Radicosa è una località
nel comune di Trevi; nel 1943-1944 è stata sede del comando della IV
Brigata Garibaldi che operava nella montagna folignate. Qualche mese
fa alcuni soci della Federazione escursionisti italiani - loro sponte
- mettono una lapide in ricordo del fatto. La lapide viene distrutta
e al suo posto compare una svastica. Uno dei sopravvissuti della
Brigata, ormai novantenne, la cancella. Immediato il plauso delle
autorità: gli telefonano per encomiarlo il sindaco di Foligno e
presidente della Provincia, Nando Mismetti, la governatrice
dell’Umbria, Catiuscia Marini, la vicepresidente della Camera,
Marina Sereni. Qualche settimana prima, a Terni, un giovane
antifascista viene minacciato con un coltello da un esponente di
CasaPound. La cosa ha un impatto minore sui giornali, circola solo
nei siti web. CasaPound non è percepita dalle autorità pubbliche
come un rischio e del resto i giovani antifascisti un po’
estremisti di Terni non sono simpatici ai maggiorenti locali del Pd e
agli amministratori. Non hanno certo il fascino (e la inoffensività)
del novantenne che cancella la svastica a Radicosa, non sono una
testimonianza del passato, ma una rottura di scatole che opera nel
presente.
Lo hanno dimostrato anni
fa con la questione dell’aviosuperfice, quella dove ogni tanto si
muore durante un lancio, già appaltata a imprenditori fascisti (ma
sottoscrittori della Fondazione Italiani Europei, quella di Massimo
D’Alema) e dove si esercitavano paracadutisti aderenti a forze di
estrema destra. C’è voluto del bello e del buono per far revocare
la licenza di esercizio, si è negato fino all’ultimo che si
trattasse di una luogo dove si esercitavano giovani di fede
mussoliniana, con relativi saluti romani, divise, distintivi, ecc.
Sono state necessarie alcune manifestazioni e una martellante
campagna d’informazione - per cui alcuni antifascisti si sono
beccate denunce e ammonizioni - per revocare la licenza ed ammettere
che il sito era frequentato da militanti fascisti. Intanto Casa Pound
ha aperto sedi in quasi tutte le città maggiori dell’Umbria. A
Terni addirittura la sua sede si trova presso la Casa del
combattente. L’ha presa in affitto dalla locale Associazione
nazionale combattenti e reduci. Nonostante la denuncia dell’Anpi
non c’è stato verso di far revocare il contratto. E’ tutto in
regola, i combattenti e reduci hanno le finanze allo stremo e, come
si sa, pecunia non olet. Di fronte all’espansione
organizzativa dell’associazione ovunque gruppi, più o meno
sparuti, di antifascisti hanno protestato nel più totale isolamento.
Non è stato mai presente, un sindaco, un assessore, un consigliere,
un segretario di partito.
Come sempre avviene il
fenomeno CasaPound è sottovalutato dall’insieme delle forze
politiche. Ciò è il frutto della politica “pacificazionista”
inaugurata da Luciano Violante quando era presidente della Camera, ma
in generale di una prassi ormai consolidata di cui l’ultimo esempio
umbro è stata la celebrazione della “giornata del ricordo”,
quella in onore degli infoibati, a Terni con la contemporanea
presenza degli onorevoli Walter Verini (Pd) e Renata Polverini (ex
segretaria nazionale dell’Ugl). Insomma in nome della libertà di
associazione e della pretesa irrilevanza del neofascismo, oggi in
Italia si ritiene di non dover intervenire sul fenomeno né a livello
di conoscenza e quantomeno di contrasto. Il tutto deriva dallo
sdoganamento della destra attuato a partire dai primi anni novanta
del secolo scorso, dalla costituzionalizzazione del Msi e
dall’irrilevanza elettorale dei movimenti fascisti complessivamente
attestati su valori che non superano l’1%.
Sfugge, peraltro, la
diversità di CasaPound dalle altre organizzazioni dell’estrema
destra, che differisce - pur nella sua dichiarata ispirazione
fascista, nel mito del mussolinismo, nella pratica costante di
aggressione a militanti della sinistra e soprattutto dei centri
sociali, nel richiamo al poeta americano aderente alla Repubblica
sociale italiana - dalle formazioni dell’estremismo fascista e
nazista così come lo si conosceva negli anni settanta e ottanta del
Novecento.
Il movimento nasce nel
2003 con l’occupazione a Roma di un edificio disabitato in zona
Esquilino dove apre il primo centro sociale di estrema destra. Opera
negli anni successivi continuando ad occupare case nella capitale,
sfruttando l’emergenza abitativa. Aderisce al Movimento
sociale fiamma tricolore,
il partito fondato da Pino Rauti. Sfugge al declino di quest’ultimo,
costituendosi nel 2008 in associazione - in realtà in partito - la
cui cifra è l’antiglobalismo, la xenofobia più che il razzismo e
l’antisemitismo, le politiche di assistenza ai poveri e ai
bisognosi, una politica degli alloggi che ponga in prima linea gli
italiani, le politiche di nazionalizzazione e di welfare mutuate dal
fascismo non tanto come regime, ma soprattutto come viene disegnato
dalla repubblichina Carta di Verona. Si riprendono, insomma, gli
stereotipi della cultura post moderna. Lo scontro non è più, a
parole (come dimostra il morto di Cremona), con la sinistra, ma con
il potere e con la concorrenza rappresentata dai centri sociali che
si rivolgono alla “moltitudine”, agli stessi mondi a cui punta
l’organizzazione neofascista. Il punto di riferimento è la
comunità, la sua difesa, i suoi bisogni. Non a caso si raccolgono
firme per l’istituzione di asili nido per bambini disabili a
Bastia, si distribuiscono pacchi di pasta, ci si schiera a difesa dei
lavoratori precari e via di seguito.
Questo messaggio ambiguo
si schiera, tuttavia, lungo la linea tradizionale del fascismo
repubblicano: contro il marxismo (cosa oggi difficile dato che quasi
nessuno dichiara la sua discendenza dal filosofo di Treviri), contro
il capitalismo, per una terza via.
C’è però un dato in
più. CasaPound negli ultimi messi è entrata, sia pur di soppiatto,
nel gioco politico. Lo aveva già fatto nel 2014, favorendo a Roma
l’elezione al parlamento europeo del leghista Borghezio, lo sta
facendo adesso con l’alleanza organica con la Lega che ha virato
decisamente verso le tematiche che l’associazione neofascista
propaganda. In altri termini non si tratta di un accordo tattico,
temporaneo, ma strategico. Dirigenti leghisti e casapoundisti sono
sostanzialmente d’accordo. L’obiettivo è la costruzione di una
destra sociale che solo su alcuni temi, quelli della polemica anti
europeista, è d’accordo con il Front National di Marine Le Pen.
Per proprietà transitiva appare ovvio che questa alleanza,
soprattutto nelle aree deboli per la Lega come l’Umbria, si
coniughi con il tentativo di costruire un populismo di destra,
oggi si chiama civico,
che assume l’aspetto mimetico dell’antipolitica e dell’anticasta.
Più semplicemente nella coalizione che alle prossime regionali
sosterrà Claudio Ricci, il campione del centrodestra, c’è anche
CasaPound.
Il fenomeno è meno
banale e più pericoloso di quanto appaia e difendersi da esso è
difficile: non è descrivibile come un evento residuale e nostalgico.
CasaPound è la destra della modernità, anzi è la destra
postmoderna. Senza prendere atto di ciò è difficile combatterla,
mettere in piedi azioni di contrasto.
Certamente non è
possibile opporvisi in modo tradizionale. Non c’è da contare su
sindaci, amministratori, parlamentari di centrosinistra, i quali il
massimo che possono e vogliono fare è mettere corone ai caduti il 25
aprile o partecipare alla giornata della memoria. D’altro canto
pensare che si possa rispondere con una permanente mobilitazione
“militare” appare perlomeno ingenuo, rischia di innescare un
circuito di azione e reazione naturalmente perdente, in quanto
riservato a sparute minoranze. Ciò non vuol dire affatto che non
bisogna manifestare, testimoniare anche in piazza una presenza
antifascista. Ma sapendo che la cosa in sé non è dirimente né
risolutiva.
Le soluzioni invece sono,
per molti aspetti, più articolate. In primo luogo è necessaria una
conoscenza meno approssimativa del fenomeno, che come abbiamo cercato
di delineare prima non è analizzabile con le categorie tradizionali.
In secondo luogo questa conoscenza deve coinvolgere le organizzazioni
che hanno come missione l’antifascismo e che sempre meno possono
farlo vivere come ricordo della Resistenza e mistica della
Costituzione (anche se si tratta di questioni non irrilevanti).
Infine si tratta di sciogliere le ambiguità, anche culturali, che
attraversano le nostre società e che provocano un connubio e una
confusione innaturali e tra nuove culture di destra e di sinistra. In
altri termini CasaPound è il terreno di sperimentazione di una
battaglia che non può, allo stato dei fatti, non essere di tipo
culturale che, critichi anche chi predica forme di pacificazione,
ritenendo che sul passato sia bene mettere una pietra sopra.
“micropolis” marzo
2015
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