6.7.15

Il secolo del “Corrierino” (Igiaba Scego)

Personaggi del Corrierino.
A sinistra la Tordella e Capitan Cocoricò con Bibì e Bibò.
A destra il trio di Manca: Sor Cipolla, Tamarindo e il Marchese
L'articolista lamenta alcune assenze dall'antologia del centenario, dovute all'arbitraria cassazione degli ultimi decenni e di personaggi come la Pimpa di Altan. Ma anche lui nello scegliere compie alcuni peccati di omissione. Manca Sor Pampurio, per esempio, e mancano i personaggi di Giovanni Manca, Pier Lambicchi con la sua arcivernice magica e il trio del Marchese, Sor Cipolla e Tamarindo, che per le sue infelici trovate è sempre sull'orlo della disoccupazione: "Alla prima che mi fai, ti licenzio e tene vai". (S.L.L.)
Pier Lambicchi
Si può riassumere la vita del “Corriere dei Piccoli” in un unico volume? La risposta, naturalmente, è no. Ma Il secolo del Corriere dei Piccoli (Rizzoli, 2011)non ha in realtà questa pretesa. Come ben esplicitato nell’introduzione, i due curatori Fabio Gadducci e Matteo Stefanelli ci presentano un loro personale viaggio in questa rivista per i più piccoli (ma che molti adulti leggevano non tanto di nascosto) che ha segnato varie generazioni e la storia del Novecento italiano. Il volume, riedito in questi giorni da Rizzoli, era uscito originariamente per commemorare i 100 anni di questa straordinaria rivista. L’antologia al momento dell’uscita aveva creato numerose polemiche, soprattutto per le assenze di personaggi come la “Pimpa” di Altan o di “Capitan Eco”, l’eroe ecologista nato dalla penna del brasiliano Miguel Paiva. Saltare arbitrariamente tutta la produzione successiva al 1972 è stata considerata da molti una vera mancanza di rispetto per la storia della rivista. Dopo tre anni le critiche che possono essere mosse al volume sono sempre le stesse. Però le immagini e i testi del “Corriere dei Piccoli” riescono da sole a mitigare tutte le manchevolezze segnalate dagli addetti ai lavori. Avere il volume in mano è un piacere per gli occhi e un vero balsamo per i ricordi. Sfogliando le pagine si ha la sensazione di un lungo viaggio nel tempo. Come i giovani lettori di allora, ci soffermiamo affascinati davanti agli articoli divulgativi (spesso scritti da penne illustri, come quella di Grazia Deledda), ai racconti e naturalmente ai fumetti. Anche se, è bene ricordarlo, il fumetto ha avuto una vita assai travagliata nelle pagine del corrierino.
Fino al 1961, infatti, tutti i comics erano presenti solo nel formato a tavola intera senza baloons. Ad accompagnare il disegno c’era spesso una didascalia con versi a rima baciata. La presenza del fumetto in una rivista con obiettivi pedagogici come il “Corriere dei Piccoli” doveva essere controllata e mitigata. All’epoca il comics era considerato, da più parti, diseducativo. Il pericolo che si temeva allora era quello di disabituare alla lettura i più giovani. Per questo molti fumetti stranieri, soprattutto statunitensi, furono sottoposti a una rigida opera di riallineamento pedagogico. Niente nuvolette, solo filastrocche a piè di pagina. Nonostante questa diffidenza i fumetti, e questo è il paradosso, arrivarono in Italia proprio grazie al “Corriere dei Piccoli”. Basti pensare ad Arcibaldo e Petronilla (Bringing up father) o a Bibì Bobò e il capitan Cocoricò (Katzenjammer Kids) o al tenero e piccolo Fortunello (Happy Hooligan). Nutrita fu anche la produzione nazionale. Personaggi surreali, sempre un po’ fuori dagli schemi. C’era il piccolo africanino Bilbolbul (ideato da Attilio Mussino) che si trasformava letteralmente nelle metafore lanciate dal suo autore. Quindi diventava man mano rosso per la vergogna o verde dalla rabbia. O quell'icona del Novecento che era il Signor Bonaventura, personaggio di Sergio Tofano, che iniziava le sue storie con una sventura e finiva sempre in bellezza ricevendo in premio il fatidico assegno da un milione di lire. Un assegno che probabilmente rimane oggi (in questi nostri lugubri tempi di crisi) come allora un sogno irraggiungibile.


Il Fatto quotidiano, 16 dicembre 2011

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