PARIGI - Perfettamente rimesso,
almeno in apparenza, dopo il grave intervento chirurgico subìto quest' inverno,
Georges Simenon ha ritrovato la sua "casetta rosa" - un padiglione
del diciottesimo secolo alla periferia di Losanna -, la sua compagna Teresa, le
sue pipe, le sue abitudini da pensionato.
Il 13 febbraio scorso ha compiuto
ottantadue anni. "Adoro la vita", dice, "e non temo la morte;
comunque, preferisco morire il più tardi possibile".
Tuttavia ha preso le sue
disposizioni testamentarie. Non vuole che nessuno, nemmeno i figli, siano
avvertiti della sua morte; vuole essere cremato e le sue ceneri dovranno essere
disperse in giardino accanto a un cedro secolare, dove già furono sparse quelle
della figlia Marie-Jo, che si suicidò a soli venticinque anni.
Simenon è un vero camaleonte (non
a caso Fenton Bresler ha intitolato la biografia che gli ha dedicato The Mystery Georges Simenon, ora
tradotto in Francia da Bollard col titolo L'ènigme
Georges Simenon). Nella sua vita ha incarnato successivamente molti
personaggi. Il bohèmien, che
frequenta il Montparnasse degli "anni folli" in cui lo scrittore
precoce (aveva pubblicato il suo primo romanzo a diciassette anni e poi ne
aveva sfornati a decine, firmandoli con diversi pseudonimi: Georges Sim, Gum
Gut, Plick et Plock, Poum et Zette, Georges d' Isly, Germain d' Antibes e via
dicendo) ottiene i suoi primi successi. Il giornalista che fa più volte il giro
del mondo. Il cowboy del periodo americano (1945-1956). Il romanziere
affermato, che può permettersi di essere arrogante con gli editori, ai quali
strappa contratti favolosi. Il miliardario, a cui il successo dà un po' alla
testa, che frequenta il tout-Paris,
ha un tavolo riservato da "Maxim's", ordina i vestiti a Londra e si
fa venire dagli Stati Uniti una Chrysler Imperial appositamente carrozzata per
lui, compra appartamenti, ville, castelli e abbazie in rovina (abiterà
successivamente in trentatrè dimore), mobili preziosi, cani, cavalli. Il
seduttore irresistibile. Il padre di famiglia affettuoso. Ed oggi, il vecchio
saggio.
Bisogna vedere però che cosa si
nasconde dietro l' apparente serenità del saggio. A prima vista, Simenon sembra
aver avuto tutto dalla vita: il talento, la fortuna, le donne, la fama. A
trent'anni è già un autore adulato, che deve la sua celebrità al popolarissimo
personaggio di Maigret. Si può non aver letto neppure uno degli ottantaquattro
romanzi e delle diciotto novelle che il celebre commissario gli ha ispirato, ma
Maigret è universalmente noto, non fosse che attraverso gli innumerevoli
adattamenti cinematografici e televisivi (in cui è stato impersonato da attori
di grido, come Harry Baur, Charles Laughton, Jean Gabin, Michel Simon, Gino
Cervi).
Oggi l' eroe di Simenon è
immortalato da una statua che domina il piccolo porto olandese di Delfzijl,
dove Simenon scrisse il primo Maigret nel 1929, durante uno scalo, nel corso di
una crociera a bordo del cutter "L' ostrogoth". Un monumento alla sua
creatura in Olanda, un "Centro di studi Georges Simenon" all'
università di Liegi, suo luogo di nascita, ed anche una strada che porta il suo
nome nella stessa città: sono onori che pochi scrittori hanno conosciuto in
vita (fra questi pochi pensiamo a Victor Hugo, che ha altri punti in comune col
romanziere belga: il "machismo" e la prodigiosa fecondità e facilità
di scrittura).
Simenon ha descritto il rituale
che precedeva la sua attività creativa. Si chiudeva nel suo studio, dalle sei
del mattino a mezzogiorno, con una bottiglia di cognac o di vino bianco a
portata di mano, trenta pipe, quattro dozzine di matite ben temperate e una
grande busta intatta. Sulla busta vergava i nomi dei personaggi principali del
progettato romanzo, i loro dati biografici essenziali e il nome della località
dove l' azione si sarebbe svolta. Poi si metteva al lavoro, inventando man mano
gli avvenimenti. La stesura di un romanzo gli richiedeva in media sette giorni,
più quattro per la rilettura. Così sono nati gli ottantaquattro "Maigret",
che Simenon considerava come una produzione "semi-alimentare", e
centoquarantuno altri romanzi da lui definiti "veri", anche se per la
maggior parte ebbero meno successo commerciale. Il ritmo di lavoro e la resa
dello scrittore comincia però a diminuire già negli anni Cinquanta. Secondo il
parere unanime dei suoi numerosi critici e biografi, l' ultimo romanzo riuscito
di Simenon è Le chat, pubblicato nel
1966 e poi adattato per lo schermo da Pierre Granier-Deferre (fu magnificamente
interpretato da Jean Gabin e da Simone Signoret). Dopo Le chat Simenon scriverà ancora diciotto romanzi; ma il declino
delle sue facoltà creative è irrimediabile.
Il 18 settembre 1972, Simenon si
chiude per l' ultima volta nel suo studio, osservando il consueto rituale.
Sulla busta verga una sola parola: "Victor", il nome del nuovo
protagonista. Poi resta immobile per tre ore a fissare la busta, incapace di
aggiungervi altro. Capisce allora che la sua immaginazione è diventata sterile.
L' indomani Simenon decide di
cambiar vita. Non scriverà più romanzi. Abbandona la sua villa da miliardario
di Epalinges, vende i mobili, le sue cinque automobili, congeda gli undici
domestici. "Dopo aver vissuto per cinquantacinque anni nella pelle dei
miei personaggi", dichiara, "voglio vivere la mia vita: mi sento
libero, felice, perfettamente sereno".
Questa serenità sarà però turbata
molto presto. Da un lato, Simenon non riesce a rinunciare del tutto alla
scrittura, e si mette a dettare i suoi ricordi al magnetofono: ne riempirà
ventun volumi. Quell'eterno rimuginare su se stesso e su episodi anche banali
irrita la critica: dopo la pubblicazione del dodicesimo volume, Angelo Rinaldi
afferma sull'"Express” che Simenon ha raggiunto "il grado zero della
scrittura"; solo il grosso volume dei Mémoires
intimes, diventerà un best-seller per il suo sapore scandalistico.
All' amarezza per la disaffezione
di una critica che lo aveva tanto incensato, si aggiunge il peso di molti
drammi familiari. La sola donna di cui Simenon è stato veramente innamorato è
la canadese Denise, la sua seconda moglie, chiamata D nei suoi libri.
Invecchiando la donna è diventata alcolizzata e semifolle, e il loro amore si è
tramutato in feroce odio reciproco, che sarà messo in piazza e avrà strascichi
giudiziari. Nel suo libro autobiografico Un
oiseau pour le chat, Denise descrive il marito come un uomo orribilmente
presuntuoso, egocentrico e ubriacone. A sua volta, nelle sue Memorie, Simenon la descrive come una
puttana, pur compiacendosi nel sottolineare che era stato proprio lui a incoraggiare
gli istinti puttaneschi di lei (la porta in un bordello, la fa partecipare a
giochi erotici con un terzo partner, un giorno esige che si faccia servire a
tavola dal domestico dopo essersi denudata il seno).
Queste sordide vicende coniugali
dovevano precipitare la tragica fine di Marie-Jo, che si uccise con un colpo di
pistola il 20 maggio 1978, dopo aver già tentato sei volte il suicidio.
Marie-Jo era una ragazza molto intelligente e sensibile: lo testimoniano le sue
lettere e i suoi scritti. Fin da bambina era legata al padre da un forsennato
amore incestuoso: a nove anni gli aveva chiesto di regalarle un anello nuziale,
da cui non si separerà mai. Era troppo fragile per sopportare le scenate dei
genitori, come pure l' ambigua situazione creata da Simenon, che ostentatamente
andava a letto con la cameriera italiana Teresa - la sua attuale compagna
ufficiale -, pur mantenendola nella posizione subordinata di domestica.
Marie-Jo era gelosa di Teresa. Per questo il padre la trattò da "nemica".
Per questo la figlia che lo adorava si suicidò.
Numerosi psichiatri e psicologi
si sono interessati al "caso Simenon", chiedendosi come mai
quest'uomo che aveva avuto tutto dalla vita abbia poi rovinato le proprie
"chances", contribuendo alla distruzione della sua famiglia. Sono
giunti alla conclusione che Simenon è uno schizoide e, dal punto di vista
psicologico, un immaturo. Il suo comportamento sessuale è assai rivelatore:
molte volte Simenon si è vantato di aver posseduto "diecimila donne",
o addirittura "decine di migliaia". All' epoca del suo primo
matrimonio con Règine Renchon, da lui ribattezzata Tigy, assicura di aver
tradito la moglie ogni giorno con almeno tre donne diverse. Aveva una
predilezione spiccata per gli amori venali e ancillari. Coltivava anche il
sogno dell' harem: costrinse la puritana Tigy a convivere con Boule, una
servetta normanna, diventata la sua concubina preferita, e poi con D. Quando
Tigy ottenne finalmente la separazione, fra le clausole del divorzio lui le
impose l' obbligo di vivere fino alla maggiore età del loro figlio Marc entro
un raggio di otto chilometri dalla propria casa e negli anni del suo matrimonio
con D., Simenon esercitò un "droit de cuissage" sistematico su tutte
le segretarie e le domestiche, prima che Teresa conquistasse un posto
privilegiato. La spudoratezza con cui egli rivela nei suoi scritti come sedusse
Tigy senza amarla, come "conobbe l' estasi" con D. fin dal primo
incontro, come prese Teresa, in piedi, in mezzo a due porte, rivelano la sua mentalità
di "macho" e ci rendono quest' uomo sgradevole, anche se per altri
aspetti può risultare simpatico. "Nelle sue opere", afferma il
professor Becker, "la sessualità è sempre descritta con la spietata
crudeltà della visione adolescenziale". Se su questo piano, Simenon non è
mai giunto all' età adulta e non ha mai conosciuto le gioie di un amore totale,
il motivo va ricercato nei rapporti difficili con sua madre, una donna austera,
che non lo amava: ed è per questo che Lettera a mia madre, scritta quando la
donna era morta da tre anni, riveste un particolare interesse. Ci sono pochi
personaggi femminili nei romanzi di Simenon. Curiosamente, il solo che spicca è
quello della moglie del commissario Maigret, una brava donna, esclusivamente
devota al marito, che lo attende a qualsiasi ora della notte per riscaldargli
il pasto e infilargli le pantofole. Questa donna, che è l'antitesi delle
"diecimila" a cui Simenon pretende di aver dato vittoriosamente la
caccia, incarna un suo segreto ideale di vita semplice, piccolo-borghese; e
forse in Teresa, con la quale lo scrittore vive da oltre vent'anni e che lo
assiste con l'amore di una madre e lo zelo di un' infermiera, Simenon ha
trovato, nella tarda vecchiaia, la realizzazione del suo sogno
piccolo-borghese.
“la Repubblica”, 5 maggio 1985
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