Gentrificazione è
una parola che in italiano non esiste. Neologismo derivato
dall'inglese Gentry, i nobili di basso livello, indica la
colonizzazione di un quartiere popolare da parte della classe
borghese. Come è accaduto a Brera. Un tempo, prima della chiusura
delle case di piacere, Brera era la zona dei bordelli, degli
intellettuali, qui è nato il Futurismo e ci vivevano scrittori come
Luciano Bianciardi: una zona popolare, dove gli artisti vivevano
accanto agli spazzini che avevano il dormitorio in via Madonnina.
Oggi Brera è uno dei ritrovi più chic di Milano. La zona è molto
bella e molto centrale, tanto da attrarre un piccolo esercito di
liberi professionisti, poco dopo arrivano anche le griffe di moda,
che si spostano da via Montenapoleone. Fra gli abitanti c'è chi
vende a prezzi da capogiro e chi viene sfrattato. Via gli artigiani e
le trattorie e dentro boutique e gioielleria. Scompaiono anche gli
intellettuali: l'ultimo baluardo, la "Libreria da Brera",
ha chiuso nel 2012. Troppo alti i canoni d'affitto se si pensa che
acquistare un immobile nel quartiere costa circa 10 mila euro al
metro quadro, solo 3 mila euro in meno della zona Duomo.
La gentrificazione però
non è un fenomeno che riguarda solo il centro cittadino. Basta
pensare alla zona di Porta Genova. Per secoli i navigli erano porta
d'accesso fluviale a Milano. Intorno un quartiere dall'anima
proletaria e piccolo borghese. Oggi però è diventato una delle zone
più trendy di Milano, con immobili che costano 5 mila euro al metro
quadro. La trasformazione inizia negli Anni 80: le case di ringhiera
vengono ristrutturate e la zona inizia a trasformarsi, le prime a
scomparire sono le osterie, poi gli artigiani e infine a metà degli
anni 2000 gli ultimi artisti. Oggi il quartiere ha perso non solo la
sua anima popolare ma, lamentano i residenti, anche buona parte dei
suoi negozi. Al loro posto pub, ristoranti e locali notturni.
“pagina99we”,
26 luglio 2014
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