Il solo modo decente di parlare di Pasolini, in mezzo al vocio autopunitivo di questi giorni, è quello di leggerlo. Il quotidiano che mi chiede queste parole ha avuto, rispetto agli altri giornali italiani, il grande merito di aver sempre lasciato intendere che, della poesia, non gliene importava nulla; e così facendo, di interpretare l'animo dei suoi lettori e ispiratori. Ho creduto per alcuni anni che a questo corrispondesse, più in profondo, una azione che mirasse, per sue vie, alla medesima meta della poesia. Mi rendo conto oggi che non è così; o, se lo è, questo avviene su una tale distanza che, in pratica, come dice Lu Hsun, «i politici desiderano uccidere i letterati».
C'è una qualità umana che odia la poesia, che sopporta a fatica la letteratura, che non sa e non vuole sapere quale luogo assegnarle nella città presente e futura. Ci si commuove per la morte di Pasolini più che per quella di un altro qualsiasi militante solo perché era l'autore di qualcosa che è, o può, diventare nostro; e allora questo qualcosa, questa eredità, guardiamola. Non vogliono saperlo perché questo farebbe crollare molte miserabili speranze e certezze. Non capiscono che quel crollo li indebolirebbe solo in apparenza, mentre in realtà li farebbe più forti contro chi sfrutta e strazia. Non capiscono che non siamo, noi poeti, i vostri nemici e che, se chiediamo qualche volta pietà per i nostri errori, è perché invero è il nostro modo di chiedere pietà anche per gli errori vostri. Per questo non ho nulla da dire per la morte di Pasolini che non sia stato detto in questi giorni, spesso egregiamente, dai miei colleghi in letteratura; fuor del consiglio di prendere i suoi libri di versi e di capirli. Gli sono stato amico per molti anni; avverso per altri; sempre ho cercato di intenderlo e amarlo. Ho in comune con lui la divisione, la duplicità di cui si fa, quando si fa, la poesia. Nel testo autentico d'altronde, come nell'attimo della morte, coincidono elezione e destino, scelta e inevitabilità. Meno commozione per Pasolini, più amore e intelligenza per quello che egli ci ha detto.
4 novembre 1975
NOTA
Pier Paolo Pasolini fu assassinato il 2 novembre 1975. L’articolo venne pubblicato il 5 novembre su “il manifesto” con il titolo Una lettera di F. Fortini. Lo si ritrova in Disobbedienze I. Scritti sul manifesto 1972-1985, manifesto libri, 1997.
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