Lo scrittore messicano Jorge Volpi |
Non sempre “piccolo è
bello”. A volte le dimensioni e i costi ridotti s'accompagnano a
gracilità e fragilità. Ma per “encuentro”, la festa
delle letterature in lingua spagnola svoltasi nel centro storico di
Perugia tra l'8 e il 10 maggio 2015 lo slogan appare appropriato.
Tanto più che la città è sede di altri eventi
cultural-festivalieri in cui la moltiplicazione delle location e
degli appuntamenti e la loro sovrapposizione crea insieme
confusione e appiattimento, per cui a vincerla è quasi sempre
l'effimero, e cioè i personaggi del momento e i temi di moda,
pompati dal sistema mediatico. Encuentro
nella formula attuale è alla seconda edizione e ne è cuore
l'omonima associazione, che eredita una più lunga attività di
promozione volontaria delle letterature ispaniche da parte del gruppo
di intellettuali perugini che l'ha costituita ed organizza il
festival con il concorso dell'Arci e di molti altri soggetti pubblici
e privati. Dirige il festival Santiago Gamboa, un romanziere dai
tanti viaggi e dalle tante basi, tra le quali Roma, autore di
eccellenti “gialli della globalizzazione”, ambientati
prevalentemente a Bogotà, la metropoli colombiana in cui è nato e
cresciuto. Dal più noto, Perdere è una questione di
metodo, è stato tratto un film
di successo.
La
formula include alcune occasioni dedicate alle relazioni della
letteratura con altre tipologie di comunicazione, come la musica e la
canzone, la fiction cinematografica
e televisiva, la fotografia, il giornalismo; l'intento è tuttavia
di concentrare l'attenzione sulla letteratura, cioè sullo scrivere e
sul leggere testi letterariamente costruiti. Alcuni appuntamenti sono
incontri con gli scrittori presenti a Perugia, invitati a parlare dei
loro libri e del loro lavoro; in altri gli scrittori si confrontano
con lettori, specialisti e non, su problemi relativi al loro mestiere
o su impegnative tematiche culturali e sociali. A un classico della
letteratura ispanica (quest'anno Gabriel Garçia Marquez), scelto
come una sorta di nume tutelare, sono dedicati l'intero festival e
alcuni incontri, tra cui l'omaggio collettivo e conclusivo nella sede
più prestigiosa, la Sala dei
Notari.
Diverse
ed eterogenee sono le location, i
Notari appunto, il Teatro Morlacchi, l'Università per Stranieri, i
piccoli cinema, Zenith, Mélies e Postmodernissimo, e il nuovissimo
Umbrò, sulle scalette di Sant'Ercolano, le cui finestrelle aprono
squarci verso il suggestivo paesaggio che circonda il Subasio e in
cui l'esposizione dei libri si integra con l'apparato, brillante
perché mai adoperato, di cucine e griglie e similari, che fa sognare
i ghiottoni. In tutto una quindicina di incontri, che gli
appassionati, soprattutto studenti, hanno potuto seguire dal primo
all'ultimo, quasi tutti con sale piene e pubblico assai attento.
Tra
gli scrittori invitati, quasi tutti prestigiosi, c'è stata una
prevalenza di americani rispetto agli europei, mentre mancavano gli
asiatici. Gioca il fatto che nell'America latina si concentrano le
più grandi moltitudini di ispanofoni, ma ancor più l'impressione,
diffusa, che da quel subcontinente, percorso da drammatiche
contraddizioni, provengano per tutto il mondo grandi speranze di
cambiamento, in direzione della giustizia sociale.
A
presentare i loro nuovi romanzi sono stati il cubano Leonardo Padura
Fuentes, il messicano Jorge Volpi e lo spagnolo Enrique Vila-Matas.
Del primo il libro più famoso, L'uomo che amava i cani,
affrontava e in qualche modo
collegava le speranze e i fallimenti della rivoluzione russa con
quelli della rivoluzione cubana anche attraverso la rievocazione di
Trotzki e del suo assassinio; il più recente, quello di cui si
ragiona, Eretici, ha
come protagonista il suo detective, il tenente Conde, e come punto di
partenza l'arrivo e lo sbarco negato a l'Avana di una nave con 900
ebrei in fuga dalla Gemania nazista. Un thriller in forma di
autobiografia immaginaria è il Memoriale dell'inganno di
Jorge Volpi, che ha come oggetto la grande finanza a partire dal
fallimento della Lehman Brothers.
Di
Vila-Matas Sellerio aveva tradotto nel 1989 una Storia
abbreviata della letteratura portatile, un
testo sconvolgente e lunatico sulle avanguardie. Adesso l'autore si
produce in Kassel non invita alla logica
che promette ai lettori - nel quadro di una sorta di “fantaarte”
- vagabondaggi e utopiche euforie. Dell'insieme del suo lavoro ha
parlato invece la madrilena Almudena Grandes: aveva esordito quasi
trentenne nel 1989 con Le età di Lulù, il
suo più grande successo poi rilanciato dal film di Bigas Luna; ora
sta rivisitando in una serie di romanzi la storia terribile della
Guerra Civile e del franchismo.
Tra
i dibattiti due sono risultati i più intriganti: uno aveva come
titolo una domanda epocale (Dove va il mondo?), l'altro
verteva sul giallo del XXI secolo e proponeva un altro interrogativo
(E adesso chi è il cattivo?).
Alla
prima domanda, com'era prevedibile, non sono arrivate risposte
convincenti: non risparmia neanche gli scrittori l'età
dell'incertezza in cui tutti viviamo, dopo la caduta ingloriosa
dell'ultimo dei grandi racconti, l'ideologia del capitalismo
trionfante nelle varianti neolib e neocons e l'inganno della fine
della storia con il mito di un benessere che cresce e si espande (“e
tutti vissero felici e contenti”). Al secondo quesito un abbozzo di
risposta c'è. Taibo II e il nostro Lucarelli sembrano convenire con
quanto lo storico Giuseppe Carlo Marino scrisse qualche anno fa in
Globalmafia (Bompiani):
il marcio si diffonde a partire dalla grande finanza dentro cui
nuotano come pesci nell'acqua capitali e capitalisti che provengono
direttamente dal crimine organizzato.
Resta
da dire dell'omaggio a Garçia Marquez, ma ho preferito parlarne a
parte, nell'apposito riquadro.
micropolis, 27 maggio 2015
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