Nell'articolo che segue, scritto per "l'Espresso", si ragiona della sorte delle lire. Come le accade spesso, la cara Robertina Carlini, a lungo vice di Riccardo Barenghi nella direzione de "il manifesto", si rivela brillante e chiara nello spiegare storie di monete e banconote. (S.L.L.)
C’è Joseph Mannino che abita a New York e affida a un sito di esperti e collezionisti di monete la sua scoperta: ha trovato per caso 87 mila vecchie lire svuotando la casa del padre morto e vuole sapere se ne può fare qualcosa.
Ci sono i parroci di paese o di periferia, che dopo la messa della domenica continuano a trovare ogni tanto nel sacchetto della questua le ultime mille lire, quelle che hanno fatto circolare di mano in mano la faccia sorridente di Maria Montessori. Oppure chi si trova a ristrutturare una casa disabitata per anni e in un cassetto recupera un gruzzoletto dimenticato.
Per una via o per l’altra, le vecchie lire continuano a spuntare fuori. Ma non sempre vengono da mani così innocenti. Anzi. Tutto fa pensare che il grosso di quelle ancora in circolazione sia poco presentabile allo sportello. E poiché manca poco alla scadenza finale, ossia alla data oltre la quale quelle banconote non si potranno più convertire (28 febbraio 2012, a dieci anni esatti dal change over), si stringono i controlli sulle ultime lire che arriveranno agli sportelli della Banca d’Italia. E cresce l’allarme per il possibile assalto dei riciclatori dell’ultima ora.
Il tesoro fuori corso
Non stiamo parlando di pochi spiccioli. Gli ultimi dati di palazzo Koch, aggiornati alla fine di agosto, sono strabilianti: ci sono ancora in giro quasi 2.500 miliardi di lire non convertite. Poco meno di 1 miliardo e 300 milioni di euro. Ovvero: 21,6 euro per ciascun italiano, neonati inclusi. Come mai, mentre stringono la cinghia per la crisi che avanza e contano il centesimo per arrivare alla fine del mese, gli italiani si tengono in casa le vecchie lire, invece di correre alla più vicina Tesoreria della Banca d’Italia per cambiarle? Nostalgia? Trascuratezza? O semplice pigrizia?
Uno sguardo ai tagli delle banconote in circolazione può aiutare a capire qualcosa e spiegare le preoccupazioni degli esperti dell’antiriciclaggio. In termini numerici, il record va alle banconote da mille: ce ne sono ancora in giro 196,2 milioni di pezzi.
Sono tanti, pur tenendo conto del fatto che magari ogni famiglia ne ha tenuto da parte qualcuno per ricordo, del normale effetto di deterioramento, delle perdite. Ma fin qui non c’è niente di particolarmente preoccupante: in fondo, stiamo parlando solo di 196 miliardi di lire. E per qualcuno prendere la macchina o il treno per andare alla tesoreria più vicina risulterebbe più costoso di quanto può portare a casa. Le sorprese vere, però, arrivano man mano che si sale con i tagli delle banconote e il gruzzolo aumenta. Il bottino maggiore è quello in biglietti da 100 mila: ce ne sono in giro quasi 12 milioni, per un importo totale di 1.190 miliardi di lire. E risultano persino 300 mila banconote da 500 mila lire, per un controvalore totale di 150 miliardi di lire.
Si capisce facilmente perché una situazione del genere comincia a impensierire i piani alti di via Nazionale. Se quei milioni di banconote finora non sono stati presentati allo sportello è perché chi le detiene non è in grado di dare spiegazioni sulla loro provenienza.
Cosa che chi si presenta alle tesorerie di Bankitalia deve fare, dando nome e cognome, mostrando i documenti e spiegando come è venuto in possesso di quei soldi. Un cambiavalute può fare la stessa operazione per i suoi clienti, ma deve fornire gli elementi per identificarli. Quando la somma è consistente oppure le spiegazioni sono insufficienti o sospette, o ancora quando la stessa persona si presenta parecchie volte con il suo mucchietto di lire, scatta l’accertamento. Che può portare a congelare l’operazione e finire anche con un sequestro da parte dell’antiriciclaggio. Basteranno queste regole per evitare che con gli ultimi mesi della conversione qualcuno riesca a ripulire le residue lire sporche, quelle che in dieci anni sono rimaste “in sonno”?
Alla Banca d’Italia temono assalti e pressioni dell’ultima ora e fanno sapere di avere alzato la soglia di attenzione. Ma per ora non si registra un aumento della fila agli sportelli: che in media cambiano lire per 2 mila euro al giorno in ciascuna tesoreria (sono 55 in tutta Italia). Con questo ritmo, si arriverebbe a convertire ulteriori lire per poco più di 10 milioni di euro, di qui al 28 febbraio dell’anno prossimo: dunque il tesoretto della lira resterebbe sostanzialmente intatto. Ma a chi andrebbe a finire l’eredità, sporca e pulita, della moneta defunta?
Lira di Giulio
“L’ultima buona azione della lira”, era il titolo di una campagna lanciata al momento del cambio lira/euro dall’Airc, che chiese agli italiani di svuotare le tasche e devolvere gli ultimi spiccioli alla ricerca contro il cancro. Dieci anni dopo, l’ultimissima buona azione della lira andrà a beneficiare Giulio Tremonti: finirà infatti nelle casse pubbliche il tesoretto non convertito in euro. Ma attenzione: come tanti eredi dalle mani bucate, il governo italiano quella somma se l’è già in parte giocata, prima ancora della definitiva dichiarazione di morte della benefattrice. E’ successo con la legge finanziaria del lontano 2003: come oggi, al governo c’era Berlusconi e in via XX settembre era acquartierato Tremonti.
Nella disattenzione dei più, con un articoletto nascosto, il governo si fece anticipare dalla banca centrale una parte dell’eredità: fate una stima di quel che resterà dopo il febbraio 2012, e datecene il 90 per cento, diceva in sostanza quell’articoletto. Detto, fatto: in due tranche, il Tesoro ha incassato 837 milioni di euro. Nessuno prevedeva, all’epoca, che la vecchia lira avrebbe riservato ancora qualche sorpresa. A conti fatti, e salvo sospette file allo sportello nelle ultime settimane, il saldo finale si assesterà sugli 1,3 miliardi di euro. Dunque nelle casse pubbliche potrebbero piovere circa 500 milioni di euro inattesi. Una piccola manna dal cielo, con i tempi che corrono.
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