21.6.14

Il declino. Un libro su Perugia di Renzo Massarelli (S.D.C.)

Il testo che segue, da “micropolis” di aprile, è la recensione, siglata dal direttore Stefano De Cenzo, di un bel libro di Renzo Massarelli; ma è – come il libro recensito – una anticipata spiegazione della sconfitta elettorale del sindaco Boccali, del Pd, dei suoi alleati. Al di là delle letture “politiciste” il disamore di gran parte dell'elettorato, specie di sinistra, verso il governo piddino della città, nasce dal fatto che le amministrazioni che si sono succedute nell'ultimo decenni hanno, letteralmente, vissuto di rendita. (S.L.L.)
Perugia, Via dell'Orizzonte (1900 ca.)
“La città è anzitutto lo sguardo che la osserva e l’animo che la vive […]”. Credo che questa affermazione di Claudio Magris, tratta da un articolo pubblicato sul Corriere della sera una decina di anni fa e riferita in particolare allo sguardo di poeti e narratori sulle grandi metropoli, bene si presti, nonostante la diversità del contesto, a sintetizzare lo spirito del volume, recentemente uscito, che raccoglie alcuni degli scritti di Renzo Massarelli su Perugia già apparsi come articoli nella rubrica che il giornalista tiene da tempo sul Corriere dell’Umbria (Diario perugino, gli anni difficili, Morlacchi, Perugia 2014).
Come scrive anche Claudio Carnieri nella sua prefazione, prorompe dalla penna leggera di Massarelli l’amore per Perugia, “un sentimento ben lontano da ogni angusto municipalismo, che pur si vede risorgere” - e, aggiungo, pure distante da un certo neofolklore così oggi di moda -“animato piuttosto da una visione del bello, della creazione artistica, […] che si intreccia però con le cadenze più semplici della vita quotidiana”.
Per cogliere questo autentico sentimento, che sarà bene sottolineare, alberga in un perugino d’adozione - Massarelli è infatti nato a Terni - è sufficiente leggere la premessa che l’autore dedica a La città senza tempo; una ventina di pagine in cui, muovendo indietro e avanti nel tempo, si traccia un quadro assai suggestivo della città mai falsamente celebrativo.
“Scale e mura, questa è Perugia. Forse anche per questo, i viaggiatori dell’Ottocento arrivavano sempre con un po’ di disincanto dopo aver visto arrancare inutilmente i cavalli delle loro carrozze e dover ricorrere, per superare le ultime asperità, all’aiuto di una coppia di buoi, in cima a Colle Landone dove c’era, a quei tempi, ancora la Rocca Paolina”. E si ricorda che Charles Dickens di passaggio nel 1845 annotò solo “muri anneriti, puzza di galline e persone ignoranti e incomprensibili”.
Ma, per converso, è proprio alle scale, alle porte murarie e ai vicoli che Perugia deve il suo fascino. “I vicoli sono la rete sensibile della città, i vasi capillari attraverso i quali si trasmette il respiro della società popolare, la linfa delle sue emozioni più profonde. […] sono davvero Perugia, la sua anima inconfondibile”. Potrei continuare con le citazioni ma farei un doppio errore: privare il lettore del gusto di riscoprire angoli della città magari dimenticati e indurlo a pensare di essere di fronte ad un saggio da guida rossa del Touring. E invece il volume di Massarelli è tutto politico nel senso etimologico del termine. Al centro c’è infatti la questione cruciale del governo della città e del territorio circostante. Democrazia, partecipazione, comunità, sono tra i termini più ricorrenti. Termini che, tuttavia, appartengono al passato, seppure non troppo lontano (in particolare gli anni Settanta), destinato a rimanere tale. Oggi, al contrario, prevalgono l’isolamento, la rabbia, la frustrazione, la vergogna e i rari momenti in cui la cittadinanza si ritrova, peraltro quasi sempre indotti dal perverso circuito dei consumi, assumono piuttosto il carattere del caos.
La selezione di articoli raccolti copre l’arco di tempo che va dal dicembre 2007 al marzo 2014, anni difficili, appunto, come recita il sottotitolo. Anni in cui l’abbandono del centro storico ed uno scellerato consumo di suolo hanno progressivamente privato la città di una identità già pesantemente compromessa. Una scelta colpevole di cui - secondo Massarelli - le amministrazioni che si sono succedute (Locchi, Boccali) devono assumersi la piena responsabilità. “L’interesse per la rendita è il grande motore che alimenta l’economia reale della città. Il nuovo senza qualità ha preso il posto delle mura antiche dei palazzi, ne ha cancellato il valore simbolico, il fascino evocativo, la stessa ragione sociale. Il fatto è che la classe dirigente di questa città non crede più nel centro storico, o forse non lo conosce nemmeno più di tanto” (16 luglio 2010).
A rileggere alcuni passaggi a distanza di anni si deve riconoscere a Massarelli una lucidità di analisi non comune. Scrive infatti nel giorno della inaugurazione del minimetrò: “Ora, al minimetrò non si può chiedere più di quello che può dare. Il problema della mobilità cittadina è molto più complesso […] In un centro storico povero di funzioni direzionali, di uffici pubblici, di negozi di qualità, dove si chiudono persino i cinema, all’interno di un’area vagamente metropolitana, dove le forze della produzione e dello sviluppo spingono in modo centrifugo, e cioè all’esterno del territorio comunale e non al contrario come si potrebbe pensare e come è sempre stato, il minimetrò non sarà al centro della rete, ma ai suoi margini […] Se servirà solo i turisti, i gitanti della domenica, le esigenze di mobilità della burocrazia ancora rimasta in centro, sarà dura” (29 gennaio 2008). Il risultato è davanti ai nostri occhi.
Eppure negli scritti di Massarelli, anche in quelli più critici e duri nei confronti di chi potrebbe e dovrebbe fare e non fa, la denuncia, forse proprio in virtù di quell’amore per la città che ne è il vero motore, non toglie mai spazio alla speranza. Ecco, quindi, che ricorre spesso un altro termine: occasione. Come a proposito della Nuova Monteluce che dovrebbe proiettare la città nel futuro o, per stare più all’attualità, alla candidatura a Capitale europea della cultura: “Questa occasione […] ci ha colti mentre pensavamo alle zone industriali e commerciali da spiattellare lungo le nostre superstrade, al nodo di Perugia e all’autostrada, persino, che occuperebbe uno spazio, lungo tutto l’asse verticale dell’Umbria, dieci volte più ampio della E45 […] Miracolo di un sogno che qualche volte non muore all’alba e continua a resistere al peso della realtà di tutti i giorni grazie al futuro che ci regalano le nuove generazioni che è la chiave del cambiamento. Dobbiamo continuare a crederci” (23 novembre 2013).
E’ qui, dispiace ammetterlo, che la sintonia con l’autore, che mi auguro vorrà continuare ad essere come in passato nostro interlocutore, viene meno. Non tanto nello specifico dell’occasione - rispetto alla quale nutro pure moltissimi dubbi - quanto proprio nell’atto dello sperare che non mi appartiene. Forse dipenderà dal fatto che chi in una città c’è nato l’ama di meno di chi ha scelto di viverci, ma più di questo dall’assoluta sfiducia nella classe dirigente che Perugia continua, nonostante il cambio generazionale, ad esprimere.


“micropolis”, aprile 2014

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