Sembra
un funerale. Di quelli laici, senza tensione, in cui, uno dopo
l'altro, i sopravvissuti raccontano il morto dal proprio punto di
vista e quasi sempre propongono uno squarcio, un aneddoto, una
storiella, che ne documenti la natura e ne fissi il carattere. E' la
cerimonia conclusiva dell'encuentro,
la festa perugina della letteratura in lingua spagnola, che si svolge
il 10 maggio alla Sala dei Notari, mentre in altre sale della città
si festeggia la mamma. Vi partecipano alcuni degli scrittori che sono
stati ospiti della festa.
Il
titolo sulle locandine è Omaggio a Gabriel Garçia Marquez
– Lo scrittore e il giornalista;
ma è dal rapporto di ciascuno
con Gabo e le sue opere (soprattutto con i Cent'anni di
solitudine) che si parte.
Comincia
l'italiano Arpaia che fa discendere da quella lettura la scelta di
vivere di letteratura, di libri propri, di consulenze editoriali.
Conquista poi la scena Paco Ignacio Taibo II, il messicano che ama
Salgari, figlio d'arte e autore della bella biografia del Che che ne
valorizza la tenerezza: con Marquez ebbe rapporti fin da bambino e ne
rammenta persino le mangiate. Altri raccontano della resistenza dello
scrittore, negli ultimi anni di vita, alla malattia che ne
distruggeva la memoria. Uno dice di quando Mitterand, appena eletto
all'Eliseo, al pranzo di gala per l'insediamento mette l'uno accanto
all'altra Gabo e Margaret Thathcher, la lady di ferro ch'era già
primo ministro. Costei chiede al suo vicino cosa faccia di preciso
nella vita e Marquez risponde: “Io lo scrittore. E Lei?”.
Una
storia curiosa racconta la Grandes, cui nel maggio 2005, per la sua
festa di compleanno, un cantante, amico comune, regala la presenza a
sorpresa dello scrittore, un vero e proprio mito, chiedendo che però
non lo si soffochi con gli eccessi di ammirazione e di attenzione.
L'operazione- discrezione riesce benissimo. La scrittrice ascolterà
l'indomani dalla sua “editora” Beatriz de Moura il commento di
Marquez, felicissimo di aver partecipato alla festa: “Sono tanti
anni che non vado in un posto in cui facciano così poco caso a me”.
Nell'omaggio
della Sala dei Notari trova spazio l'attenzione di Gabo al
giornalismo. Marquez non solo lo praticò, ma istituì a sue spese
una Fondazione per migliorare la qualità dei facitori di gazzette e
telegiornali. Non manca qualche spunto critico: è ora di leggere
Marquez e i Cento anni fuori
dall'abusata categoria del realismo magico, dice più d'uno
giustamente, e di ritradurre le opere dello scrittore colombiano,
giacché nelle versioni italiane correnti si avverte troppo spesso un
lessico aulico, assai lontano da quello di uno scrittore che
pretendeva di essere compreso anche dai tassisti e spesso ci
riusciva.
In
verità l'omaggio più significativo a Garçia Marquez nei tre giorni
ispanici di Perugia
non è arrivato alla fine, ma all'inizio, venerdì 8, quando
all'Umbrò Taibo II e Jorge Volpi hanno risposto alle domande di due
classi scolastiche, una del Liceo classico, una di un Liceo
Scientifico. Quei ragazzi sembravano molto interessati, oltre che ben
preparati dai loro insegnanti con la collaborazione di encuentro.
I due scrittori hanno spiegato
come Marquez e altri scrittori del cosiddetto “boom”
latino-americano abbiano pesato, in positivo e in negativo, sulle
generazioni letterarie che li hanno seguiti: “In America Latina era
come avere viventi Omero e Dante. Quei grandi avevano dato valore al
nostro lavoro di autori, ma lo condizionavano fortemente. Da noi
tutti pretendevano un realismo magico, che
forse non c'era neanche in Gabo e a maggior ragione non c'era negli
altri scrittori che arbitrariamente a lui si accostavano attraverso
l'etichetta del boom”, i Fuente, gli Onetti, i Vargas Llosa. Volpi
racconta come per contrastare il “boom” insieme ad altri amici
scrittori messicani e cileni avesse fondato negli anni 90 del
Novecento il “crac”, onde segnalare una netta frattura con il
passato.
Inevitabilmente, chiacchierando con i ragazzi, Volpi e Taibo II arrivano al tema dell'impegno politico in Garçia Marquez e nella letteratura latino-americana. Jorge Volpi, che è nato nel 1968, spiega come la sua generazione di scrittori, come pure quella ancora più giovane, non abbiano esperienza della militanza totalizzante dei predecessori. Taibo è del 1949; perciò, dopo un elogio dell'utopia, si mette a parlare del Che, del suo amore per Salgari, del libretto verde che portò seco nella guerriglia boliviana ove aveva copiato a mano le poesie preferite. L'autore di Senza perdere la tenerezza avanza un'ipotesi ardita, che nell'America latina, accanto alla sinistra pura e dura che non ama romanzi e poesie, ce ne sia stata e sia viva e operosa un'altra, più forte, che, meno influenzata dalla stalinistica diffidenza verso intellettuali e letterati, va a fare la rivoluzione portandosi appresso i libri del cuore e partecipa alla lotta per la giustizia sociale con quel qualcosa in più che solo la letteratura può dare.
Inevitabilmente, chiacchierando con i ragazzi, Volpi e Taibo II arrivano al tema dell'impegno politico in Garçia Marquez e nella letteratura latino-americana. Jorge Volpi, che è nato nel 1968, spiega come la sua generazione di scrittori, come pure quella ancora più giovane, non abbiano esperienza della militanza totalizzante dei predecessori. Taibo è del 1949; perciò, dopo un elogio dell'utopia, si mette a parlare del Che, del suo amore per Salgari, del libretto verde che portò seco nella guerriglia boliviana ove aveva copiato a mano le poesie preferite. L'autore di Senza perdere la tenerezza avanza un'ipotesi ardita, che nell'America latina, accanto alla sinistra pura e dura che non ama romanzi e poesie, ce ne sia stata e sia viva e operosa un'altra, più forte, che, meno influenzata dalla stalinistica diffidenza verso intellettuali e letterati, va a fare la rivoluzione portandosi appresso i libri del cuore e partecipa alla lotta per la giustizia sociale con quel qualcosa in più che solo la letteratura può dare.
micropolis, maggio 2015
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