Mi piaceva la trasmissione di Augias su Rai3 verso l’una. Finché c’era al governo Berlusconi si caratterizzava per una opposizione al berlusconismo culturale e politico non becera e gridata, educata e penetrante, ironica e intelligente. Da quando ci sono al governo i grandi servitori del capitalismo finanziario e intorno a loro sembra ricrearsi l’unità d’ogni italica borghesia anche quella di Augias è diventata una delle voci del “regime mediatico”, che ha adesso assai meno falle che al tempo di Berlusconi. Il suo accodarsi alle verità ufficiali e ai poteri forti non sembra riguardare soltanto la politica o l’economia, ma coinvolge anche i temi cosiddetti “eticamente sensibili”.
Per esempio ieri, sei marzo, c’era Natalia Aspesi, di cui si presentava un libro che ne raccoglie le riflessioni di costume sugli Italiani dagli anni sessanta del secolo scorso a oggi. A inizio di trasmissione Augias e Aspesi si sono esibiti in una sorta di duetto - più che di dialogo - commentando le reazioni delle associazioni omosessuali ai comportamenti della gerarchia cattolica in morte di Lucio Dalla. Secondo i gay vescovi, cardinali e preti ne hanno valorizzato il cattolicesimo anche con una solenne funzione, ma hanno accuratamente rimosso e censurato una omosessualità abbastanza nota seppure non dichiarata. Tale accusa era stata estesa dei movimenti omosessuali alle reti televisive, unite tra loro e al Vaticano nella censura, e una critica aveva lambito perfino Dalla, che della sua scelta e della sua convivenza omosessuale aveva sempre taciuto alla pubblica opinione. Aspesi si mostrava indignata dell’accusa al morto e Augias alzava un po’ la voce: l’unica colpa da rilevare – insomma – per i due “repubblichisti” dichiaratamente laici era l’inopportuna, insolente e irriguardosa polemica messa in campo dagli omosessuali.
Diceva il cattolico Manzoni che “i poveri ci vuol poco a farli passare per bricconi”; vale anche per quelli che, pur non essendo poveri in senso stretto, sono sottoposti con la forza a ingiuste discriminazioni. Agli omosessuali italiani, quasi unici in Europa, si nega – per responsabilità di tanti, ma soprattutto per la crudele protervia della Chiesa cattolica – il diritto a convivenze giuridiche riconosciute e regolate. E’ questa una condizione che poco grava su chi è dotato di grandi mezzi economici, in grado di garantire agli accoppiati reciproche tutele in caso di malattia, morte, disoccupazione, separazione ecc., ma pesa enormemente di più sulle coppie omosessuali in condizioni economiche disagiate o medio-basse, i cui membri sono talora sottoposti a umilianti vessazioni. Mi pare una vigliaccata prendersela con loro per una protesta ritenuta fuori dalle righe:
forse hanno esagerato i gay nel rimproverare Dalla il silenzio sulle proprie scelte di vita, ma lo fanno perché i preti hanno usato la vicenda per ribadire il proprio potere sui vivi e sui morti. In vita agli omosessuali essi offrono la possibilità di “peccare” di nascosto e vergognandosene, in morte un’assoluzione e/o un funerale con Messa solenne a condizione che non rivendichino la loro scelta di vita come un diritto e fino alla fine accettino il ruolo di “peccatori contro natura”.
Aspesi ed Augias in coro dicono che nessun torto è stato fatto; ma sanno benissimo che, se fosse morto un noto artista eterosessuale, tv e giornali avrebbero certamente dato spazio e valore al dolore e/o alla testimonianza di una compagna, per quanto non sposata e ignota alla pubblica opinione, senza con ciò violare la richiesta discrezione sui comportamenti sessuali.
Augias è giunto a dichiarare: “Dalla era un’artista. Cosa importa cosa facesse a letto?”. L’osservazione da bigotto o da sessuomane (le due cose talora coincidono) suggerisce che nessuna intesa piena, intellettuale e morale, che nessuna comunicazione profonda possa esserci in un amore omosessuale, riducendo il vivere insieme all’andare a letto (per “fare porcherie”?). Forse non era questo il suo intento - il suo passato ci fa ritenere che sia lontano da tali livelli di aberrazione omofobica -, forse l’orribile frase gli è sfuggita nella inconscia speranza di farsi perdonare qualche marachella illuminista o laicista, di compiacere oltre che i banchieri anche i preti (le due cose talora coincidono), pilastri del regime borghese in costruzione. Fa ancora in tempo a prendere coscienza della sua colpa, a confessarla, a pentirsi, a cambiare vita, ma si sbrighi, per cortesia.
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