Arianna Barone ha 23 anni e vive in Liguria. E' figlia di Eros Barone,
un caro compagno che da insegnante, da ricercatore in campo
educativo, da studioso di filosofia e da militante comunista, ha
acquisito molti meriti. Ultimo in ordine di tempo quello di cui c'è
traccia in questo blog, una coraggiosa denuncia del razzismo della
Lega Nord, giudicato un nazismo di tipo nuovo, fatta
qualche anno fa, quando Barone viveva ancora nel Varesotto, ove i
leghisti, elettoralmente fortissimi, esercitavano un potere
tendenzialmente totalitario. Hanno tentato di intimidirlo,
denunciandolo per diffamazione e chiedendo risarcimenti altissimi, ma
la vicenda si è conclusa con una assoluzione piena che è una
vittoria politica, prima ancora che giudiziaria.
La lettura della breve
cronaca mi ha commosso, intanto perché porta in piena luce una
figura che mi è carissima e che vi appare in una grande vitalità,
decisa a non mollare, per nessuna ragione e a ritrovare e rinnovare
nell'oggi le ragioni di una scelta rivoluzionaria. Ma mi ha commosso
anche l'entusiasmo, l'intelligenza, la pulizia morale, l'innocenza direi, che si rivelano nella persona che l'ha scritto. Se ci sono ragazzi così, non
tutto è perduto. (S.L.L.)
Accingendomi a scrivere
il resoconto della bella serata che ho trascorso il 18 Settembre, una
cascata di pensieri irrompe dalla mia mente.
Andiamo con ordine.
Angela Davis è una ragazza di settant’anni. Questo è stato il mio
primo pensiero, appena l’ho vista seduta a un tavolo di quelli da
mensa scolastica, presso la sede dell’ARCI “Cantagalletto” di
Savona, ieri sera. La capigliatura nera e folta, uno dei suoi segni
distintivi, c’è ancora, spruzzata di bianco e riflessi rame, e
incornicia il sorriso caldo e lo sguardo vivace. Ciò che ho pensato
non è stato smentito dal suo atteggiamento, che è stato cordiale
con tutte le persone che si avvicinavano a lei, chi per chiederle di
autografare la sua Autobiografia di una rivoluzionaria (come
mio padre), chi per farsi fotografare accanto a lei, chi per
stringerle la mano.
L’affetto e la stima
altissima dimostrati dagli ospiti della serata organizzata dalla
società di Mutuo Soccorso sono stati altrettanto degni di nota. Dopo
una vivificante e luculliana cena a base di pizza e focaccia, serviti
dalle cortesi signore dell’associazione, la ‘pasionaria’ ha
preso la parola, ringraziando innanzitutto i presenti per la gentile
accoglienza. Ha poi iniziato a esaminare a grandi linee vari fatti di
cronaca che coinvolgono la comunità afroamericana e il governo
statunitense, riflettendo sul gravissimo caso del diciottenne
afroamericano Michael Brown, ucciso da un poliziotto (bianco) a
Ferguson, in Missouri. Angela Davis ha voluto sottolineare il
parallelismo tra la polizia statunitense, o perlomeno il razzismo che
permea alcune sue frange, e il razzismo violento perpetrato dai
soldati israeliani in Palestina. A tale proposito, mi permetto di
ricordare che molte armi e sistemi militari usati da Israele nei
confronti dei Palestinesi sono prodotti in Italia.
Riallacciandosi alla sua
feconda collaborazione con il popolo cubano (e mettendo in luce anche
il ruolo dell’Associazione Italia-Cuba, che organizza diversi
eventi in Italia per far conoscere la cultura e la società
dell’isola caraibica) e in special modo con Fidel Castro, ha poi
fatto emergere un altro nodo importante dell’attualità politica
americana, e cioè la detenzione negli Stati Uniti dei cinque agenti
dell’'intelligence' cubana accusati di quel terrorismo contro cui
loro stessi lottavano, e ha auspicato una presa di posizione positiva
nei loro confronti da parte di Barack Obama prima della fine del suo
secondo mandato. Il presidente americano, ci ha tenuto a ricordare la
studiosa, non ha infatti mantenuto la sua promessa di chiudere
Guantanamo, promessa da lui fatta all’inizio del suo primo mandato.
Non bisogna demonizzare l’uso dei ‘social networks’, dice la
Davis. Essi, infatti, se usati con intelligenza e criterio, sono un
veicolo veloce di comunicazione e permettono l’aggregarsi di molte
persone in poco tempo, proprio come è accaduto dopo l’uccisione di
Michael Brown , quando centinaia di persone si sono organizzate,
usando questi canali di comunicazione, per manifestare contro la
polizia.
Tornando alla spinosa
questione israelo-palestinese, ha messo in luce il coraggio dei
‘Freedom Riders’ che attraversano i territori palestinesi (e in
particolari la Cisgiordania) con un bus, chiamato appunto ‘Freedom
Bus’, un teatro itinerante che si staglia come una chiazza di
colore nelle grigie terre dei patriarchi. Tra un applauso con abbaio
e un altro (il cane di una signora abbaiava ogni volta che c’era un
applauso, strappando anche qualche sorriso alla nostra ospite), miss
Davis ha infine ricordato la lezione di Antonio Gramsci, che
considera uno dei suoi modelli, e ha raccomandando di continuare a
vigilare affinché la piaga del razzismo non si propaghi, e con
orgoglio ha concluso: “Free Palestine!”.
Ero emozionata, da tempo
non seguivo una lezione (sì, una lezione, come quelle che si
dovrebbero seguire a scuola o in università) così appassionante.
Dopo che il crocchio di persone che volevano salutare Angela Davis si
era sfoltito, ho preso coraggio e mi sono avvicinata a lei. Facevo
affidamento sulla sua pazienza; la sua giornata, infatti, era stata
piuttosto ricca dato che nel primo pomeriggio aveva partecipato a un
incontro presso il Palazzo Ducale di Genova e doveva essere
stanca.
Le chiesi cosa pensasse del ruolo dell’educazione nella lotta al razzismo e se si potesse evitare che questo morbo sociale iniziasse a mettere radici sin dall’infanzia. Lei mi ha risposto che l’educazione è sicuramente importantissima e ha ricordato che i suoi stessi genitori erano insegnanti. Mi ha chiesto che cosa studiassi e se fosse mia intenzione diventare insegnante; le ho risposto che non lo sapevo, la situazione in Italia per noi giovani non è rosea e diventa quasi impossibile fare programmi per il futuro. Mi ha consigliato due libri da leggere: Decolonizing the Mind di Ngugi wa Thiong’o e Pedagogy of the Oppressed di Paulo Freire. E poi mi ha detto di seguire le mie passioni. L’ho ringraziata per la sua disponibilità e la sua cortesia.
Le chiesi cosa pensasse del ruolo dell’educazione nella lotta al razzismo e se si potesse evitare che questo morbo sociale iniziasse a mettere radici sin dall’infanzia. Lei mi ha risposto che l’educazione è sicuramente importantissima e ha ricordato che i suoi stessi genitori erano insegnanti. Mi ha chiesto che cosa studiassi e se fosse mia intenzione diventare insegnante; le ho risposto che non lo sapevo, la situazione in Italia per noi giovani non è rosea e diventa quasi impossibile fare programmi per il futuro. Mi ha consigliato due libri da leggere: Decolonizing the Mind di Ngugi wa Thiong’o e Pedagogy of the Oppressed di Paulo Freire. E poi mi ha detto di seguire le mie passioni. L’ho ringraziata per la sua disponibilità e la sua cortesia.
Non sono una persona che
si lascia trasportare facilmente dalle emozioni. Ma tornando a casa,
pensavo che Angela Davis è davvero una grande donna. Forse, ho detto
a me stessa, non aveva seguito le sue passioni: erano state le sue
passioni a seguire lei.
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