Otto poeti tra cui tre
uomini e cinque donne, invertendo le abituali proporzioni delle
antologie, espressione della maturità del pensiero femminista –
«Prefiche impenitenti. Questo ruolo ci canza a pennello»,
nei versi di Denise Desautels –, che qui ha permesso l’emergere
di voci importanti. Tutti e otto sono nati tra le metà degli anni
’40 e l’inizio degli anni ’50, quasi tutti sono residenti a
Montréal e, pur nella diversità, legati fra loro, in qualche modo
eredi di Gaston Miron, figura emblematica della poesia quebecchese.
Come scrive nella sua
introduzione Viviane Ciampi, curatrice del volume, è forse
«nell’entre-deux fra francofonia e anglofonia, tra Europa e
America, tra passato e presente» che va cercato lo specifico di
questa poesia francese senza esserlo, del suo sguardo «sull’altra
riva», della sua lingua repaillée, profondamente
stratificata, innovativamente ibrida. Quella ad esempio di Antonio
d’Alfonso, che grazie all’origine italiana, partecipa ad un tempo
di tre culture: «Ormai senza geografia, senza patriottismo, senza
matriarcato, parliamo le lingue di quelli e di quelle dall’ascolto
acquatico che sanno strisciare sui fondi dell’oceano. Ciò che non
esiste da nessuna parte, ciò che sempre deve inventarsi. Stanotte,
il cieco ritrova gli occhi in questa parola senza eco».
Recensione di AA.VV Poeti
del Québec, Edizioni Fili d’Aquilone, 2011
in “le monde
diplomatique” - ed.it. - febbraio 2012
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