"Vile, tu uccidi un
uomo morto". Così disse nel 1530 - secondo la tradizione - il capitano
fiorentino Francesco Ferrucci al capitano calabrese Fabrizio
Maramaldo, che dopo averlo sconfitto a Gavinana infieriva su di lui
prigioniero, ammazzandolo brutalmente. Ne venne fuori il verbo maramaldeggiare, con il senso di "esercitare una violenza gratuita
contro chi non ha difesa".
Della parola, della frase
e dell'aneddoto, exemplum di
retorica patriottarda, mi rammento tutte le volte che mi imbatto
nella figura di Pietro Secchia, un comunista onesto, coerente e
tutt'altro che chiuso, che nella storiografia ufficiale del PCI italiani passò per “stalinista ortodosso”, antagonista di
Togliatti e ostile alla “via italiana al socialismo”, “
pacifica e parlamentare”, in nome dell'insurrezione popolare e della
violenza rivoluzionaria. Ma la storiografia “ortodossa” (Paolo
Spriano, per esempio) rispettò sempre la figura di Secchia e ne
valorizzò il ruolo non solo nella Resistenza, ma anche negli anni
più duri del “regime democristiano”, sottolineandone il
responsabile comportamento da “pompiere” in quel luglio del 1948,
quando l'attentato a Togliatti sembrava spingere la base comunista
più legata alla lotta partigiana verso l'insurrezione armata.
Non
così Simona Mafai nel libro del 1984, L'uomo che sognava
la lotta armata: a poco
più di dieci anni dalla morte di Pietro Secchia, “maramaldeggiava”
su di lui, forse raccogliendo i rancori del suo compagno Giancarlo
Pajetta, un capo comunista sempre irriso da Togliatti per uno
scivolone “insurrezionalista” nell'estate del 1948, quando occupò
manu militari la prefettura
di Milano. La malevolenza contro Secchia, peraltro, ben si sposava
al fiancheggiamento esplicito dei “miglioristi” di Giorgio
Napolitano e alla fronda contro il segretario Alessandro Natta, nell'intenzione di far piazza pulita della berlingueriana “diversità”
come della matrice “classista” e “rivoluzionaria”.
Più sottotraccia era stata l'ostilità a Enrico Berlinguer, il predecessore di Natta morto pochi mesi prima e di lui più popolare: Mafai trovò modo di “maramaldeggiare” anche contro costui, in un pamphlet del 1996, Dimenticare Berlinguer appunto.
Più sottotraccia era stata l'ostilità a Enrico Berlinguer, il predecessore di Natta morto pochi mesi prima e di lui più popolare: Mafai trovò modo di “maramaldeggiare” anche contro costui, in un pamphlet del 1996, Dimenticare Berlinguer appunto.
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