Ragazzi pigmei dell'Africa centrale |
Genova - Durerà fino al 15 novembre la mostra,
allestita dal Comune nei Giardini di viale Caviglia, che Marco
Baiardi e Franco Di Natale dedicano ai Pigmei piccoli giganti
d'Africa. Va detto subito che con pochi altri primitivi l'umanità
ha tanti debiti - non fosse altro che di favole e leggende - quanti
ne ha verso i pigmei. E con nessuna minoranza etnica si è comportata
e si comporta in modo tanto ingiusto. I pigmei sono piccoli, è vero.
Sono fatti così perché "adatti", in senso darwiniano,
alla foresta: l'ambiente in cui vivono da sempre, da molto prima che
vi arrivassero i neri, inceneritori di alberi. Ma non sono alti "un
cubito", come dice il nome affibbiato loro dai greci. Superano,
seppur di poco, il metro; statura ideale per arrampicarsi sugli
alberi, raccogliere i frutti sulle cime più alte, impadronirsi del
miele che l'ape selvatica nasconde nei tronchi a cinquanta metri dal
suolo. Sono adatti, i pigmei, all'ambiente in cui vivono e col quale
potrebbero continuare a coesistere armoniosamente, se gravi pericoli
non li minacciassero. Essi praticano il nomadismo, non costruiscono
alcunché di stabile, lo spazio da loro provvisoriamente occupato
viene presto riassorbito dall'"oceano verde": insomma, i
pigmei non disboscano per coltivare, come i parvenus neri e
bianchi, nemici della foresta.
L'intrinseca provvisorietà li porta a
trascurare gli oggetti, a ignorare l'accumulazione. Gli unici beni
che posseggono sono quelli necessari alla cucina e alla caccia:
l'arco, la balestra, le frecce intinte in un veleno vegetale che
paralizza la preda, talvolta perfino l'elefante; allora il gruppo
nomade si ferma nella radura per consumare il maxi-pasto, ed è una
gran festa. Il disinteresse per gli oggetti semplifica e ammorbidisce
i rapporti sociali: i pigmei non hanno capi né gerarchie, sono
anarchici congeniti. Non hanno neppure tribunali. Quando un suo
membro si rende colpevole di una qualche trasgressione, il gruppo
reagisce con derisione o ostenta indifferenza: un esilio senza
separazione che, riparato il torto, non lascia rancore tra gente
descritta come gioviale e di buon carattere. E pensare che Montandon,
ancora negli anni Trenta di questo secolo, vedeva nei pigmei "un
ramo aberrante" uscito chissà come dal tronco umano
"autentico", quello in giacca e cravatta. Un altro
contrassegno calunnioso che i pigmei si portano dietro è quello di
essere una variante arborea della razza negra; mentre - afferma
Brunetto Chiarelli, ordinario di antropologia all' università di
Firenze - negri non sono, come si può rilevare dai tratti somatici:
labbra fini, pelle più chiara, occhi talvolta azzurri.
Ma il disprezzo per i pigmei è antico
e tenace. Fin dall'esordio in letteratura furono coperti di fango. Il
mito greco li vuole infatti "nani abitanti della Tracia"
che, avevando osato assalire Ercole, furono da costui sgominati con
una risata. Mentre Omero accredita il concetto (che nei secoli
successivi diventerà un'idea fissa) che i pigmei siano in continua
guerra contro le gru. I loro veri nemici sono invece la
deforestazione, l'asservimento alla popolazione nera che ne invade
gradualmente l'habitat, l'ipocrisia dei governi, falsi protettori
delle minoranze.
I pigmei dell' Africa equatoriale sono
all' incirca 15.000, sparsi in una zona di 2000 chilometri per 800, a
cavallo di Stati quali il Camerun, la Repubblica Centrafricana, lo
Zaire e la Repubblica del Congo. Popolazioni di piccola taglia si
trovano anche in altri continenti; il professor Chiarelli ne ha
recentemente scoperto un gruppo in Venezuela, ai confini con la
Colombia, in collaborazione con la dottoressa Adelaide Diaz De
Ungria, dell' università di Caracas. Questo gruppo è importante
perché si trova in una situazione di polimorfismo in cui non tutti
gli individui sono bassi (come i pigmei dell'Africa), ma nella stessa
popolazione convivono indios normali e indios piccoli. Questi
abitatori della foresta vicino al lago di Maracaibo si trovano dunque
in una fase di transizione: sono un esperimento vivente che verrà
interrotto dal contatto sempre più incombente con la civiltà, ma
che agli studiosi dice già molto. Per esempio, chiarisce una volta
per tutte che i pigmei non sono tali per una deficienza di ormone
della crescita - come qualcuno ha ritenuto -, ma per un meccanismo
selettivo a livello genetico che col susseguirsi delle generazioni
tende a incrementare i mutanti (gli individui) di più bassa statura.
Torniamo all'Africa, terra di
contrasti. Al polo opposto rispetto ai pigmei troviamo i vatussi e i
masai delle savane, così alti - pare - perché si nutrono di latte e
di sangue, cioè di cibi altamente proteici, così come fanno le
popolazioni dei paesi industrializzati, in cui difatti la statura è
cresciuta in media di 10-12 centimetri dall' inizio del secolo. Con
la statura cresce anche la massa corporea e quindi l'impatto
ecologico dell'umanità sul pianeta già sovraccarico. Anche qui i
pigmei, che Buffon assimilava in sostanza alle scimmie, avrebbero
qualche lezione da impartirci: potrebbero insegnare a noi bianchi (e
ai neri) il modo di conservare l'equilibrio demografico. Le donne
pigmee non vanno in genere spose prima dei 17-20 anni. Dato che a 35
sopravviene la menopausa (la vita media è di 35-40 anni), il periodo
di fertilità matrimoniale si riduce a una quindicina d' anni, e il
numero dei figli non supera di solito quello di due per coppia. La
struttura della società pigmea è dunque patrilineare (gruppi
stabili legati al maschio), monogamica (solo se la prima moglie è
sterile la tribù da cui proviene deve fornirne una seconda) ed
esogamica (scelta esterna della sposa, che avviene per scambio di
persone e non di merci, in base al principio che se una tribù perde
una testa deve acquisirne un'altra). Dagli schermi luminosi della
mostra genovese gli sguardi un po' catatonici dei pigmei BaBinga
accompagnano il visitatore all' uscita, nel frastuono della civiltà
tecnologica. Grazie, pigmei.
Pigmei, addio.
“la Repubblica”, 2 ottobre 1984
1 commento:
i pigmei hanno una delle più straordinarie forme di polifonia musicali esistenti al mondo. costruzioni musicali sofisticatissime, che sono servite da modello a compositori del Novecento, come Arvo Part e Steve Reich.
alla faccia di chi li vuole "primitivi"...
https://www.youtube.com/watch?v=FkQTEqwTs7Q
https://www.youtube.com/watch?v=DIJ9A8eV5QE
https://www.youtube.com/watch?v=FCYVW3BsMNY
Posta un commento