Pietro Nenni con Sandro Pertini nel 1946 |
La vera battaglia era quella dei contenuti, ma sul piano costituzionale gli obiettivi prioritari erano la Repubblica e la Costituzione, conquiste, all'epoca e ancora adesso, tra le migliori e le più avanzate. De Gasperi mi diceva: perché non facciamo la riforma agraria invece di dedicare tutti i nostri sforzi alla Repubblica? E io gli rispondevo che prima di tutto bisognava creare il nuovo stato e soggiungevo che si poteva, se si voleva, fare sia la Repubblica che la riforma agraria.
Sul piano politico, è attorno al principio della continuità dello stato che si svolse la battaglia con i moderati, a cominciare dai miei scontri con Bonomi e poi con De Gasperi. Certo ci furono degli errori. Qui si potrebbe ritornare alla svolta di Salerno come a uno di quegli errori. Infatti la permanenza di Badoglio alla testa del governo assolveva gran parte della classe dirigente. Sembrò una provocazione che Badoglio venisse deferito all'epurazione e ci volle molto per ottenere la sua decadenza da senatore! Me lo sentii rimproverare perfino a Londra dagli stessi laburisti. Guai però a ridurre tutto alla tematica degli errori. Il nostro relativo insuccesso rispetto al tema di fondo dei moderati fu l'indice dei limiti della nostra forza.
La Costituente e la Repubblica furono una conquista dell'unità antifascista e di un vasto e profondo movimento popolare; perciò resistono e resisteranno. Non potevano però, in mancanza di una matrice schiettamente rivoluzionaria, assurgere al ruolo della Convenzione francese. C'erano, sì, all'origine i venti anni della Resistenza, c'erano i morti dell'antifascismo, c'erano le condanne del Tribunale speciale e le infinite persecuzioni che gli avevano fatto corona. C'era il moto partigiano senza del quale non saremmo esistiti come forza dirigente. Ma c'era anche il 25 luglio e cioè la monarchia e l'esercito che avevano abbandonato, giusto in tempo, Mussolini; c'era la presenza degli eserciti anglo-americani, che salivano dal Sud al Nord come truppe di liberazione ma anche di occupazione ed erano pieni di diffidenza per il popolo. Lo stesso « vento del Nord » al quale mi appellai non poteva supplire che in parte al potere che dovevamo ogni giorno contrattare con gli alleati e coi moderati...
Quando nel 1947 De Gasperi scelse quello che chiamò il partito del capitale in luogo del partito degli operai, la sua scelta era di ordine sociale. Di fronte alle rovine economiche della guerra fascista, sceglieva, con Einaudi, la restaurazione in luogo del rinnovamento con Morandi, con Scoccimarro.
Da Intervista sul socialismo italiano a cura di Giuseppe Tamburrano, Laterza 1977
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