11.4.10

"Fuori dal vaso". A proposito di un articolo su "Ad Est on line".



Su Ad Est on line, il sito della bella rivista diretta da Gato Alessi da Raffadali (il paese di Cesare Sessa e Salvatore Di Benedetto), leggo un intervento firmato da Vincenzo Lombardo sul finanziamento pubblico dei partiti. Si presenta come una polemica contro le posizioni del movimento di Beppe Grillo. A leggere Lombardi, che dichiara di simpatizzare con molte battaglie dei grillisti, il comico genovese su questo tema l’avrebbe fatta “fuori dal vaso”. Non conosco nel dettaglio le posizioni, qui definite demagogiche e qualunquiste, del comico genovese, ma a me pare che sul tema sia necessario far chiarezza. Ci provo con i seguenti sette punti (più un corollario).

Primo. Sul finanziamento pubblico ai partiti politici s’è già pronunciato il popolo degli elettori attraverso un referendum abrogativo. Il popolo – naturalmente – può sbagliarsi e lo fa spesso, ma ciò non autorizza nessuno a violare o ad eludere una norma, addirittura sancita da un voto plebiscitario, prima che essa sia stata abolita o cambiata.

Secondo. I partiti non hanno accettato il responso referendario, ma surrettiziamente hanno reintrodotto il finanziamento nella forma di un rimborso elettorale erogato, in rate annuali per cinque anni, sulla base dei suffragi ottenuti. All’inizio si trattava di cifre compatibili con la destinazione dichiarata, ma le somme sono state aumentate nel tempo anche attraverso veri e propri blitz bipartisan, tipo emendamenti alla finanziaria votati in 10 minuti “a la muta e a la surda” e quasi del tutto nascosti all’opinione pubblica con la complicità di un sistema mediatico compiacente. La Corte dei Conti ha reso noto qualche mese fa quanto era da tempo evidente. Le spese elettorali effettivamente sostenute sono generalmente al di sotto (e per i partiti più grandi molto al di sotto) dei rimborsi incassati. Questo è ancora più vero da quando vige il "porcellum", in cui i singoli parlamentari non sono eletti, ma di fatto nominati dai vertici dei partiti. La campagna elettorale, da allora, si fa quasi senza spesa, sulle reti televisive.

Terzo. I gravi inconvenienti di queste forme forfettarie di contributo sono stati ampiamente studiati: innanzitutto il potere di condizionamento che consegnano ai vertici di partiti spesso personalizzati e privi di ogni democrazia interna. Inoltre la loro determinazione sulla base dei suffragi ottenuti favorisce nettamente i più forti tra i partiti esistenti e ostacola la nascita di nuove forze politiche.

Quarto. Io sono convinto che il finanziamento vada dato all’attività politica dei partiti, in servizi di cui essi possono usufruire solo quando contribuiscono al dibattito pubblico. Parlo di sale e altri spazi in uso gratuito, di forti sconti sulle spese per la posta e per la comunicazione telematica, dell’abbattimento delle spese della carta e della tipografie.

Quinto. So bene che negli Stati Uniti banche, finanziarie, grandi industrie, insomma gruppi di interesse forti finanziano la politica. Questi finanziamenti hanno almeno il vantaggio di non essere occulti, di essere conosciuti dall’elettore, che può tenerne conto nel dare o nel non dare il suo voto. Il caso Usa, del resto, si presta ad una valutazione diversa. Obama, dopo, avrà anche ricevuto i contributi di grandi gruppi; ma vinse le primarie soprattutto con il contributo di cittadini comuni, anche poveri che con le loro carte di credito mandavano 100, 50, 10 e perfino 5 dollari. Il caro Lombardi dovrebbe studiarsi bene il caso e dovrebbe peraltro ricordare che il finanziamento di un partito pesante, cioè con molti funzionari stipendiati (anche se male), come fu il Pci, dipendeva solo in piccola quota (dal 10 al 20 per cento, secondo gli anni) da “aiuti sovietici” e che il resto proveniva dalle quote tessera, differenziate secondo il reddito dei compagni, dalla obbligatoria sottoscrizione annuale per la stampa comunista, dalle feste dell’Unità, da sottoscrizioni elettorali. La buona politica chiede l’obolo ai lavoratori e ai cittadini, che se è buona non lo fanno mancare.

Sesto. Come forma di finanziamento l’unica forma che si può giustificare è quella che a metà degli anni Novanta fu tentata e poi abbandonata: il 4 per mille da devolvere attraverso la dichiarazione dei redditi. I partiti dovrebbero entrare in concorrenza con tante altre benefiche associazioni e dimostrare che servono più e meglio di esse.

Settimo. Sulle proposte anticasta sono assolutamente d’accordo.

Corollario. Non so se e come replicherà l’amico Lombardo. Ma se mi dirà “cci la cacasti”, non me l’avrò a male; lo prenderò anzi come un augurio, visto che soffro di stipsi.

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