Personaggi del Corrierino. A sinistra la Tordella e Capitan Cocoricò con Bibì e Bibò. A destra il trio di Manca: Sor Cipolla, Tamarindo e il Marchese |
L'articolista lamenta alcune assenze dall'antologia del centenario, dovute all'arbitraria cassazione degli ultimi decenni e di personaggi come la Pimpa di Altan. Ma anche lui nello scegliere compie alcuni peccati di omissione. Manca Sor Pampurio, per esempio, e mancano i personaggi di Giovanni Manca, Pier Lambicchi con la sua arcivernice magica e il trio del Marchese, Sor Cipolla e Tamarindo, che per le sue infelici trovate è sempre sull'orlo della disoccupazione: "Alla prima che mi fai, ti licenzio e tene vai". (S.L.L.)
Pier Lambicchi |
Si può riassumere la
vita del “Corriere dei Piccoli” in un unico volume? La risposta,
naturalmente, è no. Ma Il secolo del Corriere dei Piccoli
(Rizzoli, 2011)non ha in realtà questa pretesa. Come ben esplicitato
nell’introduzione, i due curatori Fabio Gadducci e Matteo
Stefanelli ci presentano un loro personale viaggio in questa rivista
per i più piccoli (ma che molti adulti leggevano non tanto di
nascosto) che ha segnato varie generazioni e la storia del Novecento
italiano. Il volume, riedito in questi giorni da Rizzoli, era uscito
originariamente per commemorare i 100 anni di questa straordinaria
rivista. L’antologia al momento dell’uscita aveva creato numerose
polemiche, soprattutto per le assenze di personaggi come la “Pimpa”
di Altan o di “Capitan Eco”, l’eroe ecologista nato dalla penna
del brasiliano Miguel Paiva. Saltare arbitrariamente tutta la
produzione successiva al 1972 è stata considerata da molti una vera
mancanza di rispetto per la storia della rivista. Dopo tre anni le
critiche che possono essere mosse al volume sono sempre le stesse.
Però le immagini e i testi del “Corriere dei Piccoli” riescono
da sole a mitigare tutte le manchevolezze segnalate dagli addetti ai
lavori. Avere il volume in mano è un piacere per gli occhi e un vero
balsamo per i ricordi. Sfogliando le pagine si ha la sensazione di un
lungo viaggio nel tempo. Come i giovani lettori di allora, ci
soffermiamo affascinati davanti agli articoli divulgativi (spesso
scritti da penne illustri, come quella di Grazia Deledda), ai
racconti e naturalmente ai fumetti. Anche se, è bene ricordarlo, il
fumetto ha avuto una vita assai travagliata nelle pagine del
corrierino.
Fino al 1961, infatti,
tutti i comics erano presenti solo nel formato a tavola intera senza
baloons. Ad accompagnare il disegno c’era spesso una
didascalia con versi a rima baciata. La presenza del fumetto in una
rivista con obiettivi pedagogici come il “Corriere dei Piccoli”
doveva essere controllata e mitigata. All’epoca il comics era
considerato, da più parti, diseducativo. Il pericolo che si temeva
allora era quello di disabituare alla lettura i più giovani. Per
questo molti fumetti stranieri, soprattutto statunitensi, furono
sottoposti a una rigida opera di riallineamento pedagogico. Niente
nuvolette, solo filastrocche a piè di pagina. Nonostante questa
diffidenza i fumetti, e questo è il paradosso, arrivarono in Italia
proprio grazie al “Corriere dei Piccoli”. Basti pensare ad
Arcibaldo e Petronilla (Bringing up father) o a Bibì Bobò e
il capitan Cocoricò (Katzenjammer Kids) o al tenero e piccolo
Fortunello (Happy Hooligan). Nutrita fu anche la produzione
nazionale. Personaggi surreali, sempre un po’ fuori dagli schemi.
C’era il piccolo africanino Bilbolbul (ideato da Attilio Mussino)
che si trasformava letteralmente nelle metafore lanciate dal suo
autore. Quindi diventava man mano rosso per la vergogna o verde dalla
rabbia. O quell'icona del Novecento che era il Signor Bonaventura,
personaggio di Sergio Tofano, che iniziava le sue storie con una
sventura e finiva sempre in bellezza ricevendo in premio il fatidico
assegno da un milione di lire. Un assegno che probabilmente rimane
oggi (in questi nostri lugubri tempi di crisi) come allora un sogno
irraggiungibile.
Il Fatto quotidiano, 16
dicembre 2011
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