28.8.13

Profilo di George Sand (Anna Tito)

 
«Ecco George Sand, nostra contemporanea» annuncia il mensile Magazine Littéraire in apertura del dossier dedicato, in occasione del bicentenario della nascita, che cade in questo luglio, alla scrittrice che si permise tutte le audacie, pubbliche e private: indossava abiti maschili, fumava il sigaro e la pipa, denunciava l’alienazione della vita matrimoniale e affermava il diritto all’amore-passione; ebbe non pochi amanti - «non più di una ventina» a suo dire -, credeva nel genio del popolo e scriveva secondo il proprio istinto. Combatté l’oscurantismo della Chiesa e rimase fedele agli amici e all’ideale di una Repubblica pacifica, contro l’oppressione delle dittature ma anche contro la violenza delle rivoluzioni. Credeva nella supremazia dell’arte e nella profondità delle tradizioni popolari, e in nome della missione sociale della letteratura inventò la moderna scrittura impegnata; odiava il culto del denaro, intravvedendo le malefatte che avrebbe causato l’onnipotenza dell’economia. Denunciò la schiavitù delle donne e lottò in favore della loro indipendenza.
Amandine Aurore Lucile Dupin – questo il suo vero nome - nacque a Parigi il 1° luglio del 1804, in pieno apogeo dell’Impero napoleonico, da una popolana, sarta al Palais Royal, e da un brillante ufficiale dell’esercito napoleonico. La nonna paterna, figlia naturale del maresciallo di Sassonia, crescendola del castello di Nohant, le insegnò i Lumi e la «grazia». Fra il popolo e l’aristocrazia, due modelli di vita e di cultura, scelse le convinzioni democratiche: «Sono figlia di un patrizio e di
una bohémienne. Io sarò sempre con lo schiavo e con la donna del popolo, mai con i regnanti e i loro seguaci» andava ripetendo.
Orfana di padre, e proprietaria del castello in seguito alla morte della nonna, correva nei boschi e si esprimeva in dialetto. Sposò nel 1822, per pura convenienza, il barone Casimir Dudevant da cui ebbe due figli. L’unione subito si rivelò male assortita: appassionato di cavalli e di caccia, Casimir, al contrario di Aurore, detestava la conversazione e la lettura. Non potendo divorziare, si separarono, e lei si fece apostolo del divorzio e della riforma del Codice civile napoleonico.
Conobbe Balzac, prese a collaborare a diverse riviste, e con il diciannovenne Jules Sandeau - il suo primo amante, sembra - scrisse Rose et Blanche nel 1831. Con Indiana (1832) quando per la prima volta utilizzò lo pseudonimo maschile di George Sand – estrapolato con acume e furbizia dalla prima sillaba di Sandeau e dal romantico George Byron di cui era fervente ammiratrice - dette inizio
a una fortunatissima carriera letteraria. Vendette un’infinità di copie e fu tradotto e diffuso all'estero. Fece colpo fra i contemporanei per l’energia della protesta e il vigore della denuncia della condizione femminile. Scrisse oltre un centinaio di romanzi, femministi - oltre a Indiana, Lélia, Valentine -, a sfondo sociale - Le compagnon du Tour de France, Le Meunier d'Angibault, La ville noire, e più raramente storici. E tutti si rivelarono dei best-sellers in Francia e non.
Nell’alta società guardavano con sospetto la giovane scrittrice, la cui vita si arricchiva di numerose, brevi, e non sempre fortunate relazioni amorose, fra lo scandalo dei benpensanti: il poeta Alfred de Musset fu il più romantico, lo scrittore Michel de Bourges il più politico, il teatrante Alexandre Manceau il più devoto, mentre con il musicista Friedrich Chopin, fragile e geniale, il rapporto durò per ben nove anni: «Non si può vivere senza amore» diceva lei. Fu amica di Flaubert e di Stendhal, con cui condivideva la sensibilità critica verso i valori dominanti dell’epoca.
Provocò tutto e tutti, lasciando marito e figli perché «annoiata», e dopo essersi innamorata di Sandeau diciannovenne lo abbandonò per de Musset, con il quale fece un viaggio d'amore a Venezia; all’Hotel Danieli in cui soggiornava con l’innamorato dilaniato dai dolori addominali dovuti al tifo, circuì, in men che non si dica, il medico Pietro Pagello. Di Chopin s’innamorò nel 1835, e questo lungo e controverso rapporto coincise con una straordinaria attività letteraria, con l’impegno politico e la fama a livello internazionale.
Trent’anni dopo, a quasi sessant’anni, era così stimata e famosa che Napoleone III voleva renderle omaggio, nonostante la sua conclamata opposizione al regime imperiale. Ma lei rifiutò, dando, nel rapporto con i potenti di turno, ancora una volta una modernissima lezione di stile.
Era la «camarade Sand», e la odiavano le signore dei salotti e dell’intelligentsia. Delle donne del popolo descrisse l’umiliazione e le sofferenze redigendo, fra gli altri, Consuelo (1841) e La palude del diavolo (1846) che ebbero successo per la finezza psicologica e la forte carica idealistica dell’autrice.
Consapevole della crescente importanza della stampa, creò alcuni periodici, quali “L'éclaireur de l'Indre”, “La Revue indépendante” e “La cause du Peuple”. Ben lontana dall’«arte per l’arte» cara a Flaubert, voleva rendersi utile e si impegnò in tutte le lotte dell’epoca: contro l'ingiustizia e la miseria, la pena di morte e il carcere, per l'emancipazione dei contadini, i diritti delle donne, il libero pensiero, il trionfo delle nazionalità, specie in Italia, e per la Repubblica «democratica e sociale» fondata sull’uguaglianza, il diritto universale, il laicismo e la non violenza.
Al tempo stesso scrittrice, donna, innamorata, repubblicana e femminista, era già un’icona nel corso della Rivoluzione del 1848, e le femministe che l’incensarono l’hanno in seguito arruolata nelle loro battaglie. Morendo, l’8 giugno del 1876 a Nohant all'età di settantadue anni, lasciò Albine, romanzo interrotto. Rifiutò l’estrema unzione, ma sua figlia Solange impose un funerale religioso, cui presero parte Flaubert, Dumas e il principe Napoleone…

"l'Unità", 19 luglio 2004

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