Al tempo del regime fascista o di quello democristiano il Provveditore agli Studi non aveva margini di autonomia, era piuttosto l’equivalente, nel campo dell’istruzione, del Prefetto o del Questore, cioè il braccio armato del Governo, l’esecutore, anche fazioso, delle sue scelte. A Reggio Emilia c’è un dirigente scolastico provinciale che interpreta il suo ruolo all’antica: si chiama Vincenzo Aiello ed interviene sistematicamente, in pubblico e in privato, contro quegli insegnanti che osano mettere in dubbio le politiche della Gelmini o intervenire criticamente in pubblico contro le disfunzioni del sistema scolastico. A Reggio come a Cavriago e in altri centri minori, degli insegnanti in pubbliche assemblee o sulla stampa hanno fatto presente il disastro di istituti scolastici, in cui per effetto dei tagli, non è possibile più fare le gite, non c’è un euro per le supplenze e si affida alla generosità delle famiglie, alla cosiddetta tassa per l’autonomia, la possibilità di acquistare indispensabili materiali di cancelleria o, addirittura, la carta igienica. Quando è successo la reazione di Aiello è stata sempre la stessa: “Voi non potete sputare nel piatto in cui mangiate, cioè criticare in pubblico l’amministrazione da cui prendete lo stipendio”. L’uomo della Gelmini ha pertanto scritto ai dirigenti scolastici chiedendo provvedimenti esemplari e, con scarsa coerenza, si è fatto intervistare da “Il resto del Carlino” per ribadire il suo avvertimento. Ho trovato in rete e ripropongo qui una cronaca sintetica di Paolo Bonacini dal sito “via emilia” e l’intervento di risposta di un docente, Giuseppe Caliceti, a mio parere molto efficace e ben scritto, dal sito “Il primo amore”. (S.L.L.)
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Tutti zitti a scuola!! (di Paolo Bonacini)
Reggio Emilia, 29 marzo 2010
Nella scuola elementare mancano i soldi per le cose più 'elementari' appunto, come la carta? Tu insegnante stai zitto, perché comunque lo stipendio lo prendi. Alle medie saltano le gite perché non c'è personale a sufficienza? L'importante è non dirlo pubblicamente, perché si lede l'immagine della amministrazione. Le risposte date dal provveditore agli studi di Reggio al Resto del Carlino, che lo ha intervistato dopo le denunce delle gravi carenze segnalate dagli insegnanti di due istituti reggiani, lasciano esterefatti. Anziché preoccuparsi del degrado dei servizi, il dirigente Vincenzo Aiello si preoccupa solo di bacchettare gli stessi insegnanti, a mo' di padrone delle ferriere che mostra i muscoli del datore di lavoro. Aiello parla di comportamento non corretto, di lettere rese pubbliche senza autorizzazione, arriva persino a declinare una sua originale interpretazione del diritto di critica e del principio costituzionale di libertà di parola. L'unica cosa che non fa è capire cosa sta succedendo nelle sue scuole, prendersene le responsabilità e indicare i rimedi.
La realtà, che piaccia o non piaccia al datore di lavoro dott. Aiello, è che la scuola pubblica oggi costringe genitori, ragazzi ed insegnanti a salti mortali e a collette fai da te per cercare di garantire quel minimo di decenza e di servizi educativi che la collettività rivendica e pretende in un paese moderno.
Gli 83 insegnanti del Kennedy il loro allarme l'hanno consegnato due mesi fa ai naturali depositari: i genitori dei ragazzi che frequentano le classi. E gli insegnanti della scuola media di Cavriago, che non potranno più andare in gita, l'hanno detto a chi di dovere: le famiglie. Le mamme dei ragazzi che frequentano le elementari sono costrette a cuocere torte e ad inventarsi lotterie per racimolare i soldi che servano al lavoro nelle classi, mentre la dirigente scolastica del Kennedy non trova di meglio che mandare un questionario alle famiglie in cui si chiede se l'iscrizione a scuola ha rubato molto tempo. Poteva risparmiare i soldi delle fotocopie.
Il provveditore Aiello, invece, non ha mezze misure. Dice: lavorate e state zitti, perché siete disciplinarmente perseguibili . Viene da commentare che c'è davvero tanto da cambiare nella scuola di oggi. A cominciare dai suoi dirigenti.
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La scuola, i tagli, la verità (di Giuseppe Caliceti)
Gentile provveditore Vincenzo Aiello,
Le vorrei dire la mia opinione sulla vicenda degli 80 docenti dell'Istituto comprensivo «Kennedy» di Reggio Emilia che giorni fa hanno inviato tramite il "Carlino" un appello ai cittadini e alle famiglie "per segnalare il momento di disagio" attribuito, a loro giudizio, agli effetti della riforma Gelmini. "Nel nostro istituto – hanno scritto - ma la situazione è tristemente analoga in tante altre realtà scolastiche, non ci sono nemmeno i soldi per la cancelleria e i materiali per la pulizia devono essere usati con estrema parsimonia"; la mancanza delle ore di compresenza "ha reso spesso impossibile la sostituzione di un docente a casa per malattia; i supplenti sono pagati dai singoli istituti, a causa della mancata erogazione da parte del ministero di fondi già stanziati in proposito".
I docenti concludevano evidenziando che "mai come in questo caso le ricadute dei tagli si riversano sugli alunni, sul loro apprendimento, quindi sul loro futuro".
Per parte sua, Lei ha invitato la dirigente dell'Istituto a far notare ai docenti di aver assunto un'iniziativa "non corretta".
Nell'intervista che Lei ha rilasciato al "Carlino" ci sono vari passaggi che mi hanno colpito. Eccole dunque alcune domande.
1. A proposito della "lesa immagine": per mesi alcuni ministri dello Stato hanno offeso i docenti chiamandoli "fannulloni"? Non c'è qui una possibile lesa immagine non solo personale, ma anche dell'intera istituzione scolastica?
2. A proposito del diritto di critica Lei dice: «Esistono vie e atti ufficiali, ci sono gli organi collegiali della scuola, c'è il capo d'istituto, c'è l'ufficio provinciale, c'è l'ufficio regionale. E ci sono i sindacati. (…) La libertà, come prevede la Costituzione, non è in discussione. Va esercitata nei limiti delle forme previste". Le chiedo: dunque, scrivere una lettera a un giornale per avvertire l'utenza di cosa sta realmente accadendo all'interno delle aule scolastiche, - imprecisioni a parte… - secondo Lei non farebbe parte della libertà di espressione e opinione dei cittadini-docenti?
3. Ci spiega: "Nella scuola, che sottolineo subito è pubblica, abbiamo un rapporto di lavoro privatizzato". E aggiunge: "C'è un datore di lavoro, il ministero. Tu dici che nella tua azienda privata mancano i soldi, persino la carta igienica, che la situazione è disastrosa? Il datore di lavoro ti fa osservare che ti dà lo stipendio. E ti richiama a comportamenti di corretta etica professionale. E quindi che, al limite, la lesione d'immagine dell'amministrazione è perseguibile disciplinarmente". Ha paragonato la scuola pubblica a un'azienda privata: Le risulta che ci siano oggi differenze tra una scuola pubblica e una scuola o un'azienda privata? Ce le può ricordare?
4. A proposito di etica professionale: immaginiamo che un docente – ma anche un dirigente scolastico o un provveditore – si accorgano della reale mancanza di carta igienica nei bagni della scuola (è solo un esempio); secondo quella che per Lei è "una corretta etica professionale", dovrebbero segnalare la disfunzione all'utenza della scuola, (alunni e genitori degli alunni), oltre che ai loro superiori? O magari, per non rischiare di perdere il posto di lavoro o compromettere la propria carriera, Lei consiglia di far finta di niente?
5. Ha ricordato a noi docenti che "c'è il rispetto delle regole" chiedendosi "quale valore trasmette un insegnante che non rispetta le regole". Secondo Lei, come docenti, dobbiamo ancora insegnare a dire la verità e che la verità è un valore, o no?
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