Partendo dalla notizia di una
nuova, monumentale biografia di Charles De Gaulle, Elena Guicciardi, mette in
fila giudizi ed episodi di certo utili per lo studio di una grande figura del
Novecento. Stimolante la messa a fuoco del complesso rapporto con Pétain. (S.L.L.)
PARIGI - Giornalista impegnato,
grande inviato di quotidiani e settimanali di sinistra, eccellente esperto del
Terzo mondo, Jean Lacouture incontra sul suo cammino De Gaulle nel 1975, quando
gli consacra un primo "ritratto", pubblicato dalle Editions du Seuil.
Il successo del libro lo incoraggerà a specializzarsi nel genere biografico: al
De Gaulle seguono infatti un Ho Chi Minh, un Nasser, un Malraux; poi una serie
di opere più ampie: un Lèon Blum, un Franois Mauriac, un Mendès-France.
Ed ecco
che ora Lacouture ritorna a De Gaulle, "una montagna che non si scala
senza fatica, né si può guardare senza un senso di vertigine",
pubblicandone una biografia monumentale. Il primo volume, uscito in questi
giorni (Seuil, franchi 99), sottotitolo Il
ribelle, copre il periodo che va dalla nascita del protagonista alla sua
apoteosi il giorno della liberazione di Parigi; e conta ben 890 pagine di
grande formato. La pubblicazione del secondo volume, intitolato Il sovrano, è prevista per l' autunno
1985. Molto onestamente, l' autore avverte di non avere frequentato il
generale, di non avere avuto con lui affinità particolari, di non aver
partecipato a nessuna delle sue imprese, di non avere scoperto documenti
inediti di qualche rilievo (negli ottocento libri già consacrati al personaggio
è stato già scritto tutto; e se c' è ancora qualcosa da scoprire bisognerà
attendere la pubblicazione integrale degli archivi personali di De Gaulle e di
certi archivi di Stato, per il momento inacessibili al ricercatore). Perciò
Lacouture non pretende di avere scritto un libro "definitivo": la sua
ricerca si fonda essenzialmente su testimonianze raccolte dal vivo.
Quel che ha
voluto offrire ad un pubblico più vasto è dunque un'immagine
"personalizzata" dell' eroe, cercando di "non deformarlo, né
esaltarlo fuori di proposito". E in questo è perfettamente riuscito. Il
lettore non iniziato che si confronta con questo primo grosso volume, si sente
colto dalla stessa vertigine che ha sfiorato Lacouture prima che iniziasse la
sua "scalata" della montagna-De Gaulle.
Ma basta un' occhiata alle
fotografie che corredano il libro, una scorsa alle prime pagine, per tuffarsi
senza esitazione nella lettura. Si comincia con uno sguardo al ritratto di un
bambino di cinque anni: ha una pettinatura rètro alla paggetto, un nasone alla
Cyrano de Bergerac, un mento volitivo, soprattutto degli occhi neri che
sprizzano ardore e intelligenza. Si capisce subito che quel bambino che è
prepotente e ambizioso: quando gioca ai soldatini vuole sempre avere il ruolo
del "Re di Francia". E' monarchico, come tutta la famiglia: il padre
Henri, professore di storia, lo inizierà precocemente alle glorie dei quaranta
re che hanno fatto la Francia. Più tardi, la madre piangerà confessando che
l'adolescente è diventato repubblicano; ma la sua formazione in un ambiente
conservatore e bigotto, in cui si leggeva “L'Action française”, segnerà
comunque, durevolmente, Charles.
Le prime due parti del volume,
fino al famoso "appello del 18 giugno", si leggono come un Bildungsroman. Uno dei meriti del lavoro
di Lacouture è quello di dimostrare che De Gaulle non è "nato" il 18
giugno 1940, non è stato proiettato alla ribalta dell' attualità tutto armato
come Minerva scaturita dal cervello di Giove, ma che ha intuito, voluto,
forgiato il suo destino fin dall' adolescenza, sostenuto sempre da un folle
orgoglio e da un' imperiosa volontà. Insomma Charles De Gaulle è stato "il
Pigmalione di se stesso".
La prima rivelazione della sua ambizione la si
trova in un quadernetto marrone, dove il quindicenne anticipa i suoi sogni di
vittoria. Siamo nel 1905 e Charles immagina lo scoppio di una guerra
franco-tedesca nel 1930: tre armate nemiche hanno già superato i Vosgi, quando
"il generale De Gaulle fu messo alla testa di duecentomila uomini e 518
cannoni... De Gaulle elaborò presto il suo piano di battaglia: bisognava
salvare Nancy, poi dar la mano a Bois Deffre (comandante un' armata di 150 mila
uomini e 510 cannoni) e scacciare i tedeschi prima che essi operassero la loro
congiunzione, che per noi sarebbe certamente funesta...". Quando scriveva
queste righe, Charles era allievo dei gesuiti: dimostrerà poi - attraverso la
capacità di manovrare gli uomini e l' astuzia dei calcoli - di aver ben
approfittato del loro insegnamento. A un certo momento, a quanto pare, fu
sfiorato dalla vocazione religiosa; ma questa risultò comunque effimera. De
Gaulle sarà sempre un cattolico praticante, ma, come dice lui stesso, un "cristiano
per motivi di storia e di geografia".
Nel suo atteggiamento duro nei
confronti dei subalterni, spesso insubordinato o sprezzante verso i capi, si
rivela tutt'altro che "un buon cristiano". Il suo misticismo si
configurerà nella celebrazione di "Notre Dame la France", emblema di
un nazionalismo esaltato. L' allievo dei gesuiti vagheggia in realtà soltanto
eroiche imprese e traduce i suoi sogni in poesie ("quando dovrò morire,
vorrei fosse/su un campo di battaglia...", proclama con una enfasi alla
Victor Hugo).
Fin dagli anni di collegio scriveva molto, in versi e in prosa.
Forse aveva ereditato una certa inclinazione letteraria dalla nonna materna,
Josèphine De Gaulle, autrice di romanzetti rosa, quali Adhèmar de Belcastel o
Valèry de Montlaur: negli anni di gioventù Charles pubblicò, sotto pseudonimo,
alcuni mediocri feuilletons di gusto esotico o sentimentale: Zalaina, Il
segreto dello spahi e Il battesimo, in cui narra una storia "alla
Corneille", nella quale l'onore e la passione amorosa entrano in conflitto.
A diciotto anni Charles entra
all'Accademia militare di Saint-Cyr, dove si fa subito notare non solo per la
sua statura smisurata (un metro e 94), che gli vale il soprannome di
"grande asparago" o "doppio metro", ma anche per le sue brillanti
qualità di allievo ufficiale. E' a Saint-Cyr cha avviene il suo primo e
decisivo incontro con l'allora colonnello e futuro maresciallo Philippe Pétain,
di cui quarant'anni dopo, nonostante l'implacabile conflitto che li ha
opposti, De Gaulle scriverà nelle sue Memorie
di guerra: "il mio primo colonnello, Pétain, mi ha dimostrato quel che
valgono il dono e l'arte del comando".
Non è il caso di ricapitolare la
lunga storia dei rapporti di amore-odio che intercorrono tra i due uomini. Pétain
aveva notato subito le qualità del giovane De Gaulle e ne aveva fatto il suo
pupillo preferito; lo protesse e agevolò la sua carriera. De Gaulle cominciò
con l'apprezzare in lui un insegnante eccezionale, poi ammirò l' eroe di
Verdun; ma ben presto i due uomini si ritrovarono in contrasto su questioni di
teoria militare: Pétain era un partigiano della difesa flessibile, De Gaulle
della strategia offensiva ad ogni costo.
Lacouture sottolinea che i loro
primi screzi intervengono quando De Gaulle, fungendo da "officier de plume", vale a dire da
"negro" del maresciallo (il quale aveva l'intenzione di pubblicare
una grande Storia del soldato) si
permise di illustrare le proprie idee opposte a quelle del capo, e pretese
addirittura di essere menzionato come collaboratore di Pétain. Il libro non fu
pubblicato: uscirà molti anni dopo, sotto la firma del suo vero autore, a cui Pétain
non perdonò mai.
Lacouture accenna pure a una loro
possibile rivalità per questioni di donne all' epoca in cui il giovane De
Gaulle non era ancora sposato (dopo il matrimonio con la sottomessa e discreta
Yvonne Vendroux, Charles sarà un marito fedele e un padre autoritario, ma
ineccepibile).
Altro particolare rivelato da
Lacouture: Pétain non fu, come vuole la leggenda, il padrino del primo figlio
di De Gaulle; del resto la cosa sarebbe stata inammissibile, perché Pétain
aveva sposato una divorziata e Charles dovette vincere le reticenze della
pudibonda Yvonne per indurla a frequentare la casa dei Pétain. La moglie del maresciallo,
a sua volta, non l'amava; a suo parere, Yvonne sapeva parlare solo delle
proprie marmellate.
Facciamo un passo indietro e
ritorniamo all'agosto 1914, quando De Gaulle affronta il battesimo del fuoco. Sarà
ferito la prima volta quindici giorni dopo essere andato al fronte; la seconda
nel settembre del '14; la terza nel marzo 1916. Quest'ultima volta viene fatto
prigioniero dai tedeschi; e la storia dei suoi cinque tentativi di evasione
costituisce un vero romanzo. Charles tenta la fuga scavando una galleria
sotterranea (come si vedrà poi in tanti film americani), nascondendosi in un
cestone che serve a trasportare la biancheria sporca, ingerendo dell' acido
picrico per poter essere trasferito all'infermeria e in altre circostanze
altrettanto rocambolesche. Ma il tentativo fallisce sempre, oppure il
prigioniero viene riacciuffato dopo pochi giorni di fuga. Lo condanneranno
allora ad essere rinchiuso nel forte di Ingolstadt; lì approfitterà dell'ozio
forzato per indottrinare i propri compagni di prigionia, criticare gli errori
del comando francese ed esporre le proprie vedute strategiche.
Dopo gli anni di iniziazione, è
il periodo fra le due guerre quello in cui De Gaulle, pur ricoprendo importanti
incarichi militari, elabora la sua dottrina e comincia a intravedere più
chiaramente il proprio destino di futuro "salvatore della patria".
Lacouture ci fa sapere che il maestro di Charles fu un oscuro colonnello, Emile
Mayer, la cui carriera era stata ostacolata dalla prevenzione dei colleghi e da
pregiudizi antisemiti. Mayer era una specie di utopista che anticipava nei suoi
scritti certi aspetti della guerra del futuro. De Gaulle si dichiara suo
fervente discepolo. Anch'egli, ma in modo più realistico, crede nella necessità
di nuove forme d'azione bellica, che presuppongono la modernizzazione dell'esercito e in particolare la creazione di un solido corpo di divisioni
corazzate; proprio perché batte sempre su questo chiodo, lo chiamano il
"colonnello Motor". Eppure, per non averlo ascoltato, per aver
puntato tutto su una strategia difensiva che si identificava con la "linea
Maginot", i generali francesi subiranno l'obbrobriosa sconfitta del ' 40;
la strategia di De Gaulle la applicò Hitler, le cui Panzer-divisionen
travolgeranno in dieci giorni le illusorie difese francesi, aggirando la Maginot.
Negli anni fra le due guerre, De
Gaulle enuncia lucidamente il proprio punto di vista in due libri premonitori: Il taglio della spada e Verso l'esercito di mestiere. Questi
libri, che ebbero scarso successo (solo settecento copie vendute per il primo)
contraddicono l'insegnamento ufficiale dei grandi capi - Pètain, Weygand,
Gamelin -; in essi De Gaulle denuncia l'inettitudine dei parlamentari e l'incapacità
del comando militare. Per bloccare il disfacimento del paese, egli auspica l'
apparizione di un "matre" - si esita a tradurre questo termine con
"guida" o "duce", ma il senso è quello - "indipendente
nei suoi giudizi, inconfutabile nei suoi ordini, credibile di fronte all'opinione
pubblica; uno che è tutt'uno con l'esercito, devoto a coloro che comanda,
desideroso delle responsabilità; abbastanza forte per imporsi, abbastanza abile
per sedurre, abbastanza grande per una grande impresa...".
Questo autoritratto stupefacente
e profetico è del 1934. Solo Paul Reynaud crederà nelle tesi del giovane generale
De Gaulle, che infatti chiama a far parte del suo gabinetto come
sottosegretario alla Difesa. Ma è troppo tardi. Siamo al 6 giugno 1940: l'
agonia della Francia è cominciata. Il giorno 16 Reynaud si dimette: il
maresciallo Pètain lo sostituirà, pronto a firmare la capitolazione. Il 17
Charles De Gaulle, che ormai è soltanto un "ribelle" isolato,
raggiunge Londra. Ricevuto da Jean Monnet, il futuro "padre" dell'
Europa, afferma: "Sono qui per salvare l'onore della Francia". L'indomani
ci sarà il famoso appello del 18 giugno, che "in questa carriera
clamorosa, non rappresentò né un miracolo, né una rivoluzione", sottolinea
Lacouture: "fu un parossismo". Qui si conclude il Bildungsroman di Charles De Gaulle.
Occorrerà la competenza degli storici per analizzare i capitoli che illustrano
la carriera del ribelle, mettono in rilievo i suoi particolari meriti alla
nuova luce che Lacouture proietta sugli avvenimenti che si succedono dal giugno
1940 al 25 agosto 1944, giorno della consacrazione parigina dell'"uomo
provvidenziale": specie per quanto riguarda, in particolare, il rapporto
di tempestosa solidarietà che legò De Gaulle a Churchill, e quello di reciproca
antipatia che il generale ebbe con Roosevelt, o il machiavellismo con cui si
liberò del suo rivale, generale Giraud, i difficili e spesso conflittuali
rapporti che intrattenne con i vari gruppi della resistenza interna.
Il 25 agosto, mentre scende in
trionfo per gli Champs Elysèes, De Gaulle - come dirà nelle sue "memorie"
- non può più "ignorare l'ostinato disegno dei comunisti, né il rancore di
tanti notabili che non mi perdonano il loro errore, né il prurito che di nuovo
agita i partiti"; e si prepara ad ulteriori battaglie. Saranno queste
battaglie a fornire l' argomento del secondo volume di questa lucida, viva,
esemplare biografia.
“la Repubblica”, 9 ottobre 1984
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