17.6.14

Il dito e il cielo. Con quali parole? (S.L.L.)

A un giovane intelligente, coraggioso e onesto cerco di spiegare le ragioni del mio anticapitalismo, cercando di dimostrare come all'origine di tante ingiustizie, di tante assurdità della nostra organizzazione sociale e politica siano le esigenze del profitto, massimo e ad ogni costo, la cui espressione più completa è il potere finanziario spesso colluso e intrecciato con poteri mafiosi. L'esperimento comunista del ventesimo secolo - gli dico - è finito male, ma bisognerà provarci ancora, in un altro modo, altrimenti l'umanità non si salva dalle pulsioni distruttive del capitale. Replica che quelli della mia generazione siamo fatti così: ci mostrano il dito e noi guardiamo il cielo. E invece è proprio il dito acciaccato che dovremmo guardare e curare: affrontare - e se possibile risolvere - i problemi concreti, anche piccoli, qui ed ora.
Io - dopo tanti anni di imbarbarimento - come faccio a spiegargli l'impegno militante della mia giovinezza, quella concretezza che si nutriva di anticapitalismo e lo nutriva? Con quali parole gli dirò l'orgoglio dell'appartenenza a una parte, a un partito che non separava l'impegno per la strada dissestata dalla solidarietà internazionalista, ove si guardava il cielo per curare meglio il dito e si guariva il dito per scalare meglio il cielo?

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