16.8.13

I sogni di gloria di Charles De Gaulle. Giovinezza d’un capo (Elena Guicciardi)

Partendo dalla notizia di una nuova, monumentale biografia di Charles De Gaulle, Elena Guicciardi, mette in fila giudizi ed episodi di certo utili per lo studio di una grande figura del Novecento. Stimolante la messa a fuoco del complesso rapporto con Pétain. (S.L.L.) 
PARIGI - Giornalista impegnato, grande inviato di quotidiani e settimanali di sinistra, eccellente esperto del Terzo mondo, Jean Lacouture incontra sul suo cammino De Gaulle nel 1975, quando gli consacra un primo "ritratto", pubblicato dalle Editions du Seuil. Il successo del libro lo incoraggerà a specializzarsi nel genere biografico: al De Gaulle seguono infatti un Ho Chi Minh, un Nasser, un Malraux; poi una serie di opere più ampie: un Lèon Blum, un Franois Mauriac, un Mendès-France. 
Ed ecco che ora Lacouture ritorna a De Gaulle, "una montagna che non si scala senza fatica, né si può guardare senza un senso di vertigine", pubblicandone una biografia monumentale. Il primo volume, uscito in questi giorni (Seuil, franchi 99), sottotitolo Il ribelle, copre il periodo che va dalla nascita del protagonista alla sua apoteosi il giorno della liberazione di Parigi; e conta ben 890 pagine di grande formato. La pubblicazione del secondo volume, intitolato Il sovrano, è prevista per l' autunno 1985. Molto onestamente, l' autore avverte di non avere frequentato il generale, di non avere avuto con lui affinità particolari, di non aver partecipato a nessuna delle sue imprese, di non avere scoperto documenti inediti di qualche rilievo (negli ottocento libri già consacrati al personaggio è stato già scritto tutto; e se c' è ancora qualcosa da scoprire bisognerà attendere la pubblicazione integrale degli archivi personali di De Gaulle e di certi archivi di Stato, per il momento inacessibili al ricercatore). Perciò Lacouture non pretende di avere scritto un libro "definitivo": la sua ricerca si fonda essenzialmente su testimonianze raccolte dal vivo. 
Quel che ha voluto offrire ad un pubblico più vasto è dunque un'immagine "personalizzata" dell' eroe, cercando di "non deformarlo, né esaltarlo fuori di proposito". E in questo è perfettamente riuscito. Il lettore non iniziato che si confronta con questo primo grosso volume, si sente colto dalla stessa vertigine che ha sfiorato Lacouture prima che iniziasse la sua "scalata" della montagna-De Gaulle.
Ma basta un' occhiata alle fotografie che corredano il libro, una scorsa alle prime pagine, per tuffarsi senza esitazione nella lettura. Si comincia con uno sguardo al ritratto di un bambino di cinque anni: ha una pettinatura rètro alla paggetto, un nasone alla Cyrano de Bergerac, un mento volitivo, soprattutto degli occhi neri che sprizzano ardore e intelligenza. Si capisce subito che quel bambino che è prepotente e ambizioso: quando gioca ai soldatini vuole sempre avere il ruolo del "Re di Francia". E' monarchico, come tutta la famiglia: il padre Henri, professore di storia, lo inizierà precocemente alle glorie dei quaranta re che hanno fatto la Francia. Più tardi, la madre piangerà confessando che l'adolescente è diventato repubblicano; ma la sua formazione in un ambiente conservatore e bigotto, in cui si leggeva “L'Action française”, segnerà comunque, durevolmente, Charles.
Le prime due parti del volume, fino al famoso "appello del 18 giugno", si leggono come un Bildungsroman. Uno dei meriti del lavoro di Lacouture è quello di dimostrare che De Gaulle non è "nato" il 18 giugno 1940, non è stato proiettato alla ribalta dell' attualità tutto armato come Minerva scaturita dal cervello di Giove, ma che ha intuito, voluto, forgiato il suo destino fin dall' adolescenza, sostenuto sempre da un folle orgoglio e da un' imperiosa volontà. Insomma Charles De Gaulle è stato "il Pigmalione di se stesso". 
La prima rivelazione della sua ambizione la si trova in un quadernetto marrone, dove il quindicenne anticipa i suoi sogni di vittoria. Siamo nel 1905 e Charles immagina lo scoppio di una guerra franco-tedesca nel 1930: tre armate nemiche hanno già superato i Vosgi, quando "il generale De Gaulle fu messo alla testa di duecentomila uomini e 518 cannoni... De Gaulle elaborò presto il suo piano di battaglia: bisognava salvare Nancy, poi dar la mano a Bois Deffre (comandante un' armata di 150 mila uomini e 510 cannoni) e scacciare i tedeschi prima che essi operassero la loro congiunzione, che per noi sarebbe certamente funesta...". Quando scriveva queste righe, Charles era allievo dei gesuiti: dimostrerà poi - attraverso la capacità di manovrare gli uomini e l' astuzia dei calcoli - di aver ben approfittato del loro insegnamento. A un certo momento, a quanto pare, fu sfiorato dalla vocazione religiosa; ma questa risultò comunque effimera. De Gaulle sarà sempre un cattolico praticante, ma, come dice lui stesso, un "cristiano per motivi di storia e di geografia". 
Nel suo atteggiamento duro nei confronti dei subalterni, spesso insubordinato o sprezzante verso i capi, si rivela tutt'altro che "un buon cristiano". Il suo misticismo si configurerà nella celebrazione di "Notre Dame la France", emblema di un nazionalismo esaltato. L' allievo dei gesuiti vagheggia in realtà soltanto eroiche imprese e traduce i suoi sogni in poesie ("quando dovrò morire, vorrei fosse/su un campo di battaglia...", proclama con una enfasi alla Victor Hugo). 
Fin dagli anni di collegio scriveva molto, in versi e in prosa. Forse aveva ereditato una certa inclinazione letteraria dalla nonna materna, Josèphine De Gaulle, autrice di romanzetti rosa, quali Adhèmar de Belcastel o Valèry de Montlaur: negli anni di gioventù Charles pubblicò, sotto pseudonimo, alcuni mediocri feuilletons di gusto esotico o sentimentale: Zalaina, Il segreto dello spahi e Il battesimo, in cui narra una storia "alla Corneille", nella quale l'onore e la passione amorosa entrano in conflitto.
A diciotto anni Charles entra all'Accademia militare di Saint-Cyr, dove si fa subito notare non solo per la sua statura smisurata (un metro e 94), che gli vale il soprannome di "grande asparago" o "doppio metro", ma anche per le sue brillanti qualità di allievo ufficiale. E' a Saint-Cyr cha avviene il suo primo e decisivo incontro con l'allora colonnello e futuro maresciallo Philippe Pétain, di cui quarant'anni dopo, nonostante l'implacabile conflitto che li ha opposti, De Gaulle scriverà nelle sue Memorie di guerra: "il mio primo colonnello, Pétain, mi ha dimostrato quel che valgono il dono e l'arte del comando". 
Non è il caso di ricapitolare la lunga storia dei rapporti di amore-odio che intercorrono tra i due uomini. Pétain aveva notato subito le qualità del giovane De Gaulle e ne aveva fatto il suo pupillo preferito; lo protesse e agevolò la sua carriera. De Gaulle cominciò con l'apprezzare in lui un insegnante eccezionale, poi ammirò l' eroe di Verdun; ma ben presto i due uomini si ritrovarono in contrasto su questioni di teoria militare: Pétain era un partigiano della difesa flessibile, De Gaulle della strategia offensiva ad ogni costo.
Lacouture sottolinea che i loro primi screzi intervengono quando De Gaulle, fungendo da "officier de plume", vale a dire da "negro" del maresciallo (il quale aveva l'intenzione di pubblicare una grande Storia del soldato) si permise di illustrare le proprie idee opposte a quelle del capo, e pretese addirittura di essere menzionato come collaboratore di Pétain. Il libro non fu pubblicato: uscirà molti anni dopo, sotto la firma del suo vero autore, a cui Pétain non perdonò mai.
Lacouture accenna pure a una loro possibile rivalità per questioni di donne all' epoca in cui il giovane De Gaulle non era ancora sposato (dopo il matrimonio con la sottomessa e discreta Yvonne Vendroux, Charles sarà un marito fedele e un padre autoritario, ma ineccepibile).
Altro particolare rivelato da Lacouture: Pétain non fu, come vuole la leggenda, il padrino del primo figlio di De Gaulle; del resto la cosa sarebbe stata inammissibile, perché Pétain aveva sposato una divorziata e Charles dovette vincere le reticenze della pudibonda Yvonne per indurla a frequentare la casa dei Pétain. La moglie del maresciallo, a sua volta, non l'amava; a suo parere, Yvonne sapeva parlare solo delle proprie marmellate.
Facciamo un passo indietro e ritorniamo all'agosto 1914, quando De Gaulle affronta il battesimo del fuoco. Sarà ferito la prima volta quindici giorni dopo essere andato al fronte; la seconda nel settembre del '14; la terza nel marzo 1916. Quest'ultima volta viene fatto prigioniero dai tedeschi; e la storia dei suoi cinque tentativi di evasione costituisce un vero romanzo. Charles tenta la fuga scavando una galleria sotterranea (come si vedrà poi in tanti film americani), nascondendosi in un cestone che serve a trasportare la biancheria sporca, ingerendo dell' acido picrico per poter essere trasferito all'infermeria e in altre circostanze altrettanto rocambolesche. Ma il tentativo fallisce sempre, oppure il prigioniero viene riacciuffato dopo pochi giorni di fuga. Lo condanneranno allora ad essere rinchiuso nel forte di Ingolstadt; lì approfitterà dell'ozio forzato per indottrinare i propri compagni di prigionia, criticare gli errori del comando francese ed esporre le proprie vedute strategiche.
Dopo gli anni di iniziazione, è il periodo fra le due guerre quello in cui De Gaulle, pur ricoprendo importanti incarichi militari, elabora la sua dottrina e comincia a intravedere più chiaramente il proprio destino di futuro "salvatore della patria". Lacouture ci fa sapere che il maestro di Charles fu un oscuro colonnello, Emile Mayer, la cui carriera era stata ostacolata dalla prevenzione dei colleghi e da pregiudizi antisemiti. Mayer era una specie di utopista che anticipava nei suoi scritti certi aspetti della guerra del futuro. De Gaulle si dichiara suo fervente discepolo. Anch'egli, ma in modo più realistico, crede nella necessità di nuove forme d'azione bellica, che presuppongono la modernizzazione dell'esercito e in particolare la creazione di un solido corpo di divisioni corazzate; proprio perché batte sempre su questo chiodo, lo chiamano il "colonnello Motor". Eppure, per non averlo ascoltato, per aver puntato tutto su una strategia difensiva che si identificava con la "linea Maginot", i generali francesi subiranno l'obbrobriosa sconfitta del ' 40; la strategia di De Gaulle la applicò Hitler, le cui Panzer-divisionen travolgeranno in dieci giorni le illusorie difese francesi, aggirando la Maginot.
Negli anni fra le due guerre, De Gaulle enuncia lucidamente il proprio punto di vista in due libri premonitori: Il taglio della spada e Verso l'esercito di mestiere. Questi libri, che ebbero scarso successo (solo settecento copie vendute per il primo) contraddicono l'insegnamento ufficiale dei grandi capi - Pètain, Weygand, Gamelin -; in essi De Gaulle denuncia l'inettitudine dei parlamentari e l'incapacità del comando militare. Per bloccare il disfacimento del paese, egli auspica l' apparizione di un "matre" - si esita a tradurre questo termine con "guida" o "duce", ma il senso è quello - "indipendente nei suoi giudizi, inconfutabile nei suoi ordini, credibile di fronte all'opinione pubblica; uno che è tutt'uno con l'esercito, devoto a coloro che comanda, desideroso delle responsabilità; abbastanza forte per imporsi, abbastanza abile per sedurre, abbastanza grande per una grande impresa...".
Questo autoritratto stupefacente e profetico è del 1934. Solo Paul Reynaud crederà nelle tesi del giovane generale De Gaulle, che infatti chiama a far parte del suo gabinetto come sottosegretario alla Difesa. Ma è troppo tardi. Siamo al 6 giugno 1940: l' agonia della Francia è cominciata. Il giorno 16 Reynaud si dimette: il maresciallo Pètain lo sostituirà, pronto a firmare la capitolazione. Il 17 Charles De Gaulle, che ormai è soltanto un "ribelle" isolato, raggiunge Londra. Ricevuto da Jean Monnet, il futuro "padre" dell' Europa, afferma: "Sono qui per salvare l'onore della Francia". L'indomani ci sarà il famoso appello del 18 giugno, che "in questa carriera clamorosa, non rappresentò né un miracolo, né una rivoluzione", sottolinea Lacouture: "fu un parossismo". Qui si conclude il Bildungsroman di Charles De Gaulle. 
Occorrerà la competenza degli storici per analizzare i capitoli che illustrano la carriera del ribelle, mettono in rilievo i suoi particolari meriti alla nuova luce che Lacouture proietta sugli avvenimenti che si succedono dal giugno 1940 al 25 agosto 1944, giorno della consacrazione parigina dell'"uomo provvidenziale": specie per quanto riguarda, in particolare, il rapporto di tempestosa solidarietà che legò De Gaulle a Churchill, e quello di reciproca antipatia che il generale ebbe con Roosevelt, o il machiavellismo con cui si liberò del suo rivale, generale Giraud, i difficili e spesso conflittuali rapporti che intrattenne con i vari gruppi della resistenza interna.
Il 25 agosto, mentre scende in trionfo per gli Champs Elysèes, De Gaulle - come dirà nelle sue "memorie" - non può più "ignorare l'ostinato disegno dei comunisti, né il rancore di tanti notabili che non mi perdonano il loro errore, né il prurito che di nuovo agita i partiti"; e si prepara ad ulteriori battaglie. Saranno queste battaglie a fornire l' argomento del secondo volume di questa lucida, viva, esemplare biografia.


“la Repubblica”, 9 ottobre 1984

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