Poeta audace e
consapevole, Sergio Pasquandrea, insegnante a Perugia, si presenta
con un libretto di modeste dimensioni ma non privo di orgoglio
poetico e corredato da poche, belle illustrazioni di Michele Neglia:
Approssimazioni (Edizioni
Pietre Vive). Il terreno scelto da Pasquandrea per il cimento è
improbo e scivoloso, l'eros, e, quasi a rendere la sfida più
impegnativa e rischiosa, egli ha scelto di inserire i “pezzi” in
una struttura compositiva tra il saggistico e il narrativo che ha
modelli illustri quali il Canzoniere del
Petrarca o i Colloqui
del Gozzano; qui tuttavia quello
che dall'uno veniva rimosso o celato, dall'altro neutralizzato
attraverso l'ironia, viene direttamente affrontato e dichiarato nella
nota introduttiva, di “poetica”, che è parte integrante del
libro.
Nelle
Considerazioni sul sesso e sul riso
Italo Calvino spiegava come “la spessa
corazza simbolica sotto cui l'eros si nasconde non è altro che un
sistema di schermi coscienti o incoscienti che separano il desiderio
dalla sua rappresentazione”. Pasquandrea, nelle sezioni del suo
“romanzo” – tre come nei Colloqui -
denominate “poetica”, “mantica” e “semantica”, descrive
il tentativo di porre fine alla separazione di cui Calvino discorre:
disegna cioè un tracciato “dalla mente al corpo, dal mondo
immateriale della pagina a quello sensoriale della carne”, che non
è tuttavia un percorso lineare, ma una serie di approssimazioni –
appunto – cui sovente corrispondono degli allontanamenti.
In
questo gioco di avvicinamenti e prese di distanza determinanti sono i
passaggi:“Troppo d'importante accade sulla soglia” (Al
buio) - dichiara Pasquandrea in
un incipit che ci
ricorda una riflessione di Walter Benjamin sulle soglie “da cui
amanti e amici si succhiano le ultime forze” e sulla povertà nel
Moderno di esperienze della soglia: “L'addormentarsi è forse
l'unica che ci è rimasta. (Ma con questa anche il risveglio). E, in
definitiva, attraverso delle soglie, come il mutamento di figure nel
sogno, anche il su e giù della conversazione e dello scambio
sessuale proprio dell'amore”.
Nella
prima parte l'intenzione prevalente è prendere le misure all'eros
attraverso l'astrazione matematica: “le scale e le quantità” e
la “regolazione dei contrasti”. Nella sezione “mantica” è
l'attività oracolare, interpretativa e predittiva, a dominare, ma
ci si ferma in limine,
prima cioè di conoscere fino in fondo “l'esatta misura del
collasso” (Verso la fine),
prima dell'“attimo /troppo luminoso per fissarlo a lungo”
(Passing by). Il
linguaggio, del resto, oltre ad essere fine e mezzo dell'eros,
risulta anche impedimento: “fra le tue cosce e le mie era tutto un
ruvido di metafore” (Prima del bene).
Nella terza parte il contatto diretto con la carne, suprema
approssimazione alla “verità” dell'eros, è fonte di deprimenti
scoperte (“il cuore …. è roba dura da masticare”). Qui il
desiderio cerca parole dappertutto, ancora nella matematica o anche
nell'anatomia, senza dimenticare la botanica: un moltiplicarsi di
approcci che significa un impasse.
C'è
poi una “provvisoria conclusione”, un'unica poesia il cui titolo
emblematico, “Nomina nuda”,
ci riporta al medievale dibattito sugli “universali” e a Umberto
Eco che ne trasse spunto per dar nome e, in parte, sostanza a un suo
fortunato romanzo. Alla domanda “che cosa resta dell'eros”
Pasquandrea sembra dare una risposta proustiana: i nomi svaniscono e
le cose rimangono cose, se si arrendono alla bellezza, gli odori
tuttavia sfidano il tempo, giustificano il silenzio e danno ad esso
significato. Siamo “di fronte alla verità”? Non è detto; già
in premessa l'autore, nel poscritto della nota introduttiva, aveva
gettato una sinistra luce di ambiguità su questa conclusione,
alludendo a una citazione di Borges che chiamava “segreta” sul
nesso tra verità e finzione: era ovviamente un segreto di
Pulcinella, o, più esattamente, “un segreto che non si può tener
segreto” giacché questa è la natura dell'eros, intimamente legato
alla parola.
Questa
mi pare la trama delle Approssimazioni, questo
il suo intreccio; il che – ovviamente – non esaurisce le
possibilità di lettura. Io, per esempio, tra le qualità dell'autore
ho apprezzato la sua capacità di produrre attacchi memorabili.
Eccone qualche esempio: “Ti penso di profilo” (Cameo);
“Sarà un sintomo certo/ (ma di cosa?)” (Economia dei
ricordi); “Le vertebre
cervicali sono più precise di un barometro” (Bollettino).
Ci
sono poi alcune singole poesie che a me paiono davvero belle a
prescindere dal contesto in cui sono collocate, dalla struttura che
forse le ha generate: le Quattro quartine,
Verso la fine, il
Cameo, l'Attesa,
Passing by, L'amore d'inverno,
per esempio. Una lirica in particolare non esito a definire un
capolavoro, piccolo forse ma capolavoro. Si intitola Oniromanzia
e ci riconduce al discorso di
Benjamin sulle soglie e sui sogni. Ne cito qui solo la splendida
conclusione: “sai nei sogni a volte succede si raggiunge/ la
felicità la si trattiene/ anche con un po' di violenza se proprio/ è
necessario”.
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