Traggo il brano qui "postato" da un libro sul Sessantotto e sul gran putiferio che
in Italia ne seguì e durò all'incirca un decennio pubblicato nel 1988. Libro davvero bello. Ce sono
stati certamente, nel tempo,di più “scientifici”, libri in cui circolava, probabilmente, una maggiore capacità di interpretazione,
astrazione e generalizzazione. Ma neppure in quelli memorialistici ho
rintracciato altrettanta simpateticità, altrettanta capacità di trovare un punto di
vista interno (penso alle foto di Tano D'Amico) rispetto a questo di Nanni Balestrini, un poeta d'avanguardia che veniva dai
Novissimi e dal Gruppo 63, e di Primo Moroni, agitatore culturale e
libraio nella Milano del "movimento".
Il brano racconta un passaggio importante di storia sociale: siamo ancora alla vigilia del Sessantotto, al primo emergere del “problema dei giovani” e al suo esprimersi attraverso nuove musiche e nuove parole. (S.L.L.)
Il brano racconta un passaggio importante di storia sociale: siamo ancora alla vigilia del Sessantotto, al primo emergere del “problema dei giovani” e al suo esprimersi attraverso nuove musiche e nuove parole. (S.L.L.)
I giovani di gran parte
del mondo occidentale (tedeschi, inglesi, italiani, olandesi,
americani) avevano, per la prima volta nel dopoguerra, la percezione
di essere qualche cosa di speciale, una specie di "classe
generale generazionale" dotata di una cultura profondamente
critica dello stato di cose presente. Nelle loro letture c'erano più
Sartre e Camus che non Marx e Lenin, il loro vissuto quotidiano era
dominato da una inquieta ricerca di sbocchi, culture e pratiche di
vita comune.
I giovani in Italia
(negli Stati Uniti il problema si era posto fin dall'inizio degli
anni cinquanta) diventano un "problema", seguito con
continua e un po' patetica apprensione da sociologi più o meno
interessati. La società così come è organizzata comincia a
diventare una camicia troppo stretta.
Il sistema dei partiti
gioca con il centrosinistra la carta delle blande riforme (l'unica
che avrà esiti rilevanti, molto al di là delle intenzioni dei
legislatori, è quella della scuola media unificata che favorisce il
contatto tra i figli della borghesia e quelli degli operai) e della
dilatazione dei consumi. Ma una società delle merci e del
"benessere" che occulta gli squilibri e le ingiustizie non
può che essere vissuta come intollerabile e falsa. Si sente un
diffuso bisogno di "grandi ideali" che giustifichino il
senso dell'esistenza, unito al rifiuto di tutti i modelli di vita che
vengono proposti. Cominciano a diffondersi le prime forme di
autogestione del vissuto quotidiano. Nascono i primi "complessi
musicali" fuori dai grandi circuiti commerciali, come l'Equipe
84 e i Rokes. La canzone dei Nomadi Dio è morto (parole e
musica di Francesco Guccini) viene censurata dalla Rai.
Ho visto la gente
della mia età andare via
lungo le strade che
non portano mai a niente
cercare il sogno che
conduce alla pazzia
nella ricerca di
qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già
lungo le notti che dal
vino son bagnate
dentro alle stanze da
pastiglie trasformate
dentro alle nuvole di
fumo, nel mondo fatto di città,
essere contro od
ingoiare la nostra stanca civiltà
e un Dio che è morto
ai bordi delle strade
Dio è morto
nelle auto prese a
rate Dio è morto
nei miti dell'estate
Dio è morto.
Mi han detto
che questa mia
generazione ormai non crede
in ciò che spesso han
mascherato con la fede,
nei miti eterni della
patria o dell'eroe
perché è venuto
ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità
le fedi fatte di
abitudini e paura una politica che è solo far carriera
il perbenismo
interessato, la dignità fatta di vuoto,
l'ipocrisia di chi sta
sempre con la ragione e mai col torto
e un Dio che è morto
nei campi di sterminio
Dio è morto
coi miti della razza
Dio è morto
con gli odi di partito
Dio è morto.
Io penso che questa
mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a
una speranza appena nata
ad un futuro che ha
già in mano, a una rivolta senza armi
perché noi tutti
ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge
in ciò che noi
crediamo Dio è risorto
in ciò che noi
vogliamo Dio è risorto
nel mondo che vogliamo
Dio è risorto,
Dio è risorto.
Certo, i nuovi complessi
traggono ispirazione da equivalenti modelli di importazione
anglosassone, ma esprimono anche un'autentica vena originale e
interpretano spontaneamente la dimensione esistenziale della
condizione giovanile. Si può dire che nasce allora la cultura
musicale come strumento di comunicazione politico-culturale. Una
tendenza che opererà una modificazione rivoluzionaria e
irreversibile nell'industria discografica ma anche nella pratica
quotidiana.
In effetti anche nel
campo della "nuova musica" il caso Italia si differenzia da
altre nazioni. C'era stata una rottura alla fine degli anni
cinquanta. L'apparizione sulla scena di cantanti come Mina,
Celentano, e per alcuni versi Modugno, aveva inferto un serio colpo
alla tradizione melodica di derivazione napoletana. "Ritmi
diversi, trascinanti, appoggiati su testi nuovi, modellati sul nuovo
feeling di importazione americana e privi quasi sempre delle
angosciose tematiche d'amore. L'importazione del rock'n'roll
era per l'Italietta del boom economico quello che era stato il boogie
per la generazione del dopoguerra: un veicolo per evadere dalla
realtà di tutti i giorni in un'illusione di rivolta magari solo
contro le strutture ufficiali del ritmo e delle liriche [...]"
(dal Libro bianco sul pop in Italia, Arcana, 1976).
In realtà l'esplosione
del rock negli Usa poteva essere riportata alla tendenza tipica di
quella società, a una dinamica in cui le crisi vengono spesso
incanalate e spostate in altri settori. "Così che eventi
drammatici come il maccartismo, la Guerra di Corea vengono spostati
nei binari stretti di una pura contrapposizione generazionale e
infine placati con i miti (James Dean, Elvis Presley) e i riti (il
rock, la moto, i giacconi) e dunque riciclati a vantaggio del mercato
una volta di più. In Italia invece il rock'n'roll non attecchisce
come strumento di pacificazione, non riesce (come già era successo
per i film) a svolgere un efficace compito di colonizzazione. Di
fatto è l'ideologia, che al rock'n'roll si accompagna in America,
che in Italia non passa. Non solo infatti la povertà di fatto dei
giovani italiani impedirà sia le moto che i più modesti giacconi,
ma sarà la sublimazione della violenza sociale a non trovare
spazio.Le condizioni di scontro sociale in Italia sono altra cosa e
hanno altre memorie ancora viventi se rapportate al dominio
totalizzante dei mass media americani. Inoltre il regime
democristiano non è ideologicamente puntellato come quello americano
da secoli di filosofia patriottico-interclassista" (dal Libro
bianco ecc.).
Di fatto il rock in
Italia assume sempre più significati di diversità e di rivolta e
nelle sue versioni nazionali radicalizza e interpreta reali esigenze
di identità e ribellione. Francesco Guccini, uno degli epigoni di
Bob Dylan in Italia, è sicuramente un personaggio vero e
affascinante, un punto fermo della ricerca "in lingua" di
una via originale e densa di spessori culturali e politici da
contrapporre alla colonizzazione esterofila.
Ma anche gruppi di
piccola durata hanno espresso in modo fulminante e immediato stati
d'animo e nuova condizione giovanile. E' sicuramente il caso di
complessi come I Corvi e The Rokes.
(I Corvi).
Io sono quel che sono
non faccio la vita che
fai
io vivo ai margini
della città
non vivo come te
Io sono un poco di
buono
lasciami in pace
perché
sono un ragazzo di
strada
e tu ti prendi gioco
di me
Tu sei di un altro
mondo
hai tutto quello che
vuoi
conosco quel che vale
una ragazza come te
Io sono
un poco di buono
lasciami
in pace perché
sono un
ragazzo di strada
e tu ti
prendi gioco di me
Tu sei di un altro
mondo
hai tutto quello che
vuoi
conosco quel che vale
una ragazza come te
Io sono
un poco di buono
lasciami
in pace perché
sono un
ragazzo di strada
e tu ti
prendi gioco di me
sono un
ragazzo di strada
e tu ti
prendi gioco di me ecc.
E' la pioggia che va
(The Rokes)
Sotto una montagna di
paure e di ambizioni
c'è nascosto qualche
cosa che non muore.
Se cercate in ogni
sguardo, dietro un muro di cartone
troverete tanta luce e
tanto amore.
Il mondo ormai sta
cambiando
e cambierà di più.
Ma non vedete nel
cielo
quelle macchie di
azzurro, di blu.
E la pioggia che va
e ritorna il sereno.
Se non ci crederemo e
non ci arrenderemo
vedrete, un nuovo sole
sorgerà.
Quante volte ci hanno
detto, sorridendo tristemente
le speranze dei
ragazzisono fumo.
Sono stanchi di
lottare e non credono più a niente
proprio adesso che la
meta è qui vicino.
Ma noi che stiamo
correndo
avanzeremo di più.
Ma non vedete che il
cielo
ogni giorno diventa
più blu.
E la pioggia che va e
ritorna il sereno.
Se non ci arresteremo,
se uniti noi staremo
molto presto un nuovo
sole sorgerà.
Non importa se
qualcuno sul cammino della vita
sarà preda dei
fantasmi del passato.
Il denaro e il potere
sono trappole mortali
che per tanto e tanto
tempo han funzionato.
Noi non vogliamo
cadere
non possiamo cadere
più in giù.
Ma non vedete nel
cielo
quelle macchie di
azzurro, di blu.
E la pioggia che va e
ritorna il sereno.
E col tempo sopra il
mondo
come il sole del
mattino, un amore universale sorgerà.
Ma c'è anche il bisogno
di sottolineare la propria "diversità", di esibirla con
orgoglio: i capelli lunghi, i jeans, le minigonne, gli indumenti di
tipo militare opportunamente modificati per ridicolizzare i simboli
dell'autorità sono tutti segnali di rivolta e di rifiuto del
perbenismo e delle regole scritte. Quella che molti anni dopo
parlando dei punk, i sociologi definiranno "la rivolta dello
stile", ha le sue lontane origini in quegli anni. Il rigetto
così improvviso degli standard di costume provoca, com'è ovvio,
reazioni contrastanti a partire dalla famiglia e dal mondo della
scuola (all'inizio molti giovani, non potendo portare i capelli
lunghi né in famiglia né a scuola, optano per delle parrucche che
tolgono e mettono prima di entrare e uscire dalle due istituzioni).
Ma il processo è ormai
innescato, e da queste prime scelte di tipo simbolico si passa
rapidamente alla critica di tutte le istituzioni. A partire dalla più
prossima e individuale che è la famiglia. Inizia così il fenomeno
delle "fughe" dall'autorità dei genitori, anche se si
tratta di "fughe" che coesistono conflittualmente
nell'ambito familiare.
Altre fughe, con funzione
di avanguardia, si dirigono verso il fascino della metropoli, alla
ricerca di esperienze diverse. Minoranze intelligenti cominciano a
praticare la "cultura del viaggio", in Olanda dove ci sono
i provos (che si ispirano ai beat e agli hippies
americani), in Inghilterra che è il punto di riferimento della
rivolta giovanile. Quando tornano riportano giornali controculturali,
dischi, abbigliamenti e la pratica dell'uso di droghe leggere
(all'inizio quasi esclusivamente marijuana) come dilatazione della
sensibilità.
Nel rapporto tra i sessi
si comincia a mettere in discussione, sia pure in modo confuso, la
cultura del maschile e del femminile - in questo campo le ragazze
sono, com'è ovvio, molto più impegnate - e un prodotto tutto
italiano come Patty Pravo (amatissima cantante del Piper di Roma) con
la sua spregiudicatezza diventa il simbolo dell'emancipazione ma
anche dell'inquietudine giovanile.
La sua canzone "Ragazzo
triste" centra molte emozioni reali.
Ragazzo triste
Ragazzo triste come me
ah, ah
che sogni sempre come
me ah, ah
non c'è nessuno che
ti aspetta mai
perché non sanno come
sei.
Ragazzo triste sono
uguale a te:
a volte piango e non
so perché.
Altri son soli come me
eh, eh
ma un giorno spero
cambierà.
Nessuno può star solo
non deve stare solo.
Quando si è giovani
così
dobbiamo stare insieme
parlare tra di noi,
scoprire il mondo che
ci ospiterà.
Ragazzo triste come me
ah, ah
che sogni sempre come
me ah, ah
altri son soli come
noi ah, ah
ma un giorno spero
cambierà, vedrai... vedrai...
Non dobbiamo stare
soli mai.
Non dobbiamo stare
soli mai.
Non dobbiamo stare
soli mai.
Da
L'Orda d'Oro, SugarCo Edizioni, 1988
Nessun commento:
Posta un commento