7.7.15

Letteratura in lingua spagnola. “Encuentro” a Perugia (S.L.L.)

Lo scrittore messicano Jorge Volpi
Non sempre “piccolo è bello”. A volte le dimensioni e i costi ridotti s'accompagnano a gracilità e fragilità. Ma per “encuentro”, la festa delle letterature in lingua spagnola svoltasi nel centro storico di Perugia tra l'8 e il 10 maggio 2015 lo slogan appare appropriato. Tanto più che la città è sede di altri eventi cultural-festivalieri in cui la moltiplicazione delle location e degli appuntamenti e la loro sovrapposizione crea insieme confusione e appiattimento, per cui a vincerla è quasi sempre l'effimero, e cioè i personaggi del momento e i temi di moda, pompati dal sistema mediatico. Encuentro nella formula attuale è alla seconda edizione e ne è cuore l'omonima associazione, che eredita una più lunga attività di promozione volontaria delle letterature ispaniche da parte del gruppo di intellettuali perugini che l'ha costituita ed organizza il festival con il concorso dell'Arci e di molti altri soggetti pubblici e privati. Dirige il festival Santiago Gamboa, un romanziere dai tanti viaggi e dalle tante basi, tra le quali Roma, autore di eccellenti “gialli della globalizzazione”, ambientati prevalentemente a Bogotà, la metropoli colombiana in cui è nato e cresciuto. Dal più noto, Perdere è una questione di metodo, è stato tratto un film di successo.
La formula include alcune occasioni dedicate alle relazioni della letteratura con altre tipologie di comunicazione, come la musica e la canzone, la fiction cinematografica e televisiva, la fotografia, il giornalismo; l'intento è tuttavia di concentrare l'attenzione sulla letteratura, cioè sullo scrivere e sul leggere testi letterariamente costruiti. Alcuni appuntamenti sono incontri con gli scrittori presenti a Perugia, invitati a parlare dei loro libri e del loro lavoro; in altri gli scrittori si confrontano con lettori, specialisti e non, su problemi relativi al loro mestiere o su impegnative tematiche culturali e sociali. A un classico della letteratura ispanica (quest'anno Gabriel Garçia Marquez), scelto come una sorta di nume tutelare, sono dedicati l'intero festival e alcuni incontri, tra cui l'omaggio collettivo e conclusivo nella sede più prestigiosa, la Sala dei Notari.
Diverse ed eterogenee sono le location, i Notari appunto, il Teatro Morlacchi, l'Università per Stranieri, i piccoli cinema, Zenith, Mélies e Postmodernissimo, e il nuovissimo Umbrò, sulle scalette di Sant'Ercolano, le cui finestrelle aprono squarci verso il suggestivo paesaggio che circonda il Subasio e in cui l'esposizione dei libri si integra con l'apparato, brillante perché mai adoperato, di cucine e griglie e similari, che fa sognare i ghiottoni. In tutto una quindicina di incontri, che gli appassionati, soprattutto studenti, hanno potuto seguire dal primo all'ultimo, quasi tutti con sale piene e pubblico assai attento.
Tra gli scrittori invitati, quasi tutti prestigiosi, c'è stata una prevalenza di americani rispetto agli europei, mentre mancavano gli asiatici. Gioca il fatto che nell'America latina si concentrano le più grandi moltitudini di ispanofoni, ma ancor più l'impressione, diffusa, che da quel subcontinente, percorso da drammatiche contraddizioni, provengano per tutto il mondo grandi speranze di cambiamento, in direzione della giustizia sociale.
A presentare i loro nuovi romanzi sono stati il cubano Leonardo Padura Fuentes, il messicano Jorge Volpi e lo spagnolo Enrique Vila-Matas. Del primo il libro più famoso, L'uomo che amava i cani, affrontava e in qualche modo collegava le speranze e i fallimenti della rivoluzione russa con quelli della rivoluzione cubana anche attraverso la rievocazione di Trotzki e del suo assassinio; il più recente, quello di cui si ragiona, Eretici, ha come protagonista il suo detective, il tenente Conde, e come punto di partenza l'arrivo e lo sbarco negato a l'Avana di una nave con 900 ebrei in fuga dalla Gemania nazista. Un thriller in forma di autobiografia immaginaria è il Memoriale dell'inganno di Jorge Volpi, che ha come oggetto la grande finanza a partire dal fallimento della Lehman Brothers.
Di Vila-Matas Sellerio aveva tradotto nel 1989 una Storia abbreviata della letteratura portatile, un testo sconvolgente e lunatico sulle avanguardie. Adesso l'autore si produce in Kassel non invita alla logica che promette ai lettori - nel quadro di una sorta di “fantaarte” - vagabondaggi e utopiche euforie. Dell'insieme del suo lavoro ha parlato invece la madrilena Almudena Grandes: aveva esordito quasi trentenne nel 1989 con Le età di Lulù, il suo più grande successo poi rilanciato dal film di Bigas Luna; ora sta rivisitando in una serie di romanzi la storia terribile della Guerra Civile e del franchismo.
Tra i dibattiti due sono risultati i più intriganti: uno aveva come titolo una domanda epocale (Dove va il mondo?), l'altro verteva sul giallo del XXI secolo e proponeva un altro interrogativo (E adesso chi è il cattivo?).
Alla prima domanda, com'era prevedibile, non sono arrivate risposte convincenti: non risparmia neanche gli scrittori l'età dell'incertezza in cui tutti viviamo, dopo la caduta ingloriosa dell'ultimo dei grandi racconti, l'ideologia del capitalismo trionfante nelle varianti neolib e neocons e l'inganno della fine della storia con il mito di un benessere che cresce e si espande (“e tutti vissero felici e contenti”). Al secondo quesito un abbozzo di risposta c'è. Taibo II e il nostro Lucarelli sembrano convenire con quanto lo storico Giuseppe Carlo Marino scrisse qualche anno fa in Globalmafia (Bompiani): il marcio si diffonde a partire dalla grande finanza dentro cui nuotano come pesci nell'acqua capitali e capitalisti che provengono direttamente dal crimine organizzato.
Resta da dire dell'omaggio a Garçia Marquez, ma ho preferito parlarne a parte, nell'apposito riquadro.

micropolis, 27 maggio 2015

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