9.6.14

Carlo Borromeo. I mille volti del santo dei milanesi (Silvia Giacomoni)

La popolarità di San Carlo stupiva Stendhal che, tra gli operai milanesi, la trovava pari a quella di Napoleone. Possiamo stupircene ancora: il pellegrinaggio del papa viene a concludere un anno di celebrazioni del santo che, a parte un convegno internazionale, ha avuto carattere popolare. Le parrocchie si sono disputate l'onore delle "peregrinatio crucis" dietro la Croce del Santo Chiodo, la stessa che il Borromeo brandeggiava per le vie della città travolta dalla peste. E' difficile capire i motivi della popolarità di San Carlo perché di lui coesistono molte immagini contrastanti; quella trionfale dell'uomo che all'Inquisizione di Spagna oppone i diritti della sua, esemplificata dal San Carlone di Arona; quella ascetica, dell'uomo macerato da penitenze e digiuni, tramandataci dai pittori secenteschi cari a Giovanni Testori. Poi c'è l'uomo caritatevole, che durante la peste si spoglia fin degli abiti; e il grande pastore, che ridesta lo spirito religioso in una diocesi dove persino i preti avevano dimenticato il padre nostro; e infine l'organizzatore indefesso di seminari, collegi, ospedali, opere pie. Quale Carlo celebrerà il papa?
Il cardinale Martini lo scorso anno ha messo in evidenza soprattutto il San Carlo assorto in adorazione davanti al Crocefisso e il San Carlo pastore, che diffonde la cultura religiosa tra tutti gli strati della popolazione. Ma è legittimo scinderlo, un uomo, in tante figure? Se lo si fa, è perché manca una biografia esauriente del Borromeo, personaggio importantissimo e scomodissimo, nel quale si riassumono tutti i nodi della Controriforma o "riforma cattolica", come oggi si dice. A scriverla non basterebbe una vita: alla Biblioteca Ambrosiana si conservano circa ventimila sue lettere. Carte che lo riguardano si trovano negli archivi vaticani, spagnoli, austriaci, polacchi, di tutta Europa.
Nato nel 1538, abate commendatario a 12 anni, Carlo Borromeo a 21 anni era "cardinal nepote", cioè segretario di Stato presso Pio IV Medici che lo amava moltissimo. Cos'aveva di amabile? Bruttissimo fin dalla più tenera età, era anche malaticcio e balbuziente, nonché tardo nell'apprendere. Ma aveva una volontà di ferro. Combatteva il catarro col canto e il digiuno. La balbuzie pronunciando discorsi. La lentezza con l'applicazione. Sapeva scegliersi i collaboratori. L'apprendistato romano - fra l' altro tenne i rapporti coi legati pontifici che si trovavano a Trento per concludere il Concilio - gli fu utilissimo. Convertitosi dopo la morte del fratello, cominciò subito, alla Corte pontificia, a comportarsi secondo i dettami tridentini. Via le livree di velluto nero ai 150 famigli, banditi la caccia e gli studi umanistici, Carlo scopre gli esercizi spirituali con un padre gesuita.
A Milano entra nel 1565, deciso ad applicarvi le norme tridentine. E' solo contro tutti, ma non demorde mai. Tale è la sua forza che quando scampa a un attentato organizzato dagli Umiliati che voleva ricondurre alla povertà, nasce il mito che sia immortale. Mito che si rafforza durante la peste, quando le autorità civili scappano, e lui organizza preci e processioni, collaborando a diffondere il contagio. Ci sono molti aneddoti sugli scontri tra Carlo e il clero, Carlo e le autorità civili, Carlo e il suo popolo, Carlo e gli eretici, gli ebrei, le streghe. Le sue carceri, scrivono anche i più affettuosi tra gli storici, non erano mai vuote. Quanto alle sue milizie, l'uso della tortura, l'obbligo per le donne giovani di coprirsi il volto in chiesa, e le mille altre forme della sua intolleranza, i pubblicisti cattolici in genere dicono che erano i tempi, che anche i protestanti ne facevano di belle. San Carlo, comunque, forte di rappresentare il popolo milanese contro le autorità spagnole, vinse su tutta la linea. Impose la nuova idea di Chiesa come sistema analogo e contrapposto a quello dello Stato; mandò i preti a studiare nei seminari; costrinse le suore dietro le grate; fece fare la Pasqua a tutti; costruì chiese; dettò norme per la pittura dei quadri e la composizione delle musiche; abbreviò il carnevale: e fu amato moltissimo.

“la Repubblica”, 2 novembre 1984  

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