4.3.10

2 scimmiette e mezza. Mantovano e gli immigrati.

Un anonimo visitatore di questo blog, mi ha segnalato l’articolo di un giornale on-line “per un diverso punto di vista”. Lo ringrazio ancora dell’attenzione e lo invito, se capita da queste parti, a leggere queste mie osservazioni un po’ brusche (S.L.L.).

Sul quotidiano Web “L’Occidentale”, di area governativa, il 2 marzo tal Roberto Santoro, dopo una breve cronaca della manifestazione romana, intervistava il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano sullo “sciopero degli stranieri”. Il cronista quantificava in “qualche centinaio di persone” la presenza a “piazza Vittorio, luogo simbolo della manifestazione” e aggiungeva: “Più italiani che migranti. Gadget, palloncini gialli, le associazioni antirazziste, qualcuno del sindacato. Sarà che i clandestini non vanno a manifestare in piazza dove c’è la polizia, fatto sta che la prima impressione non è proprio positiva, nonostante i bei colori e l'ottimismo degli organizzatori”.

Il Santoro del web ammetteva di essere andato via presto, prima dell’inizio del concerto e dell’arrivo dei “big della politica”, ma non aveva dubbi sull’esito: “Probabilmente la piazza si sarà riempita (per il concerto, non per lo sciopero), ma se paragoniamo i risultati di queste ‘24 ore senza di noi’ con il risalto dato all'avvenimento dagli organi di stampa qualcosa non torna, e diventa strumentale trasformarlo in un evento simbolico”.

Non sono stato a Roma e non sono in grado di smentire “L’Occidentale”, ma sento una forte puzza di furbata. I quotidiani hanno parlato di 5 mila persone al corteo dell’Esquilino e hanno ricordato molte altre iniziative romane, dalla pulizia di Colle Oppio al presidio davanti alla sede dell’Inps di San Giovanni. Riscontri molto positivi sull’esito delle manifestazioni sono giunti da altre città, da Bologna a Napoli e, su “La Stampa”, due foto mostravano il mercato di porta Palazzo prima con gli ambulanti stranieri e poi senza: era diventato un deserto. Insomma, ho ragione di credere che il redattore de “L’Occidentale” abbia strumentalmente generalizzato ed esagerato una sua infondata impressione estemporanea.

Più categorico è stato, nell’intervista, il sottosegretario del Cavaliere. Alla domanda, cattivella, se una manifestazione come lo “sciopero dei migranti” non potesse anticipare future sanatorie replicava stizzito: “Questa manifestazione non favorisce nulla perché è fallita”.

In verità a dare ai suoi la linea interpretativa dell’evento, prima ancora che si verificasse, era stato proprio Berlusconi, con una delle sue barzellette. Lo aveva fatto tra gli applausi parlando all’assemblea dei “promotori della Brambilla”. “Se diamo la cittadinanza agli immigrati – aveva detto - diminuisce il peso del nostro voto”. Se non era un’ovvietà (il peso del nostro voto diminuisce ad ogni nascita, ad ogni scoperta che allunga la vita) era uno dei soliti ammiccamenti reazionari. Voleva dire: “La maggioranza nella spa Italia, come nell’Alitalia, ad ogni costo deve essere italiana e di destra”.

Che di questo si trattasse lo ha riconosciuto brutalmente nell’intervista a “L’Occidentale” il suddetto sottosegretario, per il quale la manifestazione non sarebbe stata dei “migranti” ma della sinistra che, per governare, "cerca tra gli stranieri i voti che non trova più tra gli italiani”. Credo che Mantovano attribuisca ai politicanti della “sinistra governista” una lungimiranza che non hanno affatto: figurarsi se pensano a voti che, se va bene, arriveranno tra dodici o quindici anni.

Ma il sottosegretario non si è fermato qui. Con sicumera ha dichiarato: “La sinistra ha bisogno di utilizzare nuove leve. I nuovi adepti, più che gli immigrati, sono i clandestini. Ieri gli immigrati regolari sono andati a lavorare invece di lasciarsi affascinare da queste suggestioni protestatarie”. Al paggio del Cavaliere non salta in mente che in Italia lo sciopero è sottoposto a regole precise e che, se lo sciopero degli lavoratori dipendenti immigrati non c’è stato, è perché nessun sindacato lo ha proclamato. Né l’ex magistrato si è assunto alcuna responsabilità per il limbo d’illegalità, ricattabilità, mancanza di diritti in cui il suo dicastero di competenza confina per le volute inefficienze centinaia di migliaia di persone non perfettamente regolari, ma tutt’altro che “clandestine”, visto che hanno chiesto, alla luce del sole, un permesso di soggiorno, cui le stesse leggi, “cattive”, della destra danno loro diritto.

Sulla cittadinanza Mantovano nell’intervista ha ripetuto la solita solfa: “un punto di arrivo”, non di partenza, “deve inserirsi in un cammino in cui verificare anche dell’altro”. Non ha spiegato i particolari, ma lo aveva già fatto altre volte: per essere cittadino devi dimostrare addirittura di essere un “buon italiano”, cioè di destra; e a questo scopo devi accettare decenni di attesa ed esami che non finiscono mai, di storia, di religione, di cultura, di lingua. E’ una vicenda paradossale. Un “non italiano” come Bossi, che non parla italiano, non sa nulla di storia italiana e il tricolore lo metterebbe nel cesso, fa il ministro della Repubblica con la facoltà di dire “questo è italiano e quello no”. E Mantovano che lo spalleggia.

Un’altra trovata del sottosegretario è che gl’immigrati non vorrebbero la cittadinanza:“Studi basati su dati oggettivi hanno evidenziato chiaramente che il 70 per cento degli immigrati regolari presenti in Italia non hanno la prospettiva di rimanerci indefinitivamente (sic!), ma piuttosto di fermarsi per 10 o 15 anni. In questa prospettiva la cittadinanza non serve assolutamente a nulla... Dovremmo approfondire quali sono i desideri degli immigrati regolari presenti in Italia e capire come garantire le loro aspirazioni senza sovrapporre ad esse le nostre opinioni”. Il sottosegretario, insomma, in un attacco di paternalismo postfascista, pensa di poter spiegare agli immigrati quali siano le loro idee e le loro aspirazioni; non gli passa per la testa che la cittadinanza non è affatto un obbligo e ha dei costi legali per chi la chiede. Tanto meno pensa che il lavoratore straniero a lungo residente possa decidere da solo se serve o non serve.

Nell’intervista il sottoministro ha parlato anche del lavoro degli immigrati: dice che è essenziale solo quello delle badanti e che gli altri non portano alcun giovamento alla nostra economia e alla nostra società. Io non so dove viva. Forse ha scelto la politica delle 2 scimmiette e mezza: non vede, non sente e parla a vanvera. "Soprattutto – proclama - non è affatto vero che gli stranieri facciano i lavori che gli italiani non vogliono più fare". Per lui quelli -. in massima parte regolari – delle fabbriche del Nord Est, dei cantieri edili di tutta Italia, quelli che vede a pulire le strade, gli uffici, le scuole, gli ospedali, non esistono e non danno alcun contributo.

Guarda solo al lavoro nero dell’agricoltura del Sud e dice: “Lo stiamo contrastando a Rosarno e nel Reggino, ad Eboli e nella Capitanata”; i posti cioè dove intermediari mafiosi e proprietari terrieri perbene, di comune accordo, hanno sfruttato a dovere i lavoratori neri stagionali e dove ora, per nuove regole sulle provvidenze europee, non conviene più coltivare e produrre. Il contrasto di cui parla Mantovano peraltro consiste solo in spettacolari retate ed odiose deportazioni degli irregolari nei Cie.

Una domanda sorge spontanea. Perché l'hanno fatto solo dopo la rivolta di Rosarno? Forse per vendicare la rivolta? In realtà non c’è un caporale arrestato, non c’è un proprietario multato tra quelli che come negrieri per decenni hanno sfruttato i poveracci arrivati dal Sud del mondo.

La verità è un'altra: che ai Mantovano a Sud come a Nord, ad Est come ad Ovest l'immigrazione irregolare non dispiace affatto, ma la vogliono sottomessa e ricattabile.

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