16.7.15

Umbrò Perugia. Sua Eccellenza si fermò a mangiare (S.L.L.)


Il “nome”, Umbrò con l'accento sulla o che somiglia a un apostrofo addormentato e su cui è stata costruita la campagna pubblicitaria di lancio, scimmiotta l'Expò. La “cosa” è forse una scimmiottatura di Eataly di Farinetti, per l'insistenza sulle eccellenze alimentari ed enogastronomiche del territorio che ne dovrebbero rappresentare l'identità. Insomma un Feuerbach imborghesito: “l'Umbria è ciò che mangia Sua Eccellenza”.
L'apertura ufficiale è arrivata il 20 giugno e a quanto si legge neppure Calzini, il presidente dell'ARCI di Perugia che promuove l'impresa, si aspettava tanta bella gente, 5000 persone con tanti giovani, si dice, ma i video della cerimonia sottolineano piuttosto la presenza massiccia di quarantenni di successo, se non altro nel look.
Cerchiamo di capire di che cosa esattamente si tratta. Sulla via Oberdan di Perugia, quasi in cima alle scalette di Sant'Ercolano, insistevano i locali di un antico ospedale, il cui nome era Santa Maria della Misericordia, che al tempo della sua fondazione, all'inizio del Trecento, era il più ampio della città, tanto da essere chiamato “Spedale Grande”. I locali disposti su tre piani davano sul parco del Pincetto non lontano da dove è oggi collocata la stazione del Minimetrò, donde è possibile osservare un panorama di grande fascino che comprende il Subasio e l'ubertosa pianura circostante. Secondo il racconto che fa l'ARCI, il Comune che dell'edificio è il proprietario e aveva già provveduto ad opere di consolidamento e sistemazione, cercava invano tra il 2008 e il 2009 degli imprenditori disponibili a un progetto per quello spazio pregiato, inserito tra le aree di valorizzazione commerciale. L'ARCI di Perugia, sul finire del 2008, anche in conseguenza di alcune iniziative economiche infelici della precedente gestione (Camerieri), aveva aveva affidato la responsabilità di presidente a Calzini: il nuovo gruppo dirigente progettava di rilanciare l'associazione anche attraverso la creazione di uno spazio innovativo al centro di Perugia. L'incontro tra le esigenze del Comune e quelle dell'Arci fu ostacolato da contenziosi e ritardi burocratici, ma nel 2012, anche grazie al sindaco Boccali che nell'Arci aveva iniziato la sua carriera al servizio del bene pubblico, fu firmata la convenzione e l'Associazione poté dare inizio, sul finire dell'anno, agli importanti lavori di adattamento e arredamento degli spazi.
L’investimento per realizzare Umbrò è stato rilevante: oltre due milioni di euro, di cui solo il 12 per cento proveniente da risorse pubbliche di sostegno ad attività commerciali nei centri storici. “ Tutto il resto – dicono con orgoglio i dirigenti – è stato finanziato attraverso risorse interne e ricorrendo al sistema creditizio che ha creduto nelle potenzialità del progetto. A fronte di questo nostro sforzo economico, e sulla base della convezione stipulata, gestiremo l'immobile per 15 anni dopodiché tornerà nella disponibilità del Comune di Perugia”.
L'attività gestionale è affidata ad una Cooperativa, affiliata all'Arci, che ha un nome che piacerebbe a Landini, “Officina sociale”.
Lo spazio, circa 900 metri quadrati al coperto più 2000 all'aperto, è così diviso. Sul piano più alto stanno il bar, la cucina bene in vista, i ristoranti (due nel progetto, di cui per ora solo uno in funzione), le sale coi tavoli, una sala conferenze. Al piano intermedio è prevista la collocazione di un supermercato. Da basso altre sale e l'apertura sull'esterno con un bar. A me sembra che integrazione tra le nuove esigenze mercantili e l'originaria struttura medievale sia riuscita. Una grandissima parte dei prodotti del market, come delle materie prime della ristorazione dovrebbe provenire dalla produzione regionale e a tale proposito è stata stipulata una convenzione con la Confederazione Italiana Agricoltori dell'Umbria. Sarà anche possibile scegliere personalmente i prodotti da farsi cucinare a vista.
L'impresa commerciale non nasconde grandi ambizioni, ma noi non sappiamo valutare se i gestori di Umbrò rispetteranno l'impegno di prezzi equi e se riusciranno, nel contempo, a far quadrare i conti e a pagare i debiti contratti. Tutto sembra studiato con attenzione, ma non sempre le cose vanno secondo le previsioni. Quello che tuttavia sembra mancare quasi del tutto è il progetto associativo e culturale. La socializzazione, che viene indicata come una delle finalità più importanti dell'iniziativa, è totalmente subordinata al consumo e non è dissimile da quella dei grandi centri commerciali. L'Arci insomma sembra totalmente rinunciare alla ricerca di rapporti interpersonali più autentici, di una solidarietà non retorica. E molte cose lasciano pensare che Umbrò non sarà molto accessibile a immigrati, lavoratori, studenti squattrinati.
Per quel che riguarda le attività culturali, che potrebbero spaziare dalle conferenze agli spettacoli musicali e alle performance teatrali, Umbrò non ha progettato nulla di preciso. Si descrive come contenitore aperto, si offre (non si sa bene se gratis o a pagamento) a tutti coloro che hanno da proporre qualcosa alla città. Il sospetto è che questa disponibilità, il foglio bianco ove si può scrivere quel che si vuole, sia conseguenza di una sottovalutazione, della convinzione che la cultura sia contorno o addirittura decorazione e che la polpa dell'operazione sia rappresentata dalle attività di compravendita nel settore del “magna e beve”. Perfino la libreria specializzata infatti, pur essendo i volumi d'arte e di gastronomia in vendita, sembra risentire del primato dei “gourmands”. I libri sono collocati qua e là per tutti gli spazi. “Libreria diffusa”, dicono. A noi sembra libreria dispersa.

micropolis, giugno 2015

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