Nei tardi anni Novanta
aggiornai e raccolsi in un quaderno alcune mie traduzioni poetiche,
altre ne aggiunsi di nuove. Volevo dedicare quel bel quaderno color
avorio a una donna. Intendevo usare come dedica una breve nota di
spiegazione.
Non so dire se fu una
scelta saggia, ma non feci quel regalo. Sono tuttavia persuaso che,
se per caso quella donna leggesse questi testi e la nota che li
accompagna, di sicuro riconoscerebbe in sé la destinataria. Non solo
del regalo, ma anche del desiderio che lo animava.
Oggi che sento quel
desiderio non appagato, ma in qualche modo riconciliato, rendo
pubblica la nota e alcune di quelle poesie. Provvederò a segnalare
come “poesie del desiderio” anche le tre di Juan Ramon Jiménez
che ho già postate, dopo averle tratte da quel quaderno. (S.L.L.)
Muto con i tuoi occhi
come muta la luna
e sono volta a volta
e di piombo e di piuma
un’acqua misteriosa
e nera che t’afferra
o sui capelli tuoi
la vittoria leggera
PAUL ELUARD
(da Morire di non morire)
Mia Lou, mio Cuore, mia Adorata,
darei dieci anni e più
per la tua chioma bruna
per i tuoi sguardi irrisoluti
per il tuo prezioso vello d’ambra
Più prezioso di quanto non lo fosse
quello di cui conosceva la via
sulla strada maestra del Catai
che Alessandro percorse interamente
la Circe che Giasone fustigava
3. Accanto al fuoco
Sì, bisogna parlarne accanto al fuoco,
d’inverno, sopra un morbido cuscino,
bevendo vino dolce, sgranocchiando
ceci tostati. “Chi sei? da dove vieni?
quanti anni hai, carissimo? Dov’eri
quando venne il persiano?”
SENOFANE
(Diehl, 4)
4. Io te l’ho detto
5. Soltanto il miele
Soltanto il miele del fico ottobrino
ha la dolcezza delle vostre labbra
che rassomigliano alla sua ferita
quando sembra sul punto di cadere
troppo maturo il nobile frutto
che tanto vorrei cogliere vorrei
fico desiderato fico o fico
fico bocca che io voglio carpire
o ferita di cui voglio morire
E’ in questo fiore che batte il mio cuore
che così dolce odora e da cui sale
di nuvole aromatiche un bel cielo
figlie dirette sono del garofano
più vivo delle vostre mani giunte
più pio ancora delle vostre unghie
E’ questo infine, eccolo lo strumento
col quale pescatore io catturo
l’immenso mostro del tuo desiderio
quello che un’arte estranea ti inabissa
giù nel seno delle profonde notti.
G. Apollinaire
(da Lettere a Lou)
Nota
L'originale di Apollinaire non è in strofe e versi, ma è un carme figurato. Le parole delle tre parti di cui si compone il testo sono disposte a costruire tre disegni, invero molto approssimativi). La prima disegna un frutto di fico, la seconda un fiore che vagamente ricorda il garofano, la terza un arnese cilindrico (un astuccio? una canna? o che altro?). La poesia è molto esplicitamente a doppio senso: figue non significa solo fico; oeillet non vuol dire solo garofano, ma anche occhiello e per estensione buco (rotondo); engin non vale soltanto strumento di lavoro. Io non avrei saputo disegnare un bel nulla con le parole e oltre tutto non mi serntivo di rinunciare agli endecasillabi che be si prestavano a questa traduzione. Ma, pur essendo un pessimo disegnatore, ho provo qui a schizzare un garofano. E' un omaggio alla dedicataria di questa piccola antologia. Spero che apprezzi l'intenzione, se, come prevedo, risultati saranno scadenti.
6. Esultanza è il navigare
Esultanza è il navigare
per l'anima nutrita in terraferma
- oltre le case oltre i promontori
in una profonda Eternità -
Come noi cresciuti tra montagne
potrà mai capire il marinaio
la divina ebbrezza
del primo miglio lungi dalla riva?
E.DICKINSON
(La mia ruota è nell'oscurità)
7. Moesta et errabunda
Dimmi, Agata, alle volte / non fugge via il tuo cuore
lungi dal nero oceano /dell’immonda città
incontro a un altro oceano /ove la luce esplode
profondo, chiaro, azzurro, /come verginità?
Dimmi, Agata, alle volte /non fugge via il tuo cuore?
Il mare, il grande mare /consola i nostri affanni!
Quale demone ha dato /al mar che roco canta
accompagnato all’organo /immenso, aspro dei venti
la funzione sublime /di saperci cullare?
Il mare, il grande mare /consola i nostri affanni!
Portami via, vagone! /Rapiscimi, fregata!
Lontano! Via! Qui il fango /si fa del nostro pianto!
Non è vero che a volte, /il cuore triste di Agata
dice: “Via dai rimorsi, /dal male, dal dolore,
portami via vagone, /rapiscimi, fregata!”?
Come tu sei lontano, /paradiso odoroso,
dove sotto l’azzurro /è tutto gioia e amore,
dove ciò che si ama /è degno d’essere amato
e nel puro piacere /s’annega il nostro cuore!
Come tu sei lontano, /paradiso odoroso!
Ma il verde paradiso /degli amori infantili,
le corse, le canzoni, /i baci, i mazzolini,
i violini vibranti /di là delle colline,
con le brocche di vino, /la sera nei boschetti
- ma il verde paradiso /degli amori infantili,
l’innocente paradiso /dei piaceri furtivi,
è di già più lontano /dell’India o della Cina?
Lo si può richiamare /con dei gridi di pianto
ed animarlo ancora /di una voce argentina,
l’innocente paradiso /dei piaceri furtivi?
C. Baudelaire
( da I fiori del male)
Nota finale
E’ parola bellissima “desiderio”. Nel suo etimo desiderare vale “cessare di contemplare il cielo dopo averne estratto i pronostici”. Chi desidera tende a compiere il proprio destino.
L’eros è desiderio che aspira a realizzarsi nell’Altro, contiene perciò una peculiare virtù comunicativa.
E’ desiderio, è eros anche la poesia. Essa non si accontenta di “esprimere”, di rivelare l’interiore, ma cerca anch’essa il suo destino in chi l’ascolta, in chi la legge. Ha bisogno di qualcuno da attrarre, da ammaliare, da sedurre, per esistere. Solo nel rapporto con il lettore o con l’uditore, nel commercio con i suoi sensi, la poesia trova un senso e adempie la sua funzione che non è solo dire, ma anche fare.
Questa piccola raccolta non contiene il meglio della poesie del e sul desiderio, ma solo i testi che nel tempo hanno eccitato in me il desiderio di tradurli, di ridirli a modo mio, in versi italiani, soprattutto in endecasillabi e settenari, con qualche rima e assonanza. Questo spiega come vi siano in mezzo poesie la cui lingua originale conosco poco (il castigliano) o non conosco affatto (l’inglese). Non conta la fedeltà al senso originario, ammesso che ve ne sia uno e uno solo, ma il movimento interiore che il testo ha prodotto in me.
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