A un anno dalla
liberazione del Vietnam, nella primavera del 1976, “il Calendario
del popolo” pubblicò un inedito di Ho Chi Minh del 1958 sul problema della moralità rivoluzionaria nella costruzione del socialismo in un paese come il Vietnam. Il testo aiuta a capire problemi essenziali che emergono in una trasformazione radicale della società che prende l’avvio da una base contadina comunitaria duramente provata in una lunghissima e sanguinosissima guerra di liberazione. La società vuole trasformarsi senza rinnegare se stessa e i valori positivi della vita associata che ha elaborato nel corso di una storia travagliata. (S.L.L.)
L’umanità ha dovuto,
fin dall’inizio della sua esistenza, lottare contro la natura per
sopravvivere: lottare contro le bestie feroci, contro le intemperie.
Per vincere in questa lotta ogni uomo deve appoggiarsi sulla forza
del numero, cioè della collettività, della società. Ridotto ai
suoi soli mezzi, l’individuo non saprebbe dominare la natura, e
nemmeno sopravvivere.
Inoltre l’umanità deve
produrre al fine di avere di che nutrirsi e vestirsi. Ma la
produzione deve anch’essa basarsi sulla forza della collettività,
della società. L’individuo da solo non potrebbe produrre nulla.
La nostra è un’epoca
civilizzata, rivoluzionaria; in ogni cosa è ancor più necessario in
quest’epoca basarsi sulla società; l’individuo non può far per
conto proprio, isolarsi, ma deve integrarsi con la collettività.
Ne deriva che
l’individualismo si oppone al collettivismo. Il collettivismo, il
socialismo vinceranno, mentre l’individualismo sarà annientato.
Il modo di produzione e
le forze produttive si sviluppano e cambiano continuamente,
provocando uno sviluppo e dei cambiamenti nel modo di pensare degli
uomini, nei regimi sociali eccetera. Sappiamo tutti che dai tempi
antichi sino ai giorni nostri la produzione si è fatta prima con
l’aiuto di rami d’albero e asce di pietra, e si è poi sviluppata
progressivamente con l’introduzione delle macchine,
dell’elettricità e dell’energia atomica. Il regime sociale si è
anch’esso evoluto: è passato dal comunismo primitivo allo
schiavismo, poi al feudalesimo e al capitalismo, e oggi quasi la metà
dell’umanità è in marcia verso il socialismo. Quest’evoluzione
e questo progresso non possono essere impediti da nessuno. Con la
comparsa della proprietà privata la società si è divisa in classi,
classi sfruttatrici e classe sfruttate: da qui contraddizioni sociali
e lotte di classe. Ormai ciascuno appartiene a una classe o
all’altra, e nessuno si trova fuori dalle classi. Ciascuno
rappresenta l’ideologia della propria classe.
Una lotta
complessa, lunga e ardua
Nella vecchia società i
feudatari e i proprietari terrieri, i capitalisti e gli imperialisti
opprimevano e sfruttavano senza pietà gli altri strati sociali,
soprattutto gli operai e i contadini. Mentre si accaparravano il bene
comune prodotto dalla società per condurre una vita oziosa e dorata,
non avevano in bocca che le parole «libertà», «moralità»,
«democrazia».
Stanchi dell’oppressione
e dello sfruttamento gli operai, i contadini e gli altri lavoratori
si sono levati per fare la rivoluzione al fine di liberare se stessi
e di trasformare la vecchia laida società in una società nuova,
migliore, in cui tutti i lavoratori potranno avere una vita felice e
dalla quale sarà bandito lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Per trionfare la
rivoluzione dev’essere diretta dalla classe operaia, la classe più
avanzata, la più cosciente, la più risoluta, la più disciplinata e
la più solidamente organizzata. E il partito proletario è lo stato
maggiore della classe operaia. La rivoluzione in Unione Sovietica e
negli altri paesi del campo socialista l’ha provato
incontestabilmente.
Fare la rivoluzione per
trasformare la vecchia società in una società nuova è un’opera
gloriosa ma anche un compito gravoso, una lotta estremamente
complessa, lunga e ardua. Occorre essere forti per poter portare
grossi fardelli e andare lontano. Non è che con la moralità
rivoluzionaria come fondamento che il rivoluzionario può adempiere
con onore il proprio compito.
L’aspetto più
negativo, il più pericoloso
Chiunque sia nato nella
vecchia società conserva più o meno in sé le impronte di questa
società, dal punto di vista dell’ideologia e del costume.
L’aspetto più negativo, il più pericoloso, ne è
l’individualismo. L’individualismo è agli antipodi della
moralità rivoluzionaria. Per poco che ne rimanga in ciascuno di noi,
esso attende l’occasione propizia per svilupparsi, per svilire la
moralità rivoluzionaria, al fine di impedirci di dedicarci
interamente alla lotta per la causa rivoluzionaria.
L’individualismo è
qualcosa di subdolo e di perfido: conduce insidiosamente l’uomo a
imboccare un pendio fatale. Esappiamo bene che discendere un pendio è
più facile che risalirlo. L’individualismo è per ciò stesso più
pericoloso.
Per eliminare i residui
della vecchia società, per forgiarci una virtù rivoluzionaria,
sforziamoci di studiare, di perfezionarci, di rimodellarci per
progredire senza soste. Se non ci sforzassimo di progredire,
regrediremmo, resteremmo in ritardo. E chi rimane indietro, chi non
tiene il passo col proprio tempo, resta ai margini della società che
avanza.
Non è soltanto andando a
scuola, o partecipando ai corsi di formazione, che si può studiare,
perfezionarsi, forgiarsi e trasformarsi. In ogni attività
rivoluzionaria possiamo e dobbiamo tutti studiare e correggere noi
stessi e i nostri errori. Il lavoro rivoluzionario clandestino,
l’insurrezione generale, la resistenza contro i colonialisti
francesi, e oggi la costruzione del socialismo nel Nord e la lotta
per la riunificazione del paese, sono tutte ottime scuole in cui
possiamo forgiare la nostra moralità rivoluzionaria.
L'individualismo è
padre di cento malattie pericolose
Colui che possiede la
moralità rivoluzionaria non ha paura, non si lascia intimidire e non
indietreggia di fronte alle difficoltà, le prove e le sconfitte. Per
l’interesse comune del partito, della rivoluzione, della classe,
del popolo e dell’umanità egli non esita a sacrificare ogni
interesse personale.
Il Nord del nostro paese
si incammina a poco a poco verso il socialismo: è questa un’esigenza
urgente di decine di milioni di lavoratori. E l’opera collettiva
delle masse lavoratrici sotto la direzione del partito.
L’individualismo costituisce un grosso ostacolo all’edificazione
del socialismo. La vittoria del socialismo non può quindi essere
separata dal successo riportato nella lotta contro l’individualismo.
Combattere
l’individualismo non significa calpestare l’interesse personale.
Ciascun uomo ha la sua personalità, i suoi «punti forti», la sua
vita privata e quella della sua famiglia. Gli interessi personali che
non sono in contraddizione con quelli della collettività non sono
interessi mal compresi, ma occorre dire che è solamente in un regime
socialista che ciascuno ha la possibilità di migliorare le sue
condizioni di vita, di sviluppare la sua personalità e i suoi «punti
forti». Nessun regime socialista può uguagliare il socialismo e il
comunismo quanto a rispetto dell’uomo e ad attenzione prestata alla
considerazione e alla soddisfazione dei suoi interessi legittimi.
Nella società dominata dalle classi sfruttatrici, solo gli interessi
personali di una piccola minoranza sono soddisfatti mentre quelli
delle masse lavoratrici sono calpestati. All’opposto nei regimi
socialisti e comunisti il popolo lavoratore è il padrone, ciascun
individuo fa parte integrante della collettività, gioca un ruolo
determinato e partecipa all’edificazione della società.
L’interesse personale è quindi compreso nell’interesse
collettivo del quale fa parte integrante. L’interesse personale di
ciascuno non può essere soddisfatto che allorquando l’interesse
comune della collettività è assicurato. L’individualismo è padre
di cento malattie pericolose: burocratismo, autoritarismo,
frazionismo, soggettivismo, prevaricazione, sperpero e così via.
La moralità
rivoluzionaria non ci piove dal cielo. Si alimenta e si consolida nel
crogiolo della lotta quotidiana e tenace. È come la perla che brilla
di uno splendore più vivo a forza di esser lucidata, è come l’oro
che si purifica sempre più alla lunga prova del fuoco.
“Il Calendario del
popolo”, aprile 1976
Nessun commento:
Posta un commento