5.4.16

Conoscenza (S.L.L.)

Papavero a Marsala
Nel mio giorno di permanenza a Marsala da "turista per caso" ho incontrato nel tratto di strada tra Porta Garibaldi e il mare due signore sotto i quaranta e ho ascoltato un brandello della loro conversazione.
L'abbigliamento povero ed esuberante, la loquela molto vernacolare, il tono della voce, i modi sregolati, in altri tempi avrebbero indotto a classificarle, secondo la tassonomia veteromarxista, come due "lumpen", espressione di quel mondo marginale ove allignano prostituzione, microcriminalità e analoghi malanni, spesso compagni della miseria e dell'ignoranza.
Parlava soprattutto una, con rabbia, della propria figlia. Dichiarava di non averle mai fatto da ruffiana, proclamava di aver spesso abbottonato la camicetta che la ragazza lasciava aperta per mostrare non so quale ben di dio, ma soprattutto ne accusava l'ingenuità o forse la libertà. Infatti ripeteva: "Si lu carusu ti canusciu lu sticchiu, nun l'ha lassari jri" ("Se il ragazzo ti ha conosciuto la figa, non devi lasciarlo scappare").
Non mi spiaceva l'immagine che connetteva alla cruda volgarità di "lu sticchiu" le risonanze metaforiche della conoscenza. Mi immaginavo una sorta di presentazione tra "lu carusu" e l'organo personificato, come in certi "favolelli" medievali o nei "Gioielli indiscreti" di Diderot. Non mi ripugnava quel parlare, che aveva l'aria di conservare e comunicare nella degradazione l'innocente incoscienza sottoproletaria cara a Pasolini, ma la mia simpatia andava alla ragazza a cui non bastava che un ragazzo le avesse conosciuto "lu sticchiu" per farne il proprio compagno di vita.

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