In testa a un articolo sapiente e ben costruito di Francesca Lazzarato sulla letteratura argentina ispirata all'omosessualità, pubblicato su "alias" il 30 aprile di quest'anno e che oggi stesso posterò qui per qualche visitatore interessato oltre che per mia memoria, leggo il seguente sommario: Paese tra i più avanzati nei diritti omosessuali (Bruno Bimbi fa un primo bilancio, presentato alla Fiera del Libro di Buenos Aires), l’Argentina ha nel suo dna storico-letterario un interesse particolare per questo immaginario: che oggi si differenzia e si moltiplica.
Ma ne adiro fortemente. Per via di quel DNA, termine che non c'entra assolutamente nulla e metafora che fa passare per vie traverse biologismi razzistici assolutamente intollerabili. E' del tutto accettabile l'idea che il patrimonio genetico abbia un peso nell'orientamento sessuale, ma è altamente improbabile che lo abbia nell'orientare l'immaginazione letteraria ed è una stupidaggine pensare che le nazioni abbiano, sia pure metaforicamente, un proprio DNA. Sono costruzioni della storia e della cultura, nonostante l'etimo le riporti al "nascere" ( natio = nascita) per effetto dell'ideologia del sangue e della razza.
Naturalmente questo sfogo non è diretto a Francesca Lazzarato, che nel suo "pezzo" ha accuratamente evitato quella e consimili metafore, ma al titolista a me ignoto, che diffido da ora in poi dal seguire corrivamente certe perversioni della lingua.
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