Un ritratto
sostanzialmente malevolo, al limite della perfidia, caratteristico di
Gianni Riotta, che – da quando ha scelto di stare con i grandi
poteri – agli intellettuali d'opposizione, quale che sia la natura
di questa opposizione, riserva una speciale acredine. L'articolo è
tuttavia pieno di notizie interessanti e di curiosità utili a
definire la figura di Gore Vidal. (S.L.L.)
Gore Vidal |
Gore Vidal non era un
grande romanziere, non lascia racconti struggenti. Da polemista
sostenne tesi bislacche, che gli Usa sapessero degli attacchi subiti,
Pearl Harbor 1941 e World
Trade Center 2001, e li abbiano lasciati scattare per cinici calcoli.
Come sceneggiatore non firma capolavori, fu lui a rimettere a posto
il kolossal Ben Hur. Di sé diceva «Non sembro gelido, sono
gelido. Sotto la mia scorza di ghiaccio c’è ghiaccio». Adorava la
rissa dei saloon da Far West letterario, prese un cazzotto
dallo scrittore Norman Mailer, e rialzandosi masticò «Anche
stavolta Mailer non ha parole».
Trascinò in tribunale
Truman Capote, definì «cripto-nazista» il conservatore Buckley.
Perfino quando decise di scegliersi un successore, un delfino
intellettuale come lui uomo di polemiche e idee e incoronò in una
lettera privata il saggista inglese Hitchens, si vide rifiutato: l’ex
socialista diventato liberal Hitchens trovava eccessive le idee di
complotto perenne di Gore Vidal.
Eppure senza Gore Vidal
sarebbe difficile immaginare il panorama culturale americano del
dopoguerra, dal cinema ai libri alla tv ai giornali, ai pettegolezzi
chic, alla Casa Bianca che frequentava ai tempi del presidente John
Kennedy, 1960-1963, Vidal era presenza costante, una spezia di
bizzarria e sagacia, di deliberata sbruffoneria e presunzione che
divertiva, affascinava e ravvivava l’opinione pubblica Usa, specie
nei sonnolenti anni dell’era Eisenhower, gli Anni 50. «Non c’è
male al mondo che non potrebbe curarsi se la gente mi desse ascolto»
ripeteva, sostenendosi il mento con le dita aristocratiche, per non
lasciar trapelare i segni dell’età. A chi lo accusava di
narcisismo ribatteva «Narciso è uno più bello di te». Si vantava
di avere avuto mille amanti, tra donne e uomini, prima dei 25 anni,
poi scelse quello che chiamava «the same sex sex», l’omosessualità.
Ne parlò ne La statua di sale , romanzo del 1948, non erano
tempi in cui in America l’amore gay fosse benvenuto nel canone
letterario. Cheever nascondeva l’omosessualità nei Diari,
Hemingway lasciò che Il Giardino dell’Eden, con temi di
confusa identità sessuale, venisse pubblicato postumo. La reazione a
Vidal è negativa, i giornali stroncano il libro, non per il valore
letterario non eccelso – per conformismo.
Vidal sceglie l’esilio
volontario, per quasi 40 anni vivrà in Italia, prima a Largo
Argentina nel centro di Roma, poi a Ravello, sulla costiera campana,
Villa La Rondinaia, terrazze a picco sul mare, che abbandona solo
quando rimane invalido e con il suo partner di mezzo secolo, l’ex
manager Howard Austen, ammalato. Sarà esilio dorato, sempre pronto a
dire la sua nei dibattiti, a candidarsi alle elezioni del 1960 come
deputato democratico, su incoraggiamento diretto dell’ex First Lady
Eleanor Roosevelt.
Al primo incontro, specie
con gli italiani, che adorava avendo tra gli amici migliori lo
scrittore Italo Calvino e Furio Colombo, dichiarava subito che –
pur sconfitto – ebbe più voti nel distretto del presidente
Kennedy.
La fama di Vidal è
dunque la fama dei 15 minuti di celebrità per tutti vaticinata dal
pittore Andy Warhol, con il talento di allargarla alla vita intera,
dal liceo alla scomparsa ieri, 86 anni. Un uomo del nostro tempo,
battutista, dandy, duro, ironico. Dietro il gelo, «il segreto della
convivenza tra me e Howard è che non siamo mai andati a letto
insieme» ammoniva, e Mr Austen, piccolo e discreto, annuiva
divertito, Vidal nascondeva «l’unico essere umano di cui mai mi
sia innamorato», l’atleta star del liceo privato St Albans di
Washington, Jimmie Trimble. Mentre Vidal si definisce «topo da
biblioteca perfetto», Jimmie ha «l’occhio lungo del campione».
L’amicizia diventa passione ed amore, finché la guerra non separa
gli innamorati. Vidal va come sottufficiale su una nave nelle Isole
Aleutine, a fronteggiare la possibile invasione giapponese dal
Pacifico, Trimble sbarca con i marines nella feroce battaglia
di Iwo Jima. Là cade, come un personaggio dei romanzi di Vidal, e
spezza il cuore dello scrittore.
A lui sarà dedicato il
volume di memorie Palinsesto, la sua assenza marchierà «il
gelo» di Vidal, «uomo senza inconscio» secondo Calvino.
Gli anni sprecati alla tv
in America, scrivendo programmi che gli danno pingui contratti ma
nessuna soddisfazione, i volumoni di romanzi storici di scarso peso
alla Lincoln nascondono nella brillantezza il vuoto di
sentimenti profondi. È nella polemica che Vidal si ritrova, e quando
arriva anche il successo, nel 1968 con la novella sulla transessuale
Myra Breckinridge che vende 3 milioni di copie, di nuovo il
peso artistico non conta.
Nel 1948 lo scandalo lo
esilia, nel 1968 lo elegge alla gloria da rotocalco: Gore Vidal resta
però «scrittore alternativo» dell’America chic, che con Updike,
Roth, Talese ormai non si vergogna più a parlare di sesso nel
tinello di casa o alla tv. A Hitchens Vidal consiglia «sesso e
comparsate tv: non dire mai di no!».
Gore Vidal scrive
instancabile il romanzo di se stesso, innumerevoli interviste,
dettate recitando il ruolo dell’aristocratico americano, si parte
dal nonno materno, senatore Gore, cui lui cieco legge da bambino i
romanzi e da cui eredita i sentimenti isolazionisti da America
First!, che impiega adulto contro la politica estera Usa,
Israele, Cina e Giappone, sempre scoprendo complotti. Ricorderà il
secondo marito della madre – detestata come alcolista e salottiera
- Hugh Auchincloss, patrigno di Jacqueline Kennedy che gli apre la
Washington dei Kennedy. Se la prende con gli intellettuali
filo-israeliani «Per loro la Guerra Civile americana conta? No: per
me moltissimo». Si scontra con Mailer, che gli allunga un cazzotto
dietro le quinte della tv («un pugnetto da niente»), vince la causa
contro Capote che spettegola «l’han buttato fuori dalla Casa
Bianca», e litiga con il repubblicano Buckley. L’uomo che
condannava nei pamphlets le imprese militari Usa era nato a
West Point, il papà istruttore all’Accademia Militare: a chi gli
chiedeva se amasse l’America diceva «Certo, ne sono il biografo».
Il compagno Howard, morente gli chiede «È passato tutto in fretta
no?», Vidal risponde «Sì, perché siamo stati felici, e gli Dei
non perdonano la felicità a noi umani». Infatti.
La Stampa, 2 agosto 2012
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