Leonardo Sciascia |
Ieri sera, mentre intorno a me si
parlava di squallide cose e io, pur ascoltando, altre ne pensavo di
dolorose, improvvisamente ho sentito dentro al petto come uno
svolazzo, una fuga: che il cuore si fosse aperto un varco e
sfrecciasse in un volo alto, lontano. Una «mancanza», a
preferenza del Tommaseo; un «mancamento», a più invalso uso. E
propriamente tutto che avevo intorno mi era venuto di colpo a
mancare; o io ero venuto a mancare nella percezione di quel che avevo
intorno. Le voci divennero un ronzio e poi si spensero, le persone e
gli oggetti si appiattirono come su una parete opalescente e in essa
si sciolsero. Ma tutto per un momento mi fu chiaro e tutto era senza
dolore. Poi avvertii un piccolo tonfo, e che il varco si richiudeva.
Tornò il ronzio, tornarono le voci. Tornò lo squallido discorso. Mi
tornarono i dolorosi pensieri. (Sto tentando, scrivendo, di rivivere
e dilatare quel momento di felicità. Non ci riesco. E ne è prova la
parola assolutamente inadeguata in cui non avrei dovuto imbattermi e
abbattermi: la parola felicità).
Nero su nero, Einaudi, 1979
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