20.8.13

Il sesso antico di Michel Foucault (Elena Guicciardi)

E’ contenuta in quest’articolo da Parigi la prima notizia dell’uscita (postuma) per Gallimard del secondo e terzo volume della progettata Storia della sessualità di Michel Foucault. I due volumi appena un anno dopo furono tradotti in italiano e pubblicati da Feltrinelli, suscitando vari commenti. Io credo che si tratti di due libri molto belli, pieni di notizie imprevedibili e di annotazioni profonde e spiazzanti. Ne dirò di più altrove e ne “posterò” qualche brano. Qui voglio sottolineare la sostanziale esattezza – a mio avviso – della lettura di Elena Guicciardi. Foucault qui torna a una visione “illuministica” del processo storico e la corrobora di argomentazioni: secondo lo studioso francese il cristianesimo interrompe la civiltà e la libertà antiche inaugurando l’età di mezzo e la storia della sessualità ne è la dimostrazione tangibile. Questa peculiare “classicità “ dell’ultimo Foucault  ha, a mio parere, un’impronta prevalentemente stoica. (S.L.L.)

La notizia della morte di Michel Foucault ha coinciso esattamente con la pubblicazione presso l'editore Gallimard del secondo e terzo volume della sua Storia della sessualità: L'usage des plaisirs (pagg. 286, franchi 85), che riguarda la problematica sessuale nella Grecia classica, e Le souci de soi (pagg. 284, franchi 85), che ne delinea l'evoluzione ulteriore attraverso il pensiero di autori pagani del I e II secolo dopo Cristo.
In un volume introduttivo, La volontà di sapere, uscito nel 1976, Foucault aveva esposto il suo progetto iniziale, che non era di ricostruire una storia dei comportamenti sessuali, ma di capire il processo per cui, nelle società occidentali moderne, si è costituita una "esperienza della sessualità": concetto che, nella sua connotazione attuale, comincia a emergere soltanto all'inizio dell'Ottocento. Dopo questo primo volume, il filosofo si era chiuso in un lungo silenzio, rinviando di anno in anno la pubblicazione dei volumi successivi (nel frattempo aveva pubblicato soltanto due testi minori, uno di presentazione alle memorie di un ermafrodita, Herculine Barbin, detta Alexine B, il secondo intitolato Les desordres de famille, in cui utilizzava del materiale d'archivio per dimostrare gli abusi delle "Lettres de cachet" sotto l'ancien règime). Questa lunga gestazione e il conseguente stress, che ha certamente influito sulla salute dell' autore, si spiega con il fatto che, strada facendo, Foucault ha notevolmente modificato il suo progetto iniziale e approfondito il campo delle sue indagini, usando gli strumenti della "nuova storia" e improvvisandosi grecista e latinista per esplorare un materiale immenso: non solo la produzione dei filosofi dell'antichità classica, ma i codici giuridici, i trattati di medicina e di dietetica, o i lavori esoterici, ma assai rivelatori, come Le chiavi dei sogni di Artemidoro.
Da quest' enorme fatica sono risultati due saggi di un'originalità assoluta. Conoscendo l' impegno di Foucault che, come sociologo, si è sempre proposto - da La storia della follia alla Nascita della clinica e a Sorvegliare e punire - di denunciare le istituzioni di una società repressiva e, come militante di sinistra, si è sempre mobilitato per la causa dei diritti civili e soprattutto contro gli abusi del sistema penitenziario, si poteva presumere che avrebbe abbordato anche questa "storia della sessualità" dal punto di vista della repressione del potere politico e religioso e della lotta di emancipazione. Invece Foucault demolisce precisamente il pregiudizio corrente che presenta la sessualità come una "invariante", nel senso che "se essa si manifesta sotto forme storicamente singolari, è per effetto dei diversi meccanismi di repressione ai quali, in qualsiasi società, si trova esposta". Foucault dunque non ha voluto scrivere una storia della repressione, né delle pratiche sessuali iscritte in un determinato contesto sociale; ma, come egli stesso spiega, "una storia del modo in cui il piacere, i desideri, i comportamenti sessuali sono stati problematizzati e pensati nell'antichità in riferimento a una certa arte del vivere". Perché, si è chiesto, il comportamento sessuale e il piacere sono oggetto di preoccupazioni morali in una società permissiva come quella dell'antica Grecia, in cui non esistono tabù (salvo quello dell'incesto)? La sua riflessione parte dal giudizio di valore sullo stesso atto sessuale: mentre il cristianesimo lo assocerà all'idea del peccato e della morte, autorizzandolo unicamente nell' ambito del matrimonio e ai soli fini della procreazione, l'antichità gli riconosce dei valori positivi e non ne limita rigorosamente la pratica. Aldilà di queste generalità, l'autore dimostra il perdurare dei timori circa gli abusi del sesso e la conseguente esaltazione di certi valori ascetici. Ma sottolinea subito una differenza fondamentale: nel pensiero antico, le esigenze d'austerità non sono organizzate in un codice morale autoritario, imposto a tutti, bensì rappresentano un "surplus", quasi un "lusso", caratteristico dell' uomo libero, capace di assumerle responsabilmente. Non bisogna dimenticare che la morale volontaristica è una morale virile: essa è propria soltanto degli uomini adulti, nati liberi, considerati come "soggetti" di una sessualità "attiva". Non riguarda invece direttamente né le donne, né gli schiavi, né gli adolescenti, assimilati nella categoria "passiva" dei "partners-oggetto". Si tratta di una distinzione essenziale. Sul piano della sessualità, questo rapporto fra dominatori e dominati si esprime nell'atto di penetrazione virile: perciò per l' uomo libero la vergogna peggiore è di essere "passivo", mentre la relazione saffica è condannata (ma non vietata), in quanto la lesbica attiva usurpa una prerogativa maschile. A prescindere da questa norma fondamentale, gli antichi non hanno pregiudizi sulla forma che può rivestire l'atto sessuale: per loro, la discriminazione fra omo e eterosessualità non ha senso e la bisessualità è un fenomeno naturale, vissuto senza problemi. Nella pratica dei piaceri che i greci designano col termine generale di "afrodisia", tradotto dai latini in "venerea", i pensatori antichi condannano gli abusi, ma soprattutto per considerazioni mediche, allo stesso modo in cui condannano l' eccesso nel mangiare o nel bere. (Secondo Platone, la lussuria è una manifestazione patologica, suscettibile di provocare la fuoruscita dello sperma dal midollo osseo, da cui lo si suppone veicolato; secondo altri autori, essa può dar luogo a una pericolosa effervescenza del sangue o a fenomeni di tipo epilettico). L' uso moderato del piacere sarà regolato in funzione delle ore del giorno e delle stagioni, di considerazioni climatiche ed igieniche spesso curiose. Ad esempio, un trattato di dietetica, che appartiene alla tradizione ippocratica, prescrive di osservare d' inverno una dieta a base di carne arrostita e di legumi secchi; e di intensificare al tempo stesso gli esercizi ginnici e le pratiche amorose, specie per gli uomini già anziani, che hanno tendenza a raffreddarsi. In primavera, sarà meglio nutrirsi di carne bollita e di verdure lesse, far molti bagni e guardarsi da troppo frequenti amplessi. L' estate si consigliano vini e cibi leggeri e la massima astinenza sessuale. Qual è la condizione della donna in un contesto contrassegnato dai soli valori virili? Ponendosi nella prospettiva del maschio dominatore, il Contro Nerea attribuito a Demostene distingue tre categorie: "le cortigiane per il piacere; le concubine per le cure quotidiane; le spose per avere una discendenza legittima e una guardiana fedele del focolare". Tuttavia a questa visione "machista" corrisponde una realtà assai più sfumata. E' vero che, nella pratica sociale, l' obbligo di fedeltà è a senso unico (benchè i filosofi raccomandino la reciprocità): solo la donna è passibile di sanzioni in caso di adulterio - non avrà più diritto di assistere alle cerimonie del culto pubblico -, mentre per l' uomo sposato è lecito avere avventure extra-coniugali con partners dell' uno o l' altro sesso, purchè non si tratti di donne sposate di buona condizione sociale. Questa libertà del maschio è però limitata da un certo numero di obblighi: per esempio, secondo una legge di Solone il marito dovrà soddisfare la moglie almeno tre volte al mese, se è un' "ereditiera". Inoltre l' uomo dovrà comportarsi da pedagogo amorevole nei confronti della giovane sposa: una volta addestrata al buon governo della casa e del patrimonio familiare, le assicurerà una posizione previlegiata, di associazione economica, nell' ambito domestico. Molti più problemi suscita l' amore fra l' uomo adulto e l' adolescente. La società greca ha non solo tollerato, ma esaltato questo rapporto, che è però fonte di inquietudine per i moralisti. Posto sotto gli auspici del celeste Urano, quest' amore rivolto a un "oggetto" nobile - il ragazzo ben nato, simbolo della bellezza, del vigore e dell' intelligenza - è problematico, perchè la posta in gioco è l' onore del futuro adulto. Se l' adolescente, in una delicata fase di transizione, si lascia sedurre da individui vili, se si concede troppo facilmente, se ha un comportamento effeminato o si prostituisce per danaro, rovinerà per sempre la sua reputazione. Di qui la definizione di precetti minuziosi, che costituiscono una sorta di codice dell' "amor cortese". L' adolescente si trova un po' nella situazione che, nell' Ottocento, sarà quello della ragazza da marito: deve star attento a non compromettersi nella fase del corteggiamento e difendere entro certi limiti la sua virtù. Se non è di origine servile, sarà però libero delle sue scelte e giudicato in base ad esse. Dovrà concedersi non in funzione del piacere, ma delle garanzie morali e sociali che il partner più anziano può offrirgli: cercarsi dunque anzitutto un protettore e una guida. Questo tipo di rapporto è fragile e normalmente destinato a rompersi appena l' adolescente diventa adulto (cioè quando gli spunta la barba). Per rimediare a tale precarietà, i filosofi esaltano la "philia", il rapporto d' amicizia che solo può consolidare durevolmente la relazione sessuale; molti raccomandano addirittura l' astinenza totale, come unico modo per sublimare una infatuazione passeggera. E' in una forma di ascetismo fondata non su leggi imposte dall'esterno, ma sull'autocontrollo e la responsabilizzazione, che Foucault identifica quella "arte del vivere" superiore vantata dai filosofi dell'antichità, che implicitamente egli propone come modello ideale, valido ancora oggi. E’ questo, forse, il suo testamento.
Nel terzo volume di questa Storia della sessualità, Michel Foucault illustra il consolidamento di una morale di austerità attraverso le testimonianze di filosofi e medici del I e II secolo, da Soranus a Rufus di Efeso, da Musonio a Seneca, da Plutarco a Epitteto, a Marc' Aurelio: vale a dire l'insorgere di una crescente "diffidenza nei confronti dei piaceri, l'insistenza sugli effetti (negativi) dei loro abusi per il corpo e per l'anima, la valorizzazione del matrimonio e degli obblighi coniugali, la disaffezione nei confronti dei significati spirituali attribuiti all'amore per i ragazzi".
Gli autori cristiani recupereranno molti di questi temi, per cui non ci sarebbe una rottura con la morale antica. Ma questa continuità, dice Foucault, è illusoria. Se si manifesta attraverso il perdurare di certi precetti di temperanza, l'etica sottesa si fonda invece su premesse opposte. Infatti, il fine a cui mira la morale antica è il perfezionamento dell'uomo libero, inteso come "soggetto" della propria vita e della propria sessualità, e la "stilizzazione" dei suoi rapporti con gli altri, dettata da preoccupazioni non solo morali e sociali, ma anche estetiche. La morale cristiana si elabora invece a partire da una visione ontologica dell'uomo condizionato dalla caduta di Adamo. Questo sarebbe dovuto essere l'argomento del quarto ed ultimo volume di questa Storia della sessualità, intitolato Les aveux de la chair, le confessioni della carne. Purtroppo rimarrà alla stato di progetto.


“la Repubblica”, 27 giugno 1984

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