13.8.13

"Zia" Agatha Christie, una wagneriana accanita (Irene Bignardi)

LONDRA
Timida, timidissima, terrorizzata dalla pubblicità e dalla mancanza di privacy. Semplice, antintellettuale, placidamente borghese, conservatrice nelle piccole cose, spiritosa e giudiziosamente generosa, un occhio all' estratto conto e uno alle persone che poteva beneficare con i prodotti del suo ingegno. Molto "insulare" e britannica. E soprattutto una "signora", con buona pace dei suoi cappellini ridicoli, dei suoi ricciolini, della borsetta perennemente a portata di mano, fuori casa come dentro casa, dove la trasportava da una stanza all'altra per un feticistico attaccamento alle cose fondamentali.
Così, dalle parole di due persone che la conoscono bene, anche se in modi diversi, esce l' immagine di Agatha Mary Clarissa Miller, per quattordici anni moglie del colonnello Archibald Christie, da cui le deriverà il cognome legato alla sua fama di scrittrice, quella Agatha Christie alla quale il Mystfest di Cattolica (che si inaugura domani) dedica una "personale" di tutti i film tratti dai suoi romanzi, qualche anticipazione (un Ordeal by Innocence con Faye Dunaway) e soprattutto, nei giorni 29 e 30, un convegno in forma di processo a cui saranno presenti "christologi" di tutta Europa per discutere i meriti e i demeriti della regina della "detective story".
Al di là dunque del profilo classico di Dame Agatha (fu nominata "baronetto" dell' impero britannico), al di là degli 83 libri scritti - e tradotti in 12 lingue -, dei due miliardi di lettori che la collocano, secondo l' Unesco, al terzo posto dopo Shakespeare e Dante, delle dodici commedie fortunatissime, tra cui quella Trappola per topi che regge la scena da trentadue anni, al di là di un'autobiografia tanto divertente quanto reticente, tanto spiritosa quanto elusiva, com'era in realtà la massima signora del delitto secondo l'amica Christianna Brand, anche lei ottima scrittrice di gialli, e secondo la storica Janet Morgan, che a settembre farà uscire presso l'editore Collins una biografia di Agatha?
In partenza per Cattolica, dove assieme a Janet Morgan parteciperà al "processo Christie", Christianna Brand abbandona i suoi allegri e spiritosi settantasette anni in una poltrona fiorita della casetta, ancora più fiorita, di Maida Vale, in cui vive, e rievoca gli anni del Detective' s Club, il club "molto esclusivo" creato da Dorothy Sayers - dieci membri in tutto, ai bei tempi - che quarant'anni fa riuniva sotto il suo tetto i re e le regine del giallo. "Vuole un ritratto di Agatha? E' un ritratto di signora, che non faceva mai sfoggio del proprio successo, che non parlava mai di lavoro, che faceva finta di non scrivere mai, come se quegli ottanta e passa romanzi fossero il frutto di uno hobby e non di una puntigliosa attività. Timidissima, fino al punto di essere talvolta involontariamente sgarbata, capace di alzarsi da una tavolata senza neanche dire arrivederci. Ma al Detective' s Club si rilassava, diventava ciarliera e allegra, e tirava fuori quello che era la sua caratteristica principale: la zia prediletta di tutti".
Alla "zia prediletta" Christianna Brand non risparmia tuttavia le sue critiche professionali: "All'inizio scriveva in maniera orribile, con una punteggiatura indecente, sciattamente. Poi è diventata bravissima. Ma la cosa più interessante è il suo modo di procedere all'interno della struttura rigidissima del giallo: io la chiamo la tecnica del granello, la capacità di costruire attorno a un elemento apparentemente insignificante un'architettura, una geometria perfetta".
Janet Morgan, invece, Agatha Christie non l'ha conosciuta mai personalmente, ma è stata incaricata dalla famiglia di scriverne la biografia. Perché? Un po' perché l' autobiografia di Agatha Christie, paradossalmente, dice molto poco della sua vita e ancor meno del suo modo di lavorare e di scrivere. Poi perché sollecita più domande di quante non siano quelle a cui risponde. Poi perché negli ultimi anni sono circolate troppe voci e troppe fantasie sul conto di Agatha e di quella sua celebre sparizione del dicembre 1926, cui bisognava trovare delle possibili spiegazioni. E soprattutto perché la famiglia ha deciso di sfruttare un patrimonio di documenti, appunti, conti della spesa, nastri registrati, vecchi bauli, che danno nuova luce e nuovi particolari sulla tranquilla vita di una signora che ha "ucciso" qualche centinaio di persone.
Dalle poesie che scriveva la mamma inglese di Agatha (il padre era americano) alla fitta corrispondenza da lei scambiata con il primo marito durante la Grande Guerra, a quella con il secondo marito, l'archeologo Max Mallowan, le rare volte che lei non lo aveva seguito nelle sue missioni, a quella con il suo agente Edmund Cork, l'odio di Agatha per il telefono si è rivelato prezioso per farci conoscere molte cose sulla sua vita quotidiana, mentre i cinquanta quaderni di appunti ripescati nella soffitta della bella casa georgiana del Devonshire ci rivelano il suo modo di arrivare al delitto: un'idea buttata giù in una riga, due o tre situazioni appena abbozzate, poi magari tutto a dormire per essere ripreso anni dopo.
"Un labirinto da incubo", confessa sgomenta Janet Morgan, che attribuisce il rigore matematico, la "coreografia" musicalmente orchestrata dei "misteri" della Christie alla curiosità sviluppata da Agatha durante la sua infanzia solitaria - non fu mai mandata a scuola - per il gusto della forma che regnava nella casa dei genitori, per le perfette gerarchie che regolavano il personale di servizio, per il modo stesso in cui vedeva disporre le stoviglie, per quei puzzles su cui giocò a lungo con lo stesso furore con cui i bambini nostri contemporanei si dedicano ai videogames, per gli acrostici, gli anagrammi, i giochi di abilità con le parole.
Ci fu poi, per la adolescente Agatha, la stagione della passione musicale, quando sperò di diventare una protagonista del melodramma e studiò canto a Parigi (rimarrà una melomane, e, oh stupore, una wagneriana accanita, secondo Christianna Brand).
Una donna fredda o almeno britannicamente "cool"? Le due testimoni sostengono di no; al contrario, fu sicuramente una donna appassionata e capace di grandi amori, ma anche di grande autocontrollo e autoironia e prudenza, come rivela la cronaca dei suoi due primi innamoramenti a diciotto anni.
Poi arrivò Archibald Christie "che è entrato nella mia vita come un turbine". Quando ne uscì, quattordici anni più tardi e dopo averle confessato di essersi innamorato della segretaria, ci fu l'unico momento misterioso della vita di Agatha: la famosa sparizione che impegnò la polizia britannica in una caccia disperata all'eroina nazionale (proprio allora era esploso il successo di Dalle nove alle dieci). Janet Morgan ha scoperto qualcosa di nuovo su questo episodio così chiacchierato? Molti particolari, per conoscere i quali dovremo aspettare il suo libro. Ma la sostanza, raccontata attraverso dodici testimoni d'epoca ancora vispi e memori incontrati da Janet nella cittadina di Harrogate, dove finì la fuga di Agatha, compresa la signora che le portò il breakfast nell'alberghetto in cui si era rifugiata, è che si trattò di un crollo nervoso. Le era da poco morto il padre, il marito l'aveva tradita. "Non sai, Christianna, come sia terribile scoppiare a piangere solo perché la chiave non entra bene nel cruscotto della macchina...", scriverà anni dopo alla Brand, rompendo il silenzio su un episodio che ha sempre solo sfiorato.
Se per Archibald fuggì dalla casa coniugale, per Max uccise, secondo Janet Morgan, il suo "insopportabile Poirot" (Miss Marple, invece, ritratto della sua prozia, l' amava molto, e invecchiando le attribuì parecchie delle fantasie e delle disordinate sensazioni che lei stessa provava). Agatha si trovava a Londra, sotto i bombardamenti tedeschi, mentre Max si divertiva amministrando la Tripolitania occupata dalle truppe britanniche, in una bella villa italiana sul mare. Forse Agatha seppe anche essere gelosa: in fondo, aveva quindici anni più del marito. Depressa, decise di farla finita con quella sanguisuga di Poirot, che la costringeva ancora a lavorare, facendogli commettere un delitto e "suicidandolo". Ma il suo agente si oppose: non può ucciderlo, signora, non è così ricca; nonostante la leggenda, ha sempre dei guai con le tasse... Così Agatha seppellì Sipario e il suo detective in un baule, e lo tirò fuori solo quando, ormai vicina alla fine, non era più in grado di far fronte all' impegno di quel libro all' anno che i suoi lettori si aspettavano da lei.
Nel frattempo, come dice Janet Morgan, continuò a vivere in maniera assolutamente impolitica tutte le paranoie politiche della media borghesia britannica, le paure di una cospirazione internazionale, il terrore della legge e quello delle ingiustizie. Il marito riuscì perfino a farle votare "sì" all' ingresso dell' Inghilterra nella Cee, ma niente poté toglierle di testa che si trattasse di una semplice unione doganale. Invecchiando divenne meno timida e ogni tanto osò esprimere in pubblico i suoi punti di vista, con giudizi spesso spietati; ma conservò un odio profondo per quella che è una delle forme di comunicazione più tipiche dei nostri tempi, l'intervista televisiva: che, scrisse sdegnata a un giornale, è imbarazzante e indecente per chi si confessa in pubblico e per chi vede gli altri denudarsi sullo schermo. E prese gusto a stupire la gente.
Lei, così indipendente e libera, padrona del suo destino, quando dovette rispondere al questionario di una rivista italiana sulla domanda "cosa pensa del ruolo delle donne inglesi nella crescita economica e culturale del paese?" disse in tono definitivo: "Penso che il mondo potrebbe benissimo andare avanti senza di loro".
Attribuiamo questa risposta al feroce pudore della regina del crimine.

"la Repubblica", 21 giugno 1984

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