Giuseppina (Pucci) Saija con il marito Raniero Panzieri |
È mancata a Torino,
all’età di novantotto anni, Giuseppina Saija detta Pucci,
germanista, la compagna di Raniero Panzieri. Era nata ad Alessandria
da una famiglia siciliana della piccola nobiltà e si era formata tra
il Friuli e Torino laureandosi con una tesi, allora pionieristica, su
Holderlin. Dopo un soggiorno a Tubinga nel ‘42, in piena guerra
mondiale, grazie a Lelio Basso nel dopoguerra passa a lavorare
all’«Ufficio Studi Socialisti» con Rodolfo Morandi e lì, a Roma,
conosce Panzieri che sposa nel settembre del 1948 e gli darà tre
figli (Susanna, Davide, Daniele). È il principio, questo, di uno
straordinario legame sentimentale e sodalizio intellettuale.
Chiamato Panzieri da
Galvano Della Volpe nel ‘49 a Messina a insegnare Filosofia del
diritto (e da Pietro Nenni a dirigervi la Federazione socialista),
Pucci tiene corsi di lingua e letteratura tedesca per tre anni nello
stesso ateneo, intensificando un lavoro di traduttrice cui si
dedicherà per tutta la vita: filologicamente scrupolose e vivide
nella resa, tra le sue versioni vanno ricordate, dopo un lavoro
giovanile su Morike (Tre novelle, Utet 1942), gli Scritti
politici di Martin Lutero (1949), il saggio di Lutz I
militari e la politica tedesca (Einaudi 1967), il memoriale di
Rudolf Hoess, Comandante ad Auschwitz (1960) e, per una
rappresentazione di Franco Parenti, La resistibile ascesa di
Arturo Ui di Bertolt Brecht; qui va aggiunto che a Pucci si deve
anche la versione del II libro del Capitale di Karl Marx che
in un primo momento gli Editori Riuniti accreditano esclusivamente a
suo marito. Già redattrice di «Noi donne» e presenza silenziosa,
tuttavia attentissima, alle riunioni dei «Quaderni Rossi», Pucci
nel ’59 segue a Torino con la famiglia Panzieri neoassunto da
Einaudi. Sono anni brevi ma intensi, brucianti: licenziato
dall’editore con Renato Solmi (il casus belli è il libro di
Goffredo Fofi L’immigrazione meridionale a Torino, inviso
alla Fiat), Raniero muore improvvisamente il 9 ottobre del ’64.
Così Pucci lo ricorderà nella bella intervista rilasciata a Pinzi
Giampiccoli (nel collettivo Raniero Panzieri uomo di frontiera, a
cura di Paolo Ferrero, Punto Rosso): «Mi hanno chiesto se mi ha mai
pesato essere la moglie di un uomo pubblico, ma non mi sono mai
sentita semplicemente “la moglie di” perché avevo il mio mondo,
il mio lavoro, le mie amicizie autonome, però sono sempre stata
molto fiera di essere sua moglie. Ma noi eravamo molto parchi di
complimenti e così io non gli ho mai detto quanto lo ammiravo ma
lui, quando facevo le traduzioni, mi faceva capire che ero brava!».
La aspettano infatti
decenni di insegnamento nelle scuole medie, fra Venaria e Torino, e
l’eterno lavoro di traduttrice. Un amico di lei e di Raniero, il
filologo Luca Baranelli, ricordava proprio ieri come in Pucci alle
grandi qualità morali e intellettuali si associassero la
discrezione, il riserbo e l’eleganza naturale.
“il manifesto”, 14
giugno 2015
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