25.3.10

Poesie del desiderio.

Nei tardi anni Novanta aggiornai e raccolsi in un quaderno alcune mie traduzioni poetiche, altre ne aggiunsi di nuove. Volevo dedicare quel bel quaderno color avorio a una donna. Intendevo usare come dedica una breve nota di spiegazione.
Non so dire se fu una scelta saggia, ma non feci quel regalo. Sono tuttavia persuaso che, se per caso quella donna leggesse questi testi e la nota che li accompagna, di sicuro riconoscerebbe in sé la destinataria. Non solo del regalo, ma anche del desiderio che lo animava.

Oggi che sento quel desiderio non appagato, ma in qualche modo riconciliato, rendo pubblica la nota e alcune di quelle poesie. Provvederò a segnalare come “poesie del desiderio” anche le tre di Juan Ramon Jiménez che ho già postate, dopo averle tratte da quel quaderno. (S.L.L.)

PAUL ELUARD
1. Muto con i tuoi occhi
Muto con i tuoi occhi
come muta la luna
e sono volta a volta
e di piombo e di piuma
un’acqua misteriosa
e nera che t’afferra
o sui capelli tuoi
la vittoria leggera
PAUL ELUARD
(da Morire di non morire)

2. Fantasticherie sulla tua venuta
Mia Lou, mio Cuore, mia Adorata,
darei dieci anni e più
per la tua chioma bruna
per i tuoi sguardi irrisoluti
per il tuo prezioso vello d’ambra


Più prezioso di quanto non lo fosse
quello di cui conosceva la via
sulla strada maestra del Catai
che Alessandro percorse interamente
la Circe che Giasone fustigava


Lui la fustigava con dei rami
d’aromatico lauro d’ulivo
la svergognata scuoteva le anche
più nulla avendo per affascinarlo
delle sue bianche chiappe più potente


Quel che Giasone fece alla Regina
per i suoi intrighi di stregoneria
per il suo tossico e la sua magaria
a te io lo farò o gioia mia
quando soli saremo a casa mia


Ancora più a te io lo farò
l’amore lo scudiscio e così via
un culo sarà nero come un Moro
quando qui arriverà la mia signora
vieni, vieni mia Lou che io ti adoro


Nella camera delle voluttà
quando io verrò a trovarti a Nimes
mentre prendiamo il tè
nell’ora breve dell’intimità
come mi abbellirà la tua bellezza


Noi faremo mille porcherie
malgrado tutti i mali della guerra
troveremo per noi belle sorprese
gli alberi in fiore le Palme
Pasqua e le prime ciliegie


Noi leggeremo nello stesso letto
nel libro del tuo stesso corpo
- è un libro che si legge bene a letto –
noi leggeremo il poema incantato
delle grazie del tuo grazioso corpo


Noi passeremo domeniche dolci
più dolci che non sia la cioccolata
giocando insieme il gioco delle anche
a sera sarò sfatto
tu pallida e con le labbra bianche


Un mese dopo te ne partirai
la notte calerà sopra la terra
invano io ti tenderò le braccia
magica di mistero
mia Circe sparirai


Dove andrai dove andrai o mia graziosa
a Parigi in Isvizzera o piuttosto
sul bordo della mia malinconia
questo flutto mediterraneo
che non si ferma mai


Allora suoneranno suoneranno
i trombettieri dell’artiglieria
tapun tapun noi marceremo avanti
piccolo patapum gioietta mia
verso quello che si chiama Fronte


Io compirò chissà quali prodezze
come tutti quegli altri pelosoni
in onore delle tue belle chiappe
dei tuoi dolci occhi irrisoluti
e delle tue divine carezze


Per il momento sono qui che aspetto
aspetto il viso gli occhi il collo il culo
ch’io non debba aspettare troppo tempo
la bella truppa delle tue bellezze
mia amica dai bei seni palpitanti


E vieni qui su vieni perché t’amo
e te lo canto in tutti quanti i toni
cielo di nuvole notte tenebrosa
la luna va a tentoni
un’ape sulla panna.
GUILLAUME APOLLINAIRE
(da Lettere a Lou)



3. Accanto al fuoco
Sì, bisogna parlarne accanto al fuoco,
d’inverno, sopra un morbido cuscino,
bevendo vino dolce, sgranocchiando
ceci tostati. “Chi sei? da dove vieni?
quanti anni hai, carissimo? Dov’eri
quando venne il persiano?”
SENOFANE
(Diehl, 4)

4. Io te l’ho detto
Io te l’ho detto per le nuvole
te l’ho detto per l’albero del mare
per ogni onda gli uccelli tra le fronde
per l’acciottolato del rumore
per le mani familiari
per l’occhio che si fa paesaggio o viso
e il sonno che gli rende
cieli del suo colore
per la notte bevuta interamente
per il tombino nelle strade
per la finestra aperta la fronte scoperta
io te l’ho detto per i tuoi pensieri le tue parole
ogni carezza ogni confidenza resta
PAUL ELUARD
(da In primo luogo)


5. Soltanto il miele
Soltanto il miele del fico ottobrino
ha la dolcezza delle vostre labbra
che rassomigliano alla sua ferita
quando sembra sul punto di cadere
troppo maturo il nobile frutto
che tanto vorrei cogliere vorrei
fico desiderato fico o fico
fico bocca che io voglio carpire
o ferita di cui voglio morire


E’ in questo fiore che batte il mio cuore
che così dolce odora e da cui sale
di nuvole aromatiche un bel cielo
figlie dirette sono del garofano
più vivo delle vostre mani giunte
più pio ancora delle vostre unghie


E’ questo infine, eccolo lo strumento
col quale pescatore io catturo
l’immenso mostro del tuo desiderio
quello che un’arte estranea ti inabissa
giù nel seno delle profonde notti.
G. Apollinaire
(da Lettere a Lou)

Nota
L'originale di Apollinaire non è in strofe e versi, ma è un carme figurato. Le parole delle tre parti di cui si compone il testo sono disposte a costruire tre disegni, invero molto approssimativi). La prima disegna un frutto di fico, la seconda un fiore che vagamente ricorda il garofano, la terza un arnese cilindrico (un astuccio? una canna? o che altro?). La poesia è molto esplicitamente a doppio senso: figue non significa solo fico; oeillet non vuol dire solo garofano, ma anche occhiello e per estensione buco (rotondo); engin non vale soltanto strumento di lavoro. Io non avrei saputo disegnare un bel nulla con le parole e oltre tutto non mi serntivo di rinunciare agli endecasillabi che be si prestavano a questa traduzione. Ma, pur essendo un pessimo disegnatore, ho provo qui a schizzare un garofano. E' un omaggio alla dedicataria di questa piccola antologia. Spero che apprezzi l'intenzione, se, come prevedo, risultati saranno scadenti.

6. Esultanza è il navigare
Esultanza è il navigare
per l'anima nutrita in terraferma
- oltre le case oltre i promontori
in una profonda Eternità -


Come noi cresciuti tra montagne
potrà mai capire il marinaio
la divina ebbrezza
del primo miglio lungi dalla riva?
E.DICKINSON
(La mia ruota è nell'oscurità)

7. Moesta et errabunda
Dimmi, Agata, alle volte / non fugge via il tuo cuore
lungi dal nero oceano /dell’immonda città
incontro a un altro oceano /ove la luce esplode
profondo, chiaro, azzurro, /come verginità?
Dimmi, Agata, alle volte /non fugge via il tuo cuore?


Il mare, il grande mare /consola i nostri affanni!
Quale demone ha dato /al mar che roco canta
accompagnato all’organo /immenso, aspro dei venti
la funzione sublime /di saperci cullare?
Il mare, il grande mare /consola i nostri affanni!


Portami via, vagone! /Rapiscimi, fregata!
Lontano! Via! Qui il fango /si fa del nostro pianto!
Non è vero che a volte, /il cuore triste di Agata
dice: “Via dai rimorsi, /dal male, dal dolore,
portami via vagone, /rapiscimi, fregata!”?


Come tu sei lontano, /paradiso odoroso,
dove sotto l’azzurro /è tutto gioia e amore,
dove ciò che si ama /è degno d’essere amato
e nel puro piacere /s’annega il nostro cuore!
Come tu sei lontano, /paradiso odoroso!


Ma il verde paradiso /degli amori infantili,
le corse, le canzoni, /i baci, i mazzolini,
i violini vibranti /di là delle colline,
con le brocche di vino, /la sera nei boschetti
- ma il verde paradiso /degli amori infantili,


l’innocente paradiso /dei piaceri furtivi,
è di già più lontano /dell’India o della Cina?
Lo si può richiamare /con dei gridi di pianto
ed animarlo ancora /di una voce argentina,
l’innocente paradiso /dei piaceri furtivi?
C. Baudelaire
( da I fiori del male)

Nota finale 
E’ parola bellissima “desiderio”. Nel suo etimo desiderare vale “cessare di contemplare il cielo dopo averne estratto i pronostici”. Chi desidera tende a compiere il proprio destino.
L’eros è desiderio che aspira a realizzarsi nell’Altro, contiene perciò una peculiare virtù comunicativa.
E’ desiderio, è eros anche la poesia. Essa non si accontenta di “esprimere”, di rivelare l’interiore, ma cerca anch’essa il suo destino in chi l’ascolta, in chi la legge. Ha bisogno di qualcuno da attrarre, da ammaliare, da sedurre, per esistere. Solo nel rapporto con il lettore o con l’uditore, nel commercio con i suoi sensi, la poesia trova un senso e adempie la sua funzione che non è solo dire, ma anche fare.
Questa piccola raccolta non contiene il meglio della poesie del e sul desiderio, ma solo i testi che nel tempo hanno eccitato in me il desiderio di tradurli, di ridirli a modo mio, in versi italiani, soprattutto in endecasillabi e settenari, con qualche rima e assonanza. Questo spiega come vi siano in mezzo poesie la cui lingua originale conosco poco (il castigliano) o non conosco affatto (l’inglese). Non conta la fedeltà al senso originario, ammesso che ve ne sia uno e uno solo, ma il movimento interiore che il testo ha prodotto in me.

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