Il 19 febbraio 1937, in seguito a un attentato alla vita del viceré d’Etiopia, maresciallo Rodolfo Graziani, alcune migliaia di italiani, civili e militari, uscivano dalle loro case e dalle loro caserme e davano inizio alla più furiosa e sanguinosa caccia al nero che il continente africano avesse mai visto.
Armati di randelli, di mazze, di spranghe di ferro, abbattevano chiunque – uomo, donna, vecchio o bambino – incontravano sul loro cammino nella città-foresta di Addis Abeba. E poiché era stabilito che la strage durasse tre giorni, e l’uso dei randelli si era rivelato troppo faticoso, già del secondo giorno si ricorreva a metodi più sbrigativi ed efficaci. Il più praticato era quello di cospargere una capanna di benzina e poi di incendiarla, con dentro tutti i suoi occupanti, lanciando una bomba a mano.
Nessuno ha mai stilato un bilancio preciso degli etiopici che sono stati uccisi dal 19 al 21 febbraio 1937. Si va da un minimo di 1400 a un massimo di 30.000, a seconda delle fonti.
Le migliaia di italiani che hanno partecipato alla strage di tanti innocenti, che nulla avevano a che fare con l’attentato, non hanno mai pagato per i loro delitti. Non sono mai stati inquisiti. Non hanno fatto un solo giorno di prigione. Dopo l’estenuante mattanza, sono ritornati alle loro case e alle loro caserme, come se nulla fosse accaduto.
Postilla
E’ questa l’apertura di un grande libro, Italiani brava gente? di Angelo Del Boca, la cui prima edizione, presso Neri Pozza, risale al 2005. Il Presidente della Repubblica, il Governo e il Parlamento democratici un libro così, serio, documentatissimo, assolutamente privo di enfasi retorica, dovrebbero farlo leggere nelle scuole, anzi regalarne copia a ogni alunno, perché apprenda e imprima nella mente che nessuna comunità è immune da pulsioni esclusiviste e razzistiche, violente e omicide. E invece quando uscì il volume, che di storie siffatte ne racconta purtroppo tante, un governo di destra, appoggiato in Parlamento dal grosso dell’opposizione di centro-sinistra, istituiva una Giornata della Memoria, per ricordare le foibe dove, alla fine della Seconda Guerra Mondiale i partigiani yugoslavi interrarono i soldati italiani e gli abitanti di etnia italiana indiscriminatamente massacrati. Centinaia, forse migliaia. Un crimine orrendo, certo; ma se si vuole uscire da questa storia di barbarie ed entrare, finalmente, nella civiltà, è i propri crimini che una comunità deve per primi ricordare ed esecrare, non quelli degli altri. E crimini propri da ricordare la brava gente italiana ne ha tanti, anche troppi. Non solo in Etiopia, ma anche in Yugoslavia per esempio, ove gli italiani erano gli occupanti e gli aggressori e gli slavi erano gli aggrediti e gli occupati. (S.L.L.)
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