, che in questa forma immediata di comunicazione riflettono, fra le molte altre cose, la tensione di una costante ricerca della verità.
Ma questi caratteri moderni della lettera familiare nascono nel nostro Settecento, e in particolare nel Settecento antiaccademico, aperto alla grande cultura europea, fiducioso nella possibilità di costruire con la volontà e la ragione la pubblica e la privata felicità, i cui presupposti si fondano innanzi tutto sulla conoscenza di se stessi. Il materiale che ancora resta da esaminare (e da salvaguardare) in questo campo è immenso. Anche se da ogni autore, si può dire, si ricavano elementi di rilievo, da Metastasio a Goldoni, da Gozzi a Baretti, e via dicendo, io ritengo non vi sia forse nulla di più significativo dell’esperienza dei fratelli Verri. In particolare di Pietro, che non solo riversò tutto se stesso nelle lettere ad Alessandro, ma arrivò a scegliere la lettera-memoria come la forma a lui più congeniale per esercitare la riflessione sugli eventi più rilevatiti della propria vita privata, così come della vita militare, politica, economica. A ben guardare, la sua produzione consiste in gran parte in lettere e memorie, conservate gelosamente (come il carteggio con Alessandro fatto trascrivere dalla prima all'ultima parola), non con l’intento di giungere a una impensabile pubblicazione, ma soltanto per conservare materialmente la testimonianza di una faticosa ricerca, di uno scavo continuo dentro di sé che assume spesso i caratteri dell'autoanalisi, e che si fonda sulla certezza di arrivare proprio attraverso la scrittura al dominio razionale della realtà, anche della più sfuggente e dolorosa, e di poter essere utile agli altri {individuati soprattutto nei figli e nei discendenti) attraverso gli insegnamenti deducibili dalla sua esperienza. Non è un caso che in questo clima culturale e ideale si sia formato il Manzoni.
Oggi, dopo un imponente sviluppo di studi specifici che hanno notevolmente ampliato i confini della storia letteraria e dotato la critica di nuovi raffinati strumenti di analisi, avvertiamo il bisogno di nuove intese complessive e di nuove monografie. Ma dalla valorizzazione di tutto il materiale a nostra disposizione (e in gran parte ancora inedito) viene anche lo stimolo ad una ripresa del genere della biografia, non più intesa come somma di piccoli particolari fini a stessi, ma come strumento per penetrare a fondo nella conoscenza della struttura umana e intellettuale degli autori, attraverso un coinvolgimento diretto del lettore, conquistato dalla freschezza dei documenti esaltata da una tecnica narrativa che sa evitare gli scogli opposti dell'erudizione arida e della biografia romanzata. E sono gli autori stessi che ci hanno indirizzato su questa strada. Almeno fino al momento in cui, con l'avvento di altri mezzi di comunicazione, il genere epistolare si è rapidamente estinto ed ha lasciato il posto ad altre forme di documentazione (l'intervista, il monologo registrato, l'autobiografia già pensata per un vasto pubblico, ecc.), che richiederanno altri strumenti di analisi e di decantazione.


Rinascita, 27 maggio 1983

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